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VIDEO | Civita Castellana, Unindustria Viterbo: “Ripartire con la produzione”

Un 'distretto' di aziende con una forte vocazione all'export, che ora premono affinche' il lockdown non produca danni irreparabili: lo spiega Stefania Palamides, presidente di Unindustria Viterbo

Pubblicato:11-04-2020 13:42
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 18:07

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ROMA – “Garantendo la sicurezza dei lavoratori, possiamo e dobbiamo ripartire“. Cresce il pressing delle aziende del distretto industriale ceramico di Civita Castellana, in provincia di Viterbo. Punta di diamante dell’industria laziale, dalla sua vanta numeri importanti: nel 2019 ha prodotto ricavi per circa 350 milioni di euro, con il 45% di export. Circa 2.000 i posti lavoro per 30 aziende con 40 stabilimenti produttivi distribuiti in 8 comuni, 7 in provincia di Viterbo e uno in provincia di Roma. Un ‘distretto’ di aziende con una forte vocazione all’export, che ora premono affinche’ il lockdown non produca danni irreparabili, come spiega Stefania Palamides, presidente di Unindustria Viterbo, in un’intervista all’agenzia Dire: “A distanza di due settimane dalla chiusura, siamo tutti preoccupati. Considerando quanto sta avvenendo nel nostro territorio, diciamo che siamo piu’ o meno tutti orientati ad una ripartenza, perlomeno le aziende appartenenti a Unindustria che io rappresento. Noi siamo aziende abbastanza grandi e gia’ dal 9 marzo abbiamo stabilito dei protocolli: cercare di ridurre momenti di vicinanza dei lavoratori, scaglionando orari delle entrate e delle uscite, stesso discorso per l’utilizzo gli spogliatoi. Poi abbiamo parlato con la nostra ditta che si occupa di pulizie chiedendo una una sanificazione giornaliera degli spazi comuni”. 

Non un’idea, quella di Unindustria Viterbo, ma una vera e propria richiesta: “Nella nostra zona fortunatamente i contagi sono molto ridotti, quindi crediamo che rispettando le norme di sicurezza, ripartire non sia un rischio maggiore di quello che si corre andando a fare la spesa”.  “Per esempio- prosegue Palamides- la mia e’ un’azienda familiare. Gli operai sono 37, ci conosciamo tutti: il lavoratore fa parte dell’azienda. Non esistono aziende senza lavoratori. Soltanto un pazzo potrebbe mettere a rischio i suoi dipendenti, anche perche’ anche noi (titolari, ndr.) siamo dentro le aziende. Secondo me, se le persone agiscono responsabilmente e conformemente ai precetti normativi, dopo 2-3 settimane di fermo e di contenimento, credo di poter dire tranquillamente che potremmo ripartire, anche magari parzialmente”. 


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