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Mafia, nel Palermitano dieci arresti per usura ed estorsione: c’è anche un avvocato

Ventuno gli indagati di una banda dedita all'usura tra Bagheria, Ficarazzi e Villabate. Tra loro, un avvocato che avrebbe avuto il ruolo di procacciatore di clienti

Pubblicato:20-09-2021 08:54
Ultimo aggiornamento:20-09-2021 09:24
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carabinieri
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PALERMO – Concorso esterno in associazione mafiosa, associazione per delinquere finalizzata all’usura, usura ed estorsione aggravate dalla metodologia mafiosa e trasferimento fraudolento di valori. Queste le accuse contestate, a vario titolo, a ventuno indagati dalla Direzione distrettuale antimafia di Palermo nell’ambito dell’inchiesta ‘Araldo’, che ha portato a dieci arresti tra i presunti componenti di una banda dedita all’usura tra Bagheria, Ficarazzi e Villabate: nove indagati sono finiti in carcere, uno ai domiciliari. Tra loro, anche un avvocato che avrebbe avuto il ruolo di “procacciatore di clienti”.


Sequestrati anche le quote di una società, un locale commerciale adibito a laboratorio, un terreno e un bar-tavola calda di Villabate per un valore complessivo di 500mila euro. L’operazione ha visto impegnati i Carabinieri della Compagnia di Bagheria e il Nucleo speciale di polizia valutaria della Guardia di finanza, che hanno portato a termine una indagine iniziata nell’aprile del 2018.


Le vittime, tutte indigenti, sarebbero state costrette a rivolgersi agli arrestati per potere ricevere dei prestiti con quello che gli investigatori definiscono “un tasso usuraio variante”. Tassi che, a seconda degli episodi, dal 143% annuo potevano raggiungere anche il 5.400% annuo: a fronte di un prestito di 500 euro, la somma da restituire in soli quattro giorni diventava di 800 euro. Alle vittime, inoltre, la restituzione della somma di denaro prestata veniva richiesta mediante violenza o minaccia.



L’usura, secondo Carabinieri e Guardia di finanza, sarebbe stata svolta “con metodologia mafiosa” dal momento che gli indagati evidenziavano alle vittime la provenienza mafiosa del denaro prestato “con il chiaro intento di incutere timore e di garantirsi la restituzione degli importi pattuiti”.

I NOMI DEGLI ARRESTATI

L’indagine, che ha visto impegnati circa 70 militari tra Carabinieri e Guardia di finanza, ha portato alla scoperta del coinvolgimento di Giuseppe Scaduto, 75enne “già capo del mandamento di Bagheria” e all’epoca sottoposto ad arresti domiciliari. Quest’ultimo avrebbe delegato Atanasio Alcamo, di 45 anni: entrambi sono destinatari della misura cautelare eseguita oggi. Questi gli altri arrestati: Giovanni Di Salvo, 42enne, ritenuto “capo e organizzatore del sodalizio”; Alessandro Del Giudice, avvocato di 53 anni, considerato “promotore e procacciatore di clienti”; Simone Nappini, di 50 anni, accusato di essere stato “intermediario ed erogatore materiale dei prestiti”; Antonino Troia, 57enne; Giovanni Riela, di 48 anni; Gioacchino Focarino, di 69 anni; Antonino Saverino, di 66 anni; Vincenzo Fucarino (domiciliari), di 74 anni.

IL RUOLO DELL’AVVOCATO LO GIUDICE

C’è anche un avvocato tra i dieci arrestati nell’operazione ‘Araldo’: si tratta di Alessandro Del Giudice, di 53 anni, che secondo gli investigatori avrebbe avuto il ruolo di “promotore e procacciatore di clienti”. Del Giudice, che secondo Carabinieri e Guardia di finanza sarebbe “intraneo” alla famiglia mafiosa di Misilmeri, avrebbe assunto la veste di “portavoce” di un suo assistito detenuto “per messaggi e direttive da veicolare – dicono gli investigatori – fuori dal carcere”.

INDAGATA UNA FUNZIONARIA DI ‘RISCOSSIONE SICILIA’

Forniva notizie su potenziali vittime di usura e, una volta individuati i possibili ‘clienti’, assicurava loro la possibilità di ricevere prestiti a tassi altissimi. L’operazione ‘Araldo’, che ha portato all’arresto di dieci persone nel Palermitano, vede tra gli indagati anche una funzionaria di ‘Riscossione Sicilia’, società partecipata della Regione Siciliana incaricata di gestire la riscossione dei tributi e delle altre entrate nell’Isola.

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