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Escher superstar a palazzo Bonaparte: la nostra recensione

La recensione della grande mostra di Escher a palazzo Bonaparte: in esposizione oltre 300 opere del genio olandese.

Pubblicato:20-12-2023 19:28
Ultimo aggiornamento:20-12-2023 19:55
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mostra escher
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ROMA – E’ una mostra che non può lasciare indifferente nemmeno il più distaccato tra i visitatori quella in corso in questi giorni, e fino al primo aprile 2024, a palazzo Bonaparte: “Escher“. Un’esposizione che Roma ospita a esattamente 100 anni dalla prima visita nella Capitale italiana del genio olandese dell’incisione. Nei due piani del palazzo che si affaccia su piazza Venezia sono esposte oltre 300 opere divise in varie sezioni: quella delle metamorfosi, quella dei paesaggi o quella delle illusioni prospettiche che hanno caratterizzato la maturità dell’artista.

Artista ormai noto, che si potrebbe definire quasi “pop” vista la sua riproducibilità e i molteplici usi che vengono fatti delle sue opere, Escher ha lasciato il segno della storia dell’arte mondiale grazie alle sue litografie, in grado di mettere insieme emozioni, dettagli grafici e concetti matematici. Nell’esposizione di palazzo Bonaparte ci sono quasi tutti i suoi lavori principali, come “Relatività“, un’opera che mostra una serie di scale intrecciate su cui uomini e cose si muovono e si trovano posizionate su tre piani prospettici differenti usati allo stesso tempo dai vari soggetti della scena. Oppure “Mani che disegnano“, con cui Escher ha “disegnato” un disegno su cui due mani, che escono dal foglio in modo apparentemente tridimensionale, si ritraggono l’una con l’altra senza far capire all’osservatore quale tra le due abbia iniziato a tratteggiare le prime linee. Oppure la nota “Mano con sfera riflettente“.

Ma la mostra, che si chiude con una sorprendente sala degli specchi che stordisce il senso visivo facendo quasi precipitare il visitatore in un’opera dell’artista, propone al pubblico anche le opere giovanili dell’incisore olandese, ovvero i paesaggi, quasi tutti realizzati in Italia, una sezione di opere dedicate a Roma, e la fase delle metamorfosi perfezionata nei mesi di permanenza in Spagna. Se i suoi paesaggi in bianco e nero incutono spesso inquietudine, per la loro dimensione onirica, le metamorfosi sono una sfida artistica alla matematica, con una serie di disegni che, spostando l’attenzione da una parte all’altra dell’opera, si trasformano in altro, riempiendo perfettamente gli spazi del supporto, senza mai creare vuoti, in un incastro perfetto.


Cosa poco nota ai più è la permanenza di Escher a Roma per 12 anni, dal 1923 al 1935. Dopo vari viaggi in Italia, quando visitò, tra le altre regioni, l’Abruzzo, la Campania e la Toscana, Escher trovò casa nella Capitale, al civico 122 di via Poerio, nel quartiere di Monteverde vecchio. Il periodo romano ebbe una forte influenza su tutto il suo lavoro successivo che lo vide prolifico nella produzione di litografie e incisioni soprattutto di paesaggi. A questa fase è dedicata la serie completa dei 12 Notturni romani prodotta nel 1934, poco prima che l’artista lasciò l’Italia, in rotta con il fascismo.

Illusioni, giochi prospettici, paradossi architettonici, geometrie intrecciate e paesaggi che sembrano essere usciti da un sogno: chi ama queste opere surreali, gli inganni visivi o le ambientazioni quasi metafisiche, e magari non conosce Escher, faccia un salto a palazzo Bonaparte: non ne uscirà deluso.

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