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‘Her promise’, da Organon una ricetta per il benessere delle donne

A Roma il confronto tra istituzioni, società scientifiche e pazienti

Pubblicato:15-09-2022 17:33
Ultimo aggiornamento:15-09-2022 17:33

HER-PROMISE
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ROMA – “Rilancio della natalità, gestione della cronicità e sostenibilità sono le tre grandi sfide di salute pubblica che il nostro Servizio sanitario nazionale deve affrontare per continuare ad assicurare l’universalità dell’accesso ai servizi e alle cure, entrando in una nuova normalità di coesistenza con il Covid. Ma è uno il comune denominatore di queste sfide: la salute della donna. Se è vero che l’80% delle donne prende decisioni sulla salute dei propri cari, e che, secondo i dati dell’OMS, ogni dollaro speso in salute della donna genera 20 dollari in benefici economici, avere a cuore il benessere femminile significa avere a cuore l’intera società civile, incidendo positivamente sul tessuto sociale ed economico di un Paese”.

Parte da queste considerazioni la strategia ESG (Environmental, Social, Governance) ‘Her Promise’ di Organon, azienda farmaceutica dedicata alla salute femminile, che oggi, in occasione del primo anniversario della sua presenza sul mercato globale, nel corso di un evento a Roma si è confrontata sul tema della salute femminile con istituzioni, società scientifiche e associazioni di pazienti.

“‘Her promise’- hanno spiegato durante l’incontro- è una strategia di ampia visione finalizzata a sostenere le donne e le ragazze di tutto il mondo nelle loro aspirazioni di benessere. Cardini della strategia di sostenibilità sono un più ampio accesso alla contraccezione, per evitare 120 milioni di gravidanze indesiderate nel mondo entro il 2030, lotta alle disparità ed equa rappresentanza di genere anche all’interno dell’azienda, dove è donna quasi il 50% dei dipendenti e il 65% del leadership team, insieme all’obiettivo ‘emissioni zero’ nei principi dell’economia circolare”.


Secondo Alper Alptekin, presidente e amministratore delegato di Organon Italia, la salute della donna è un “potente indicatore di prosperità di un Paese e volano di benessere sociale e crescita economica- ha detto- e siamo orgogliosi di averla scelta come nostra area terapeutica prioritaria, in una visione ampia che la considera come epicentro della salute di tutta la comunità”.

Sul fronte della salute femminile, il tema della natalità e della fertilità, intanto, è tra quelli che hanno le maggiori ricadute a livello socio-economico. Il trend di continua decrescita demografica potrebbe determinare nel 2070 un’importante diminuzione del 32% del PIL. L’emergenza Covid, che ha indotto circa due coppie su tre a rinviare il progetto di una gravidanza o addirittura a rinunciarvi (Osservatorio Giovani), ha acuito il problema, innescato da fattori di lungo periodo: la mancanza di una corretta pianificazione familiare, la scarsa informazione sulla contraccezione e le difficoltà legate all’accesso tempestivo ai percorsi di fertilità e di procreazione medicalmente assistita (PMA).

“I dati di una recente analisi denominata ‘NERAD’- hanno sottolineato ancora dalla conferenza- dicono che nel nostro Paese una gravidanza su 4 non è pianificata e il 50% di queste esita in un’interruzione volontaria di gravidanza, con i conseguenti effetti importanti sulla salute psicofisica della donna”. A pesare, soprattutto, la carenza di informazioni sulle possibili scelte contraccettive e la quasi totale assenza di programmi educazionali sull’argomento che limita l’accesso alla contraccezione e il suo uso consapevole, mentre è in aumento l’impiego della contraccezione d’emergenza che già nel 2018 ha portato 548.684 donne a farne uso. L’Italia, come rivela l’ultimo Atlante Europeo della Contraccezione redatto dall’European Parliamentary Forum for Sexual & Reproductive Rights (EPF), si posiziona al 22esimo posto in Europa per accesso e informazione alla contraccezione.

DONNE E INFORMAZIONI SULLA CONTRACCEZIONE: LO STUDIO

Secondo la ricerca ‘Lo stato dell’arte e i bisogni di formazione e informazione delle donne italiane in area contraccezione‘, condotta da DoxaPharma su un campione di 1.000 donne italiane tra i 18 e i 40 anni e presentata nel corso dell’evento, una donna italiana in età fertile su tre non ha mai chiesto al proprio ginecologo informazioni sulla contraccezione, mentre il 48% si è informata attraverso internet. La conseguenza è che le donne si affidano soprattutto alle opzioni a loro note (pillola ormonale e preservativo), mentre è ancora limitata la conoscenza dei metodi contraccettivi non giornalieri che possono favorire la compliance della donna alla terapia come ad esempio i contraccettivi reversibili a lunga durata d’azione (LARCs): quasi la metà delle donne è poco o per nulla informata sull’anello vaginale a durata mensile e sul cerotto e solo il 25% conosce l’impianto a lunga durata nel braccio.

L’ACCESSO ALLA PMA

Lo scarso ricorso alle tecniche che favoriscono la fertilità è l’altra faccia del percorso a ostacoli verso un’adeguata pianificazione familiare, che penalizza le donne nelle loro scelte di vita: 1/3 dei trattamenti di PMA è eseguito in coppie in cui il partner femminile ha più di 40 anni, diminuendo notevolmente il tasso di successo dei trattamenti, che passa dal 21,6% per le pazienti con meno di 35 anni al 4,1% per quelle con più di 43 anni. Riguardo all’accesso alla PMA, esistono forti disomogeneità a livello regionale, con una diversa distribuzione dei Centri pubblici e privati convenzionati dal nord al sud, lunghe liste di attesa, ostacoli burocratici. “Un impulso verso la diffusione dei percorsi di PMA- secondo gli esperti- potrebbe arrivare, oltre che da campagne di sensibilizzazione sul tema della fertilità e delle tecniche di PMA, anche dall’approvazione definitiva del decreto interministeriale che rende uniformi le tariffe per le prestazioni di PMA sull’intero territorio nazionale”.

INVECCHIAMENTO E PATOLOGIE CRONICHE

Insieme alla diminuzione della natalità, l’invecchiamento della popolazione è il fattore che disegna quella ‘piramide rovesciata’ caratterizzata dalla prevalenza nella popolazione di persone in età avanzata (in Italia un quinto della popolazione è over 65). “Una delle maggiori conseguenze- è emerso ancora dall’evento Organon- è il crescente impatto delle malattie croniche non trasmissibili (come patologie cardiovascolari, dislipidemie, patologie respiratorie, malattie della pelle, osteoporosi, malattie osteoarticolari ed emicrania ) responsabili del 93,3% dei decessi”.

Tra le persone di 55 anni, un individuo su due soffre di almeno una patologia cronica, mentre nella popolazione over 75 l’incidenza aumenta: a convivere con una patologia cronica in questa fascia d’età sono 9 persone su 10. Tra le malattie croniche non trasmissibili le malattie cardiovascolari sono quelle che hanno il maggiore impatto in termini di letalità, con circa 18 milioni di decessi l’anno a livello globale.

Al tema della cronicità si associa quello della sostenibilità, per garantire cure di qualità a tutti i pazienti che ne hanno bisogno e al tempo stesso ridurre gli oneri finanziari a carico della sanità pubblica. Una delle possibili risposte, sempre secondo gli esperti, è offerta dai farmaci biosimilari, farmaci biologici “assolutamente comparabili ai farmaci originator in termini di qualità, sicurezza ed efficacia, ma a costi minori”.

IL REPORT SUI FARMACI BIOSIMILARI

Organon ha dunque sostenuto la realizzazione del report ‘Unlocking the Potential of Biosimilars’, un’analisi che mette a fuoco l’attuale panorama delle politiche sanitarie sui biosimilari in 17 Paesi, facendo emergere, per ciascun Paese, i fattori che determinano il successo, l’inefficienza e le aree di rischio, per arrivare a definire raccomandazioni per garantire una sostenibilità a lungo termine.
Per quanto riguarda la situazione in Italia, sono emerse criticità come quelle legate alla scelta di “aggiudicare le gare esclusivamente sulla base del prezzo, indirizzo che non tiene conto dell’approccio HTA (ad es. rapporto costo-efficacia, introduzione di criteri di qualità) e innesca di fatto una corsa all’abbattimento dei prezzi di acquisto dei biosimilari, che potrebbe disincentivare le aziende a renderli sempre più disponibili”.

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