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Coronavirus, gli esperti: “L’inquinamento ambientale predispone al Covid-19”

Un point of view italiano firmato dall' università Sapienza di Roma e dall'università di Milano

Pubblicato:19-03-2020 10:34
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 17:10

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ROMA- L’inquinamento atmosferico e il superamento delle concentrazioni di PM10, dicono anche dalla SIMA, la Societa’ Italiana Medicina Ambientale, hanno incentivato la diffusione del Sars-CoV-2 in certe aree del Paese. Perche’ cio’ e’ accaduto? A rispondere a questa e altre domande e’ un point of view italiano, inviato per la pubblicazione ad una rivista scientifica di settore: ‘Diffusione Sars-Cov-2 nel Nord Italia. Qual e’ il ruolo dell’inquinamento?’. Tra gli autori la professoressa Susanna Sciomer, cardiologa, docente presso Sapienza Universita’ di Roma, la dottoressa Federica Moscucci geriatra e dottoranda di ricerca in Fisiopatologia ed Imaging Cardio-Toracico-Vascolare Sapienza e il professor Piergiuseppe Agostoni Cardiologo, Responsabile dell’Uo Scompenso e Cardiologia Clinica del Centro Cardiologico Monzino e docente dell’Universita’ di Milano.

Per capire meglio la portata dell’argomento l’agenzia di stampa Dire, in esclusiva, ha raccolto la voce della firma piu’ giovane: “L’enorme diffusione simultanea del virus in aree geografiche ampie e con una densita’ di popolazione non paragonabile a quella di una metropoli, ci hanno indotto- racconta la dottoressa Moscucci- a pensare che ci potrebbero essere dei fattori predisponenti che non abbiamo considerato in precedenza. Ferma restando la modalita’ di trasmissione da contatto interumano per via aerea (goccioline espiratorie, ‘droplets’, superfici contaminate), e’ possibile che il virus abbia trovato nel particolato e negli inquinanti ambientali una sorta di carrier e booster per la sua diffusione”.

E’ noto ormai, anche dalle cronache quotidiane, come sia alta la trasmissibilita’ del virus. Oltre all’ambiente quali possono essere allora gli altri fattori che contribuiscono ad una prognosi sfavorevole?


“In un recentissimo articolo pubblicato su Chinese Medical Journal, del 28 febbraio scorso, alcuni colleghi- spiega l’esperta- hanno evidenziato come i fumatori e i pazienti con bronchite cronica ostruttiva abbiano un elevato rischio di complicanze respiratorie durante infezione da Sars-CoV-2. Pertanto, abbiamo ipotizzato che la cronica esposizione agli inquinanti ambientali possa costituire un fattore predisponente. Infatti, lo stress ossidativo indotto e l’alterazione della qualita’ della barriera alveolo-capillare e delle proteine del surfattante, potrebbero costituire il substrato favorente le complicanze respiratorie in popolazioni cronicamente esposte ad inquinamento dell’aria. Questo aspetto era gia’ noto per altri tipi di virus (virus respiratorio sinciziale delle bronchioliti dei bambini), in grado di determinare un piu’ alto numero di complicanze in soggetti esposti a PM2.5 e PM10″.

Se tutte queste osservazioni dovessero essere confermate, finita l’emergenza, qualcosa per forza deve cambiare

“Intraprendere tutte le azioni in grado di contribuire al ripristino di una qualita’ dell’aria piu’ fisiologica possibile. Lo scopo da perseguire- prosegue Moscucci- e’ quello di ripristinare una naturale barriera difensiva dell’apparato respiratorio, per renderlo in grado di rispondere appropriatamente e di difendersi dal danno potenziale da parte di tutti quegli agenti lesivi con i quali puo’ entrare in contatto durante la respirazione”. “La medesima attenzione rivolta al divieto di fumo di sigaretta nei luoghi pubblici, considerato altamente nocivo per la salute cardiovascolare e respiratoria, andrebbe estesa alla salvaguardia della qualita’ dell’aria ambientale con rigore assoluto, dato l’importante impatto sulla salute pubblica per tutte le fasce d’eta’”, conclude Moscucci.

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