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Massacro di Ponticelli, anche Saviano si appella all’Antimafia: “Processo da rifare”

Conferenza stampa alla Camera convocata dalla deputata del M5s Stefania Ascari: "Negare la giustizia a Ciro, Giuseppe e Luigi significa negarla anche a quelle due povere bambine e alle loro famiglie"

Pubblicato:18-01-2024 17:43
Ultimo aggiornamento:18-01-2024 17:52

strage di ponticelli conferenza camera
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ROMA – Nel 1983 Ciro Imperante, Giuseppe La Rocca e Luigi Schiavo avevano 18 anni. Oggi ormai 60enni, si ritrovano ad aver trascorso quasi metà della loro vita in carcere, dove furono sbattuti con la peggiore delle accuse: lo stupro, la sevizia, e l’uccisione di 2 bambine di 7 e 10 anni, delitto noto alle cronache come ‘il massacro di Ponticelli’. Solo che per molti, si tratterebbe di uno dei più gravi errori giudiziari della storia d’Italia. I tre infatti, potrebbero aver trascorso in carcere gli anni migliori della loro vita, da innocenti. La deputata M5s e membro della commissione parlamentare Antimafia, Stefania Ascari ha convocato una conferenza stampa alla Camera per ripercorrere la vicenda e chiedere alla commissione di cui fa parte di riprendere in mano il caso, lasciato in sospeso nella passata legislatura a causa della prematura caduta del Governo. Con un unico obiettivo: chiedere la revisione del processo.

LA STORIA DEL MASSACRO DI PONTICELLI

Questo in estrema sintesi quanto accaduto: il 2 luglio 1983, Nunzia Munizzi e Barbara Sellini vengono ritrovate prive di vita in un cantiere della località campana, con i loro corpi martoriati e bruciati. Durante le indagini dei giorni successivi, i tre giovani carpentieri – oggi presenti in conferenza stampa – vengono convocati nella caserma Pastrengo di Napoli, inizialmente in qualità di testimoni. Da quel momento inizia il loro incubo. Un incubo fatto di torture, false testimonianze, pressioni psicologiche. Il tutto con lo zampino della camorra.

Ciro, Giuseppe e Luigi verrebbero costretti a confessare, ma solo uno dei tre, probabilmente esausto, lo farà. A tutti infatti serve un colpevole. Alla camorra per ‘ripulire’ il posto dalla presenza dei riflettori e quindi delle forze dell’ordine. Ai Carabinieri, secondo i diretti interessati, per chiudere in fretta e furia il caso.


“Sono passati 40 anni- grida Giuseppe La Rocca- e ancora non mi spiego perché mi sia successo tutto questo. Mi hanno distrutto la vita rinchiudendomi senza uno straccio di prova per 27 anni.
Sono incazzato e voglio giustizia, non mi fermerò e andrò avanti fino al giorno della mia morte”. Giuseppe fa una menzione delle torture subite, ma senza entrare nel dettaglio. Al contrario di Luigi Schiavo: “Durante il mio interrogatorio mi chiusero in una stanza con persona che solo successivamente scoprì che si trattava di un pentito di camorra. Questi mi intimò di confessare un delitto che non avevo commesso, al mio rifiuto partirono i calci, i pugni e le testate di cui ancora oggi porto i segni“. Il pentito in questione è Mario Incarnato, camorrista pluriomicida nonché tra gli accusatori di Enzo Tortora. Ma le torture non si esauriscono con le percosse di Incarnato. Schiavo, descrive tutta una serie di sevizie subite in caserma: “Mi hanno ammanettato, denudato e cosparso il corpo di acqua e sale. A quel punto partivano le frustate. Il sale serviva a far bruciare la pelle con il sopraggiungere delle ferite“. Quindi le “discutibili” prove: uno straccio sporco di grasso, all’interno dell’auto di uno degli accusati, fatto passare per una veste di una delle due bambine, improbabili testimonianze e molto altro. Infine, la sentenza: ergastolo. Dopo 27 anni, grazie alla buona condotta, i tre finiscono di scontare la loro pena e oggi chiedono che il caso venga riaperto.

strage di ponticelli conferenza camera

Negare la giustizia a Ciro, Giuseppe e Luigi- afferma la deputata Ascari- significa negarla anche a quelle due povere bambine e alle loro famiglie. Questo è forse il più grave errore giudiziario della nostra cronaca recente, una giustizia di sole vittime. E’ ora che la commissione Antimafia riprenda le fila del caso”. Ad Ascari fa eco anche Roberto Saviano, presente alla conferenza stampa: “Questa è una storia drammatica che non va lasciata nell’ombra- dice lo scrittore- una storia che ha coinvolto tre persone per bene, le quali nonostante l’indubbia innocenza hanno sempre mantenuto la loro dignità: non hanno mai accusato nessuno, non hanno mai tentato di scappare e in carcere non si sono avvicinati a nessun gruppo. La commissione Antimafia può essere centrale in questo e correggere un errore madornale“.
Infine la chiosa: “Per quanto mi riguarda sono fiero di definire Ciro, Giuseppe e Luigi, innocenti”.

ASCARI (M5S): “RIFARE PROCESSO, CASO PIENO DI OMBRE”

Il massacro di Ponticelli è un caso giudiziario che ci riguarda tutti, perché Nunzia e Barbara, le bambine violentate e uccise nella notte tra il 2 e il 3 luglio del 1983, potrebbero essere nostre figlie, ma soprattutto è un caso che presenta ancora oggi tante ombre: il processo e le condanne si basano su dichiarazioni ottenute tramite minacce, violenze, intimidazioni- sottolinea Ascari-. Ma sono tante altre le incongruenze. Ad esempio, nonostante si sia trattato di un omicidio sadico, nessuna perizia psichiatrica è stata fatta sulle tre persone poi condannate. Così come l’arma del delitto non è mai stata trovata. Gli strumenti investigativi a disposizione oggi ma non 40 anni fa, consentirebbero in un nuovo processo di fare un lavoro ben più accurato e forse di accertare la verità, quella che a mio avviso manca ancora oggi. Le tre persone che hanno scontato una pena lunghissima sono vittime del più grande errore giudiziario della nostra storia recente, come disse anche il giudice Ferdinando Imposimato. Questo caso è stato trattato in commissione Antimafia nella scorsa legislatura. Anche grazie ai consulenti che hanno lavorato con noi, la dottoressa Luisa D’Aniello e l’investigatore Giacomo Morandi, è stata realizzata una relazione votata all’unanimità. Purtroppo, la legislatura si è conclusa anticipatamente con lo scioglimento delle Camere e questo non ci ha consentito di fare ulteriori verifiche. Adesso bisogna riprendere il lavoro in commissione e portarlo a termine, da mettere al servizio della ricerca della verità e della giustizia”.

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