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L’interlinea del ricorso è sbagliata? Ti paghi le spese legali anche se hai ragione

Una sentenza di un giudice di pace di Verona ha 'negato' il riconoscimento del pagamento delle spese legali alla parte vincente perchè gli atti del ricorso non rispettavano le nuove regole in materia di lunghezza, caratteri, interlinea e margini

Pubblicato:13-10-2023 14:14
Ultimo aggiornamento:13-10-2023 14:42
Autore:

giustizia-tribunale
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BOLOGNA – Se si presenta un ricorso in Tribunale senza rispettare le nuove regole in materia di ‘forma’ degli atti giudiziari (caratteri, margini, interlinea e lunghezza), anche se si vince si rischia di non avere il rimborso delle spese legali. O almeno così ha deciso un giudice di pace di Verona: “Spese legali compensate per violazione dei criteri di forma e redazione degli atti giudiziari“, ha scritto nella sentenza. Ovvero: l’atto era scritto male e quindi niente rimborso delle spese legali. Come di solito avviene per chi ‘vince’ in una causa. La recente decisione è destinata a far discutere, soprattutto perchè le nuove regole che disciplinano la forma degli atti giudiziari avevano suscitato molte critiche da parte dell’Associazione nazionale forense.

LE NUOVE REGOLE ENTRATE IN VIGORE AD AGOSTO

Il giudice di pace di Verona, con questa sentenza che riguardava una causa per una richiesta di ingiunzione, ha fatto valere le nuove regole che da agosto disciplinano la scrittura di atti giudiziari. In particolare ha richiamato gli articoli che fissano le dimensioni dei caratteri, dell’interlinea tra una riga e l’altra, e i margini; e l’articolo che prescrive l’attenzione alla sinteticità. Il tetto a parole e pagine degli atti giudiziari, nel giugno scorso, era stato contestato dall’Associazione Nazionale Forense che aveva definito la novità come “il punto più basso di una riforma del processo civile nata sotto una cattiva stella e che peggiora di giorno in giorno sotto gli occhi attoniti degli operatori del diritto”. Da allora, era solo questione di tempo perchè qualche giudice andasse a valutare la ‘forma’ degli atti e la stgmatizzasse se scorretta. E alla fine è successo.

LE SPESE LEGALI SONO STATE ‘COMPENSATE’

Il giudice di pace di Verona di fatto ha ritenuto che non fossero rispettati carattere e interlinea degli atti giudiziari in questione. E quindi ha “compensato” le spese tra le parti in causa: che significa che ciascuno dei due contendenti deve pagare le proprie spese e chi ha avuto ragione non rientrerà delle spese legali sostenute per andare in causa. Di solito non funziona così: normalmente, quando la sentenza dà ragione a una parte, allo stesso tempo prevede la condanna al pagamento delle spese legali per l’altra. In questo modo chi vince si vede rimborsare le spese sostenute per andare in Tribunale, come la parcella dell’avvocato, il ‘contributo unificato’, le spese per marche da bollo e notifiche, spese per i consulenti. Questa volta no, nessun rimborso. E questo per ‘colpa’ di un atto compilato non a dovere rispetto alle nuove regole.


ANM: “LIMITI STERILI, NON SIAMO CONTABILI”

“L’idea di ridurre i principi di chiarezza e sinteticità ad una sterile fissazione di limiti del numero di pagine e del numero di caratteri per gli scritti difensivi denota una grave miopia ed una visione contabile del processo”, aveva avvertito a giugno il segretario generale dell’Anf Giampaolo di Marco. Ad esempio, per un atto di citazione, se prima si potevano scrivere 100 pagine oggi si deve stare entro i 50.000 caratteri, spazi inclusi. E ora la novità che arriva da Verona sta suscitando un vespaio nel mondo degli avvocati. Sempre Di Marco aggiungeva: “La meccanica previsione di un tetto al volume degli atti di parte, in modo meccanico e senza introdurre differenziazioni che tengano conto della tipologia, del valore e della complessità delle diverse tipologie di controversie, non solo tradisce la previsione della norma delle disposizioni attuative del codice di rito che si vorrebbe attuare, ma si traduce in una grave mutilazione del diritto di difesa”.

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