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BOLOGNA – Per la mancata ‘zona rossa’ nella zona di Bergamo, dove nei tragici giorni della primavera del 2020 si registrarono i terribili numeri dei morti per Covid che tutti ricordano, secondo i magistrati che hanno indagato sulla vicenda ci sono state responsabilità di Giuseppe Conte, allora premier, dell’allora ministro della Salute Roberto Speranza, del governatore della Lombardia Attilio Fontana e dell’assessore regionale alla Sanità Giulio Gallera. La notizia si è diffusa nella tarda serata di oggi. La stessa Procura ha poi fatto una nota. Come non ricordare la tragica immagine della fila di camion militari intervenuti per portare via da Bergamo le bare, le troppe bare, dei morti?
Su quanto accadde quasi tre anni fa la Procura di Bergamo non aveva mai smesso di portare avanti le indagini. Altre inchieste in altre parti d’Italia erano state chiuse, con un niente di fatto. Non quella di Bergamo. Ebbene, in questi giorni la Procura ha chiuso le indagini su come venne gestita quella fase – la prima – dell’emergenza Covid. E aver chiuso le indagini significa che per i magistrati i giochi sono fatti. E che, salvo sorprese dell’ultimo momento, per le persone avvisate ora verrà chiesto un processo. Dell’inchiesta si sono occupati il procuratore aggiunto Cristina Rota e i pm Silvia Marchina e Paolo Mandurino, con la supervisione del procuratore capo Antonio Chiappani.
Oltre alla mancata ‘zona rossa’ (istituita solo in un secondo momento, quando ormai il contagio aveva spopolato nella zona), sotto la lente dei magistrati è finita anche la fulminea chiusura e riapertura dell’ospedale di Alzano, cosa che già allora fu fonte di polemiche. Nella bergamasca, tra la fine di febbraio e il mese di aprile 2020, si registrarono circa 6.200 morti in più della media degli anni precedenti.
Gli indagati nell’inchiesta sono in tutto 17. Le accuse, a vario titolo, sono di epidemia colposa aggravata, omicidio colposo plurimo e rifiuto di atti di ufficio. A tutte queste persone la Procura in questi giorni scorsi ha inviato un avviso di fine indagine, atto che solitamente prelude ad una richiesta di rinvio a giudizio. Accanto ai 17 indagati, ci sono l’ex premier Giuseppe Conte e l’ex ministro della Salute Roberto Speranza: i loro nomi non compaiono nell’avviso di fine indagine perché su di loro dovrà decidere il Tribunale dei ministri di Roma, a cui la Procura farà avere le carte. Tra i destinatari dell’avviso di conclusione delle indagini preliminari ci sono anche il presidente dell’Istituto Superiore della Sanità, Silvio Brusaferro, l’allora capo della Protezione Civile Angelo Borrelli e il presidente dell’Istituto Superiore della Sanità Franco Locatelli. Altre inchieste avviate in altre città d’Italia per individuare eventuali responsabilità giudiziarie nella gestione dell’emergenza Covid e delle ‘zone rosse’ avevano portato all’archiviazione dei fascicoli.
La Procura, in una nota firmata dal procuratore capo Antonio Chiappani, ha spiegato che l’inchiesta “è stata oltremodo complessa sotto molteplici aspetti e ha comportato altresì valutazioni delicate in tema configurabilità dei reati ipotizzati, di competenza territoriale, di sussistenza del nesso causalità ai fini dell’attribuzione delle singole responsabilità, consentendo innanzitutto di ricostruire i fatti così come si sono svolti a partire dal 5 gennaio 2020“. Le indagini, spiega ancora la Procura, “sono state articolate, complesse e consistite nell’analisi di una rilevante mole di documenti” informatici o cartacei “nonchè di migliaia di mail e di chat telefoniche in uso ai soggetti interessati dall’attività investigativa, oltre che nell’audizione di centinaia di persone informate sui fatti”.
“Apprendo dalle agenzie di stampa notizie riguardanti l’inchiesta di Bergamo. Anticipo subito la mia massima disponibilità e collaborazione con la magistratura. Sono tranquillo di fronte al Paese e ai cittadini italiani per aver operato con il massimo impegno e con pieno senso di responsabilità, durante uno dei momenti più duri vissuti dalla nostra Repubblica”. Così in una nota il presidente M5S Giuseppe Conte.
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