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Disastro Valle del Sacco, una condanna e tre assoluzioni

Retuvasa: "Per il risarcimento del danno biologico, valuteremo il ricorso a un nuovo procedimento in sede civile"

Pubblicato:16-07-2020 11:46
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 19:38

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VELLETRI – Si chiude con una condanna e tre assoluzioni il primo grado del processo per reati ambientali nella Valle del Sacco, di cui stamattina il giudice Luigi Tirone ha dato lettura della sentenza al Tribunale di Velletri.

Carlo Gentile, ex direttore dello stabilimento industriale della Caffaro a Colleferro, è stato condannato: a due anni di reclusione per il reato di disastro innominato, al pagamento delle spese processuali, al risarcimento dei danni alle parti civili da liquidare in un separato giudizio civile, al pagamento di una provvisionale esecutiva a favore di Italcementi, costituita parte civile nel processo, pari a 200mila euro.

In più, Gentile è stato condannato alla refusione delle spese di costituzione e assistenza sostenute dalle parti civili per un totale di: 25mila euro in favore rispettivamente del ministero dell’Ambiente e di Italcementi; 5mila euro in favore dei Comuni di Colleferro, Anagni, Gavignano, Segni e Ceccano; e 4mila euro per ciascuna delle restanti parti civili. È stata concessa a Gentile la pena sospesa e la non menzione nel casellario giudiziale.


Assolti per non aver commesso il fatto Giovanni Paravani e Renzo Crosariol, legale rappresentante e direttore tecnico del consorzio Csc (Consorzio Servizi Colleferro), azienda che gestiva lo scarico delle acque della zona industriale di Colleferro, all’origine della contaminazione della Valle del Sacco secondo l’accusa. Assolto perché il fatto non sussiste Giuseppe Zulli, ex direttore della Centrale del Latte di Roma, che, secondo la Procura, era a conoscenza, prima dello stato di emergenza dichiarato nel 2005, che nelle mucche degli allevamenti che rifornivano l’azienda c’era del lindano.

Il processo Valle del Sacco, relativo allo sversamento del betaesaclorocicloesano (beta-HCH, sottoprodotto del pesticida lindano, ndr) nelle acque del fiume Sacco, che avrebbe poi causato la contaminazione dei terreni e, attraverso la catena alimentare, delle persone in una vasta area compresa tra le province di Roma e Frosinone, oggi Sito di Interesse Nazionale (Sin), è iniziato nel 2009 e ha avuto una storia travagliata, già ‘scampato’ alla prescrizione grazie alla verifica in Corte Costituzionale.

Il pm, Luigi Paoletti, il 14 ottobre scorso aveva chiesto per gli imputati la condanna a due anni.

RETUVASA: “SODDISFATTI, VALUTEREMO RICORSO IN SEDE CIVILE”

“Ci possiamo ritenere soddisfatti del dispositivo di sentenza del processo Valle del Sacco, in attesa delle motivazioni. È stato individuato un responsabile per il danno cagionato nella figura dell’ex direttore della Caffaro di Colleferro, Carlo Gentile, segno della condotta criminosa ai danni dell’ambiente di tale azienda, come è stato nei siti di Torviscosa e Brescia. Ora, per il risarcimento del danno biologico, valuteremo il ricorso a un nuovo procedimento in sede civile, anche se, a nostro parere, il danno biologico e ambientale non sono quantificabili in termini economici”. Così, all’agenzia di stampa Dire, Alberto Valleriani, presidente di Retuvasa-Rete per la Tutela della Valle del Sacco, costituito personalmente e con l’associazione parte civile nel processo per reati ambientali della Valle del Sacco, a margine della lettura della sentenza al Tribunale di Velletri.

Noi abitanti della Valle del Sacco abbiamo il betaesaclorocicloesano nel sangue, una sostanza definita cancerogena nel 2015 dallo Iarc- aggiunge Valleriani- Nessuno ci potrà mai risarcire dell’attentato che è stato compiuto ai danni della nostra salute. Serva di insegnamento alle istituzioni preposte ai monitoraggi ambientali- conclude- per far sì che quanto accaduto sul nostro territorio non possa ripetersi ancora altrove”.

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