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VIDEO | Pavlik compie due anni: una vita nuova via da Bakhmut

Il bimbo oggi vive con la mamma Olena a Pavlohrad anche grazie all'assistenza socio-legale dell'ong italiana Intersos

Pubblicato:15-02-2024 16:44
Ultimo aggiornamento:15-02-2024 18:01

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Dal nostro inviato, Vincenzo Giardina

PAVLOHRAD (UCRAINA) – Sul display del telefono, casa sua a Bakhmut è una voragine cerchiata di rosso. Si legge pure l’indirizzo, come qualcosa che ormai non c’è più: via del Sessantennale dell’Unione Sovietica. “Me ne sono andata quando Pavlik aveva tre mesi” ricorda la mamma, Olena Kovalova: “Lui è nato il 17 febbraio 2022, di giovedì, una settimana esatta prima dell’offensiva russa”. Siamo a Pavlohrad, sulla via che dal fiume Dnipro punta a est verso il fronte, distante poche decine di chilometri. È la stessa strada che Olena ha percorso dopo aver capito che a Bakhmut non si poteva più restare. “All’inizio dei bombardamenti avevo pensato che in fondo fosse la solita storia” ricorda. “I miei genitori vivevano a Horlivka, sempre nella regione di Donetsk, dove ai colpi di artiglieria c’eravamo abituati sin dall’inizio del conflitto nel 2014; dopo il 24 febbraio ho resistito tre mesi, fino a maggio, poi ho preso mio figlio e una valigia e sono venuta via”.

LA MAMMA OLENA: “LA NOSTRA CASA RASA AL SUOLO, NON TORNEREMO”

Olena ricorda un pomeriggio, in auto dopo la spesa al supermercato: il fragore delle esplosioni era così forte che per proteggere in qualche modo suo figlio aveva messo la musica a tutto volume dal cellulare. Pavlik è arrivato così a Pavlohrad. Ed è curioso perché Pavlik è il diminutivo di Pavel e pure di Pavlohrad, come gli abitanti chiamano la loro città. “Qui scherzano ancora” sorride Olena: “Pavlik è arrivato a Pavlik”.
E la casa a Bakhmut, quella dove è nato? È la voragine mostrata nel video. La città è da nove mesi sotto il controllo delle forze russe, che provano in questi giorni ad avanzare ancora, sempre nella regione di Donetsk, dal lato di Avdiivka. “Anche se d’improvviso arrivasse la pace e non ci fossero più mine non so se ci tornerei” sospira Olena. “Forse per visitare il cimitero dove sono sepolti i miei parenti ma non per casa mia: vederla così com’è nel filmato mi darebbe troppo dolore”.


Fino a due anni fa, a Bakhmut vivevano circa 80mila persone. Della città si conoscevano i parchi con le sculture arboree e la cattedrale ortodossa Svesvyatskij, che vuol dire Ognissanti. Poi c’è il Muro del pianto, com’è chiamato il monumento che ricorda lo sterminio nel 1942 di almeno 1.200 persone di religione ebraica rinchiuse dagli occupanti nazisti in una miniera di alabastro.

A Pavlohrad c’è una vita nuova. Olena ha potuto affittare un appartamento, dove vivono anche i genitori e una nonna, pure sfollati a causa della guerra. “Il mio sogno? Avere i soldi per poter mandare Pavlik al nido e trovare un lavoro da diplomata in economia, magari online, da contabile o amministratrice, come quello che facevo prima”. In città c’è anche un parco: “Finita la guerra, sarebbe bello poter acquistare una casa qui”. Non è facile ricominciare per chi ha dovuto lasciare tutto. “Il governo dell’Ucraina garantisce alle famiglie sfollate un assegno di circa 23mila grivne”, calcola Olena: “Solo per l’affitto se ne vanno 10mila, altre 5mila per le bollette che aumentano di continuo e poi c’è da mangiare e il resto”.

LA PRESENZA DELL’ONG ITALIANA INTERSOS: SOSTEGNO ALLE PERSONE SFOLLATE E FRAGILI

Aiuterebbe avere un risarcimento per la casa distrutta dai missili. Bakhmut resta però dall’altra parte del fronte e fare una stima dei danni è complicato. Proprio oggi Olena ne parla con i volontari del Centro sociale territoriale, una struttura pubblica che frequenta da quando si è trasferita: ogni giorno ci sono consulenze mediche, aiuto psicologico e supporto legale.

A dare una mano è anche Daria Voskoboinik. È nata e cresciuta qui e da qualche tempo lavora come operatrice nel Centro per conto di Intersos, un’organizzazione della società civile italiana che con il supporto dell’Unione Europea è impegnata sia nella fornitura di beni essenziali nell’emergenza sia nella protezione delle comunità più fragili. “Nel corso di questi due anni di guerra a Pavlohrad sono arrivate tante persone” riferisce Daria: “Anziane o sole con bimbi piccoli, con invalidità o bisognose di aiuti economici, perché rimaste senza lavoro o magari perché dipendenti dalla pensione di qualcuno che non c’è più”.

L’operatrice dice che Olena è coraggiosa e che sa guardare avanti. Lei ascolta, lo sguardo assorto, pronta a condividere speranze. “Riuscire a completare le certificazioni per la mia vecchia casa sarebbe importante” sussurra: “Con l’aiuto di Intersos potrei avere un risarcimento per quello che ho perso; sarebbe un aiuto, mi darebbe fiducia”.

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