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Un network di atenei per prevenire la violenza di genere: ecco il progetto UN.I.RE

Parte da una rete di nove atenei italiani dal Nord al Sud della penisola la sfida a fare dell'università un luogo di prevenzione della violenza contro le donne

Pubblicato:18-11-2020 07:34
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 20:15

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ROMA – Parte da una rete di nove atenei italiani dal Nord al Sud della penisola (Cattolica del Sacro Cuore di Milano, Calabria, Foggia, Milano Statale, Padova, Trento, Trieste, Osservatorio Interuniversitario sul Genere, Parità e Opportunità di Roma Tre, Fondazione Ca’ Granda-Policlinico di Milano) la sfida a fare dell’università un luogo di prevenzione della violenza contro le donne, attraverso la creazione di un network aperto alle università che possa interfacciarsi con reti analoghe in ambito Ue. È l’obiettivo ambizioso di UN.I.RE (UNiversità In REte contro la violenza di genere), il progetto finanziato con il contributo della Presidenza del Consiglio dei Ministri-Dipartimento per le Pari Opportunità che, a conclusione delle azioni in programma, ha aperto oggi un corso di aggiornamento/formazione sulle tematiche relative alla violenza di genere contro le donne a partire dalla conoscenza della Convenzione di Istanbul. 

Nato “alla Camera dei Deputati grazie all’idea del capo della delegazione italiana al Consiglio d’Europa Michele Nicoletti di fare un premio per le migliori tesi magistrali e di dottorato sull’applicazione della Convenzione di Istanbul” ricorda Marina Calloni, docente e coordinatrice del progetto Unire per l’università capofila di Milano-Bicocca, il progetto si è sviluppato grazie “a un bando del Dpo. Ora siamo dieci unità- fa sapere la docente- in cui abbiamo messo insieme competenze e diverse aree geografiche”. Proficuo, quindi, fin dal principio, il rapporto col Consiglio d’Europa, proseguito nel corso del progetto con l’audizione delle docenti di Unire da parte del Gruppo di esperte sulla violenza contro le donne del Consiglio d’Europa (Grevio), in visita lo scorso anno in Italia per il monitoraggio dell’applicazione della Convenzione di Istanbul. “Non solo il nostro documento è stato pubblicato nella pagina del Consiglio d’Europa- fa sapere Calloni- ma è stato anche inserito nel Rapporto del Grevio come buona pratica che dovrebbero seguire anche le università di altri Paesi dell’Unione”. 

Il gruppo di lavoro è partito da una rilevazione nelle stesse università, “perchè non era chiaro cosa facessero su questo tema”, confessa la docente, che sottolinea la risposta positiva degli atenei: “Su 66 ci hanno risposto in 61. Il GIO si è poi occupato di rilevare le best practice, mentre noi della Bicocca abbiamo dovuto fare una verifica generale di ciò che emerso“. Una prima rilevazione “che è a buon punto- sottolinea- e che sarà fondamentale per il lavoro di consulente della Commissione femminicidio al Senato”. 


“Per quanto riguarda le best practice c’è una situazione di luce e di ombra perché non ne abbiamo trovate tantissime– chiarisce Francesca Brezzi, docente di Filosofia dell’università Roma Tre e presidente del GIO- Però in alcuni atenei, in particolare in quelli che hanno partecipato al progetto Unire, si sono attuate delle attività molto interessanti”. Ma il compito fondamentale del team di Unire, che presenterà i primi risultati con la pubblicazione di un volume e oltre dieci video-pillole per ciascuna unità di ricerca, “è stato quello di capire e interpretare come va concepita la formazione universitaria in questo ambito, a partire da una posizione di umiltà”, perchè centri antiviolenza, ong e organizzazioni delle donne sapevano sulla violenza di genere “molto di più di colleghi esperti in altre cose”, continua Calloni. Ed è proprio a partire da questo metodo di lavoro, in cui fondamentali sono state le alleanze costruite nelle istituzioni nazionali e comunitarie e nella società civile, che il progetto Unire si propone di trovare un nuovo modello di formazione, in grado di fare da moltiplicatore di azioni di prevenzione e formazione. Modellizzare il come sarà la sfida che il team di docenti, ricercatrici ed esperte si propone per il futuro in un progetto che sembra tutt’altro che concluso.

VALENTE (PD): “FORMARE ALLA LETTURA DI DIFFERENZA DI GENERE NEI CORSI UNIVERSITARI”

La vera sfida che abbiamo adesso è quella di leggere correttamente la violenza, in questo sta la sfida della cultura e delle università che devono specializzare e formare. Vanno bene le sperimentazioni, ma occorre strutturare in maniera organica la formazione in tutti i corsi di studio in tema di riconoscimento della differenza di genere tra uomini e donne”. Questa la proposta della senatrice Pd e presidente della Commissione parlamentare d’inchiesta sul femminicidio, Valeria Valente, intervenuta oggi pomeriggio al modulo storico-filosofico-politico di apertura del corso di formazione online promosso da GIO-Osservatorio Interuniversitario sugli Studi di Genere, assieme agli Stati Generali delle Donne, a conclusione del progetto Unire-Universita’ in Rete contro la violenza di genere. La sfida che Valente lancia al mondo accademico è quella di “inserire in tutti i piani di studio, giuridico, letterario, storico, sociale, psicologico, ore che orientino a una capacità di lettura corretta di questa differenza” che significa “sostanzialmente riconoscere che c’è una disparità nell’esercizio del potere che è frutto di convenzioni che oggi possiamo capovolgere, perché viviamo un momento storico che ci impone e ci regala questa importante possibilità”. Quella di “riequilibrare questa relazione di potere e fare in modo di metterla finalmente alla pari”, perchè “la cultura della violenza- avverte la senatrice- si annida e si alimenta esattamente in questa disparità, dentro questa asimmetria di potere, frutto di modelli sociali e culturali che si sono perpetrati nel corso del tempo e hanno fatto sì che l’uomo possa sentirsi autorizzato ad esercitare un potere nei confronti della donna”.

Si tratta, chiarisce la senatrice, di “una cultura della sopraffazione“, che ha permesso all’uomo “di potere disporre di quella libertà e di quella autonomia perché la donna è subalterna, mentre lui è sovraordinato. È questo piano che noi dobbiamo riequilibrare- ribadisce- perchè se lo riequilibriamo riusciremo a ridimensionare lo spazio per la violenza contro le donne”. Quindi, secondo la presidente della Commissione femminicidio, “non serviranno più norme che battono sul piano penale, repressivo, punitivo, ma più norme, pratiche, culture e consapevolezza“. La principale agenzia educativa che può fare questo lavoro è quindi l’università, “prima ancora che le scuole, perché nelle scuole ci arriva chi è formato dalle nostre università e arrivano libri di testo che sono scritti da quelli che si sono formati nelle nostre università”. Solo da lì “si può partire con questa rivoluzione dolce- conclude Valente- l’unica possibile in questo tempo e l’unica soprattutto utile, anche se non sarà una scelta che ripaga molto in termini di consenso immediato per la politica, perchè è più semplice inasprire una pena. Sicuramente è una scelta più impegnativa, più difficile. Però, secondo, me è l’unica che vale la pena di essere giocata in una partita seria e non solo di parole“.

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