NEWS:

FOTO | Siria, Zavatti (Cgil): “Oltre la guerra, con la democrazia dei curdi”

L'associazione 'Verso il Kurdistan' racconta la vita nel campo profughi di Makhmura, nel nord dell'Iraq, dove si sono rifugiati 15 mila curdi dopo l'attacco di Ankara del 1993-94

Pubblicato:15-10-2019 10:42
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 15:49
Autore:

FacebookLinkedInXEmailWhatsApp

ROMA – “Il campo di Makhmura è diviso in cinque quartieri, che si riuniscono in assemblea ogni settimana. Queste assemblee poi convergono in un incontro generale, ogni mese. Nel ‘parlamentino’ eletto siedono i rappresentanti del consiglio municipale: un’assemblea composta dal 50% di uomini e dal 50% di donne. I due co-sindaci sono sempre un uomo e una donna”. Così i profughi curdi organizzano la loro vita nel campo profughi di Makhmura, nel nord dell’Iraq: è il sistema del confederalismo democratico, raccontato all’agenzia Dire da Franco Zavatti, sindacalista di Cgil Modena impegnato nell’associazione Verso il Kurdistan e di ritorno in questi giorni dal campo. Quest’ultimo esiste da oltre 20 anni e ospita circa 15.000 profughi. Si tratta in prevalenza di curdi arrivati dai loro villaggi di origine in Turchia, dopo l’offensiva del 1993-94 da parte delle forze di Ankara, ma anche di siriani arrivati dopo lo scoppio della guerra.











Precedente
Successivo

Il tasso di dispersione scolastica per i bambini del campo è praticamente nullo, grazie anche al sostegno delle agenzie Onu. Ma per i residenti del campo che vogliono studiare all’università e lavorare, da alcuni mesi, la situazione si è complicata enormemente. Il campo è stato infatti bloccato da un decreto di embargo del governo regionale iracheno: una condizione che impedisce ai profughi di spostarsi liberamente nelle città vicine, come invece riuscivano a fare fino a pochi mesi fa.


“Per avere un’idea della situazione, basta immaginare che ci sono sette checkpoint militari nei 30 chilometri tra Makhmura ed Erbil. Noi siamo riusciti a passarle, ma altre delegazioni, di cui facevano parte anche due europarlamentari, non sono state ammesse” spiega Zavatti. Il sindacalista attribuisce la chiusura del campo di Makhmura alle pressioni che la Turchia avrebbe esercitato sul governo regionale di Erbil in seguito all’attentato che qui, a luglio, ha ucciso il vice-console di Ankara.

“Abbiamo chiesto un incontro all’Unhcr perché si pronunci sul fatto che è assurdo bloccare il campo profughi di Makhmura, formalmente riconosciuto, con un embargo di 24 ore su 24” spiega Zavatti. La militarizzazione del campo non sembra fermare i progetti di cooperazione dell’ong Verso il Kurdistan.

“E’ stato un anno intenso” racconta Zavatti. “L’abbiamo iniziato portando un generatore elettrico per alimentare il poliambulatorio di Makhmura, poi un caricatore di ossigeno per le bombole, che servono ai tanti bambini che lì contraggono malattie e infezioni legate soprattutto alla mancanza di acqua potabile. Ora, dopo l’ambulanza, puntiamo a fornire dei depuratori per l’acqua, almeno per quella distribuita nel poliambulatorio e nelle scuole, dove studiano in totale circa 1500 bambini e ragazzi”. L’acqua del campo di Makhmura proviene da pozzi scavati a centinaia di metri di profondità e, secondo le fonti mediche citate da Zavatti, sarebbe ricca di agenti intossicanti, alla radice dell’80% circa delle malattie gravi registrate nel campo.

Le notizie del sito Dire sono utilizzabili e riproducibili, a condizione di citare espressamente la fonte Agenzia DIRE e l’indirizzo www.dire.it