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Libia, l’appello dal centro di detenzione dei migranti: “Salvateci”

Don Zerai in un comunicato si fa portavoce di una richiesta di aiuto lanciata da un profugo residente nel centro di detenzione di Bin Gashir

Pubblicato:11-04-2019 14:13
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 14:21

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ROMA – “I migranti di Bin Gashir vivono nell’angoscia di finire nelle mani di trafficanti, che possono usarli anche come scudi umani nel conflitto armato, o venderli come schiavi”. Questa la testimonianza raccolta da padre Mussie Zerai, sacerdote di origine eritrea, nonche’ presidente dell’agenzia Habeshia, impegnata sul tema dei diritti dei migranti.
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Don Zerai in un comunicato si fa portavoce di una richiesta di aiuto lanciata da un profugo residente nel centro di detenzione di Bin Gashir, località a sud di Tripoli, che da una settimana è epicentro degli scontri tra le milizie del generale Khalifa Haftar e quelle fedeli al governo di accordo nazionale di Tripoli.
“Si sono presentati dei paramilitari annunciando che ci avrebbero trasferito a Zintan” la testimonianza del profugo, relativa alla giornata di martedì. “Ma là è un altro inferno, dove sono gia’ morti una decina di profughi eritrei”.
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Secondo la stessa fonte, i responsabili dei centri di detenzione “con l’inganno” avrebbero “portato via 45 persone dicendo che li avrebbero trasferiti in ospedale per ricevere cure mediche”. Invece, sono stati portati in un altro centro di detenzione, denominato Garian, “e naturalmente non hanno ricevuto nessuna assistenza medica”.
Il testimone cita due nomi: Basit e Omer. I due, secondo la denuncia, “da anni prendono in giro migliaia di profughi trasferendo le persone da un lager all’altro, spacciandosi per sedicenti dipendenti dell’Alto commissariato Onu per i rifugiati”.
La fonte punta il dito contro Basit: “E’ l’ex capo del centro di Bin Gashir. Qui ha commesso abusi, maltrattamenti e vendeva anche le persone”. Oggi i rifugiati, riconoscendolo, “vivono nel timore di finire nelle mani di trafficanti che possano usarli anche come scudi umani in un conflitto armato, o venduti come schiavi”.
Don Zerai lancia un appello alle organizzazioni internazionali: “Chiediamo all’Alto commissariato Onu per i rifugiati di verificare l’identità di questi due individui, Omer e Basit”.
Il sacerdote prosegue interpellando anche “le organizzazioni umanitarie presenti in Libia affinche’ trasferiscano in tutta sicurezza le centinaia di profughi oggi intrappolati in zona di conflitto, con la massima attenzione al rischio che trafficanti di esseri umani si infiltrino nel corso di tali operazioni”. I trafficanti, avverte don Zerai, “approfittano del caos in atto”.
Quindi il religioso ribadisce che a sud di Tripoli “i profughi – in tutto 700 – stanno vivendo giorni infernali nei lager a Bin Ghashir. Qui ci sono anche circa 100 donne, alcune delle quali incinte, altre con bambini piccoli. Ci sono anche molti ammalati bisognosi di cure urgenti, persone che soffrono a causa della tubercolosi. La promiscuita’ aumenta il rischio di contagio. In queste ore la disperazione aumenta perche’ da giorni non c’e’ piu’ ne’ acqua ne’ cibo, mentre il fragore dei combattimenti si fa sempre piu’ vicino”.
Don Zerai torna a condannare i respingimenti dei migranti naufraghi nel Mediterraneo “verso le coste libiche, il quale rappresenta palesemente il porto piu’ insicuro tra tutti i Paesi che si affacciano sul Mar Mediterraneo. Le persone che fuggono da conflitti e violenze hanno il diritto di trovare asilo preso gli Stati democratici e civili, ma quello che sta avvenendo oggi nel Mediterraneo e’ una negazione di fatto al diritto di asilo”.
Il sacerdote conclude: “L’Europa metta in atto un dispositivo simile all’operazione Mare nostrum per salvare vite umane, visto che la situazione in Libia sta precipitando sempre di piu’ verso il conflitto aperto”.

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