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Il debutto al cinema di Elisabetta Giannini: “Racconto come i social ci hanno disconnesso dalla realtà”

La giovane regista presenta al Pesaro Film Festival il cortometraggio ‘Sognando a Venezia’ con Francesco Di Leva e sua figlia Morena Di Leva

Pubblicato:17-06-2023 16:32
Ultimo aggiornamento:17-06-2023 16:34

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ROMA – Classe 1997, napoletana, figlia d’arte della regista Antonietta De Lillo e tanto da raccontare sul grande schermo. Elisabetta Giannini debutta al cinema con il cortometraggio ‘Sognando Venezia’, che sarà presentato domani, 18 giugno, al Pesaro Film Festival.

Francesco Di Leva e sua figlia Morena sono i protagonisti del corto, ambientato nella provincia di Napoli, che segue un padre alle prese con una figlia che vuole diventare influencer. La storia si apre con il compleanno di Vittoria (Morena Di Leva). Suo papà Fabrizio (Di Leva), le regala un biglietto per sfilare sul red carpet di Venezia. E così inizia una preparazione bizzarra: abiti composti da ritagli di giornale, manicure, ricerche di outfit combinati, occhiali, lenti a contatto colorate e tante, tantissime storie sui social. Ma il giorno dell’agognato red carpet, l’auto di Fabrizio in autostrada prende una svolta inaspettata. Una svolta che fa riflettere sul presente. 

L’INTERVISTA A ELISABETTA GIANNINI

Domanda di rito: perché hai deciso di girare questo questo corto?


Un pomeriggio ho letto un annuncio sulla vendita del red carpet alla Mostra del Cinema di Venezia, ma non era specificato per quale occasione. Io ho avuto la fortuna di partecipare alla kermesse come accompagnatrice di mia madre (la regista Antonietta De Lillo, ndr) quando è stata in giuria e in quel momento ho pensato al red carpet come il conseguimento di un obiettivo che si realizza con il proprio lavoro. Quindi mi interessava approfondire la visione del red carpet come oggetto del desiderio e chi avrebbe voluto comprare questo tappeto rosso. Così sono nati il personaggio di Fabrizio e Vittoria. Io non sono una persona molto social ma per questo corto ho studiato le nuove piattaforme, come TikTok. Dopo varie ricerche ho scoperto un mondo in cui l’importante è la foto. Più andavo avanti e più capivo che importava poco l’evento in sé. Al contrario, era importante far sapere agli altri di essere stati a quell’evento. Insomma, la completa dematerializzazione della vita. 

I protagonisti di ‘Sognando Venezia’ sono Francesco e Morena Di Leva, padre e figlia. 

Francesco è un attore affermato. Nonostante questo, sul set è stato molto silenzioso: aiutava senza mai schiacciare me che ho ancora poca esperienza. Morena, invece, è stata fondamentale. Ci ha aggiornato sui balletti e sul mondo di TikTok. 

Si è persa un po’ la connessione con il mondo reale. TikTok è uno spazio aperto a tutti, rispetto a Instagram. Molti utenti sono alla ricerca di 5 minuti di celebrità. Ho notato che se un video di un utente va virale lo chiamano come ospite alle inaugurazioni, alle feste, ai matrimoni.

In un certo senso TikTok è più democratico rispetto a Instagram, dà l’idea che può succedere a tutti. E questo ti fa entrare di più nel vortice di continuare a produrre contenuti sperando nella viralità. Poi credo che ci sia tanta voglia di apparire, è come se TikTok fosse un palcoscenico dell’Io. Ma, quando questi mezzi vengono usati bene, possono essere anche un modo per confrontarsi. Danno possibilità di conoscere altre situazioni, possono essere un’opportunità per chi lavora. I social da una parte creano connessione dall’altra disconnessione dal mondo.

Penso che sia un fenomeno che possa generare una certa frustrazione tra chi si alza la mattina alle 7 per andare a lavorare e i tanti giovani che si prendono tanti no e porte in faccia ma comunque non perdono la passione di inseguire un sogno?

Ne parlavo l’altro giorno con una mia amica. Noi venticinquenni ma anche trentenni siamo la generazione di Instagram abbiamo l’angoscia di perderci le cose, di vedere che i nostri coetanei hanno più successo di noi. Quell’angoscia ci porta a pubblicare un nostro successo o un’esperienza vissuta, perché se lo pubblichi è come se fosse più reale. 

‘Sognando Venezia’ è…

Un mio modo per dire di avere meno ansia per il futuro. Nel corto la madre di Vittoria dice a Fabrizio (Di Leva, ndr) ‘ma cosa servirà il tappeto di Venezia per il futuro di nostra figlia?’. E lui le ha risposto ‘ma lasciale godere 5 minuti di celebrità’.  I personaggi si divertono a modo loro, un modo discutibile sia chiaro, ma non li giudico. 

Sei giovanissima, classe 1997. Il cinema è sempre più aperto a dare opportunità alle nuove voci?

Nell’ultimo anno ho fatto un percorso, ‘Becoming Maestre‘ ( dedicato ai talenti femminili under 35 in Italia e promosso da Netflix e Accademia del Cinema Italiano – Premio David di Donatello, ndr). Un progetto dedicato alla promozione del lavoro delle artiste donne. Alla fine di questo viaggio ho avuto un contratto. È stato fondamentale per me perché mi ha permesso di muovere i primi passi nel mondo del cinema.

Perché fai cinema?

Io sono nata nel cinema. Per tanto tempo ho cercato di evitarlo, ma alla fine ci sono cascata. È stato inevitabile. Qualche tempo, ho rivisto i filmini di quando ero piccola. Mia mamma mi ha fatto sempre giocare con la telecamera. Spesso ci facevamo le interviste a vicenda, mi insegnava a muovermi con la camera.

I protagonisti del corto sognano il red carpet della Mostra del Cinema di Venezia. E tu cosa sogni?

Io non mi aspetto mai niente. Sono sempre troppo felice per tutto quello che succede. Sicuramente Pesaro è un’opportunità che non mi sarei mai aspettata. Sono felice. Ho ancora paura dell’idea di vedere il corto per la prima volta. Ti accorgi subito quali umori ci sono tra gli spettatori della sala. 

Ti spaventa di più il successo o la sconfitta?

Non mi fa paura né il successo e né la sconfitta. Le sconfitte, per esempio, le affronto come faccio per tutte le cose. 

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