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“Di scuola non si può morire”: la protesta degli studenti in 40 città italiane

I giovani chiedono l'abolizione dell'alternanza scuola-lavoro, più fondi per l'edilizia scolastica e le dimissioni del ministro dell'Istruzione Bianchi e della ministra dell'Interno Lamorgese

Pubblicato:20-09-2022 14:05
Ultimo aggiornamento:20-09-2022 14:05
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di Chiara Adinolfi e Davide Landi

ROMA – “Di scuola non si può morire. È tempo di riscatto”. Raccolti dietro lo striscione dell’organizzazione studentesca ‘Lupa’, per il quarto venerdì consecutivo gli studenti e le studentesse sono scesi in piazza a Roma e in altre 40 città italiane per ricordare Giuseppe e Lorenzo, i due studenti morti mentre stavano svolgendo dei progetti di stage. I giovani chiedono l’abolizione dell’alternanza scuola-lavoro, più fondi per l’edilizia scolastica e le dimissioni del ministro dell’Istruzione Bianchi e della ministra dell’Interno Lamorgese, accusati di non ascoltate la voce degli studenti e di reprimere le manifestazioni studentesche.

Anche oggi ci sono state tensioni con la Polizia, ma non si è mai arrivati a uno scontro diretto. Il corteo, partito da piazza Vittorio Emanuele, arrivato verso la fine di via Covour ha deviato a via del Pernicone e si è ritrovato a via Frangipane con l’obiettivo di raggiungere la sede dell’Ufficio scolastico Regionale. Ma la polizia, schierata davanti la linea del corteo, ha chiesto agli studenti di abbassare le sciarpe e i cappucci con cui si stavano coprendo il volto, per permettere poi a una delegazione di essere ricevuta dall’Usr. Gli studenti non hanno accettato l’accordo e hanno deviato su via del Cardello. Lì altre tensioni con le forze dell’ordine schierate e il lancio di alcune uova. Ma la polizia ha indietreggiato e ha permesso ai giovani di tornare su via Cavour e quindi di proseguire verso Via dei Fori Imperiali, dove si è conclusa la manifestazione.


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 “Fino ad adesso l’unica risposta che ci è stata data è la repressione. Arrivata sia con le manganellate che con le denunce- spiega Cristian, della ‘Lupa’, all’agenzia Dire- vogliamo essere ascoltati, ci stanno abituando a una scuola senza sicurezze e un lavoro precario”. Per questo, dai megafoni, urlano che “l’alternanza non la vogliamo”, e chiedono progetti in linea con il loro percorso di studi. “È paradossale che dobbiamo fare corsi per la sicurezza sul lavoro e poi ci sono ragazzi che muoiono durante uno stage. E poi siamo in disaccordo con il Pcto per com’è ora. Se fosse inserito in un percorso curriculare avrebbe senso, ma così com’è strutturato non ha senso”, dice uno studente. “Giuseppe è vivo e lotta insieme a noi. Le nostre idee non moriranno mai- ha urlato Tommaso, della Lupa- siamo arrabbiati fino al collo. A 16 anni non si può morire di lavoro”. In piazza con gli studenti anche il ‘Fronte della Gioventù Comunista’. Flavia, cha fa parte dell’organizzazione, spiega che i motivi che portano i giovani in piazza sono gli stessi: precariato, critica alle modalità di investimenti del Pnrr, che va verso “un’aziendalizzaizone della scuola pubblica”, e gli atteggiamenti “repressivi delle forze dell’ordine”. Ma il tema centrale è sempre la morte dei giovani Giuseppe e Lorenzo. “La scuola deve formare coscienze, non lavoratori precari”, aggiunge Flavia. 

LA PROTESTA A BOLOGNA

Circa 400 studenti delle scuole superiori a Bologna sfilano per le vie del centro nel giorno di mobilitazione nazionale per chiedere “un nuovo modello di scuola” e ricordando Lorenzo e Giuseppe, i due studenti morti mentre svolgevano uno stage di lavoro. Al grido di “Pagherete caro, pagherete tutto” la rabbia degli studenti si fa sentire durante il corteo partito questa mattina da piazza Aldrovandi, che contestano tra l’altro sia il ritorno agli scritti della maturità dopo due anni sia l’operato del ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi, tra cori, fumogeni e musica trap.

Due facce della stessa medaglia secondo i manifestanti, quella che non tiene conto del malessere e dei disagi sorti durante i due anni di pandemia. Dopo aver attraversato il centro passando per via Rizzoli e via Indipendenza, gli studenti si sono fermati davanti alla sede dell’ufficio scolastico regionale di largo Respighi, intenzionati a salire per un confronto. Sono volati spintoni e insulti rivolti alle Forze dell’ordine che presidiavano l’ingresso, mentre dalle retrovie qualcuno ha lanciato uova colorate con vernice rosa. Ne è seguito un acceso ma breve confronto, senza conseguenze. “Il nostro obiettivo era di andare in Provveditorato, e cercare un confronto con i responsabili di questa scuola- ricostruisce Pietro di Scuola in lotta Bologna– la risposta è stata ancora una volta la repressione”. Fallito l”assedio’ e ripreso il corteo, gli studenti hanno tentato il bis davanti al Rettorato in via Zamboni. Da lì il corteo si è concluso con un sit-in in piazza Scaravilli.

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