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In Emilia-Romagna non si trovano medici per gli ospedali di montagna. La proposta: “Pagateli di più”

M5s e Pd chiedono alla Giunta di prevedere incentivi economici per i medici (pressochè introvabili) che scelgono di lavorare negli ospedali di montagna

Pubblicato:08-10-2020 11:09
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 20:01

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BOLOGNA – L’intenzione di rafforzare i servizi sanitari in montagna c’è, quello che manca è il personale. “È difficile reperire professionisti intenzionati ad andare a lavorare in quelle zone”. Ne parlava due giorni fa l’assessore regionale alla Sanità in Emilia-Romagna, Raffaele Donini, durante l’Assemblea legislativa, spiegando che la difficoltà di trovare medici per le strutture di montagna è un problema che si trascina da tempo in Emilia-Romagna. E ora, con la pandemia di covid in atto, è se possibile ancora più pressante, soprattutto visto che la Regione ha intenzione di investire sempre più sulla sanità territoriale, rafforzando anche le strutture nelle aree di montagna (ne è prova l’annuncio, nel giugno scorso, della riapertura dell’ospedale di Vergato).

Ebbene, dopo è emerso che il tema della mancanza di personale, oggi sul tavolo di Donini è arrivata una richiesta di prevedere incentivi economici proprio per i lavoratori della sanità in Appennino. Un impegno richiesto bipartisan e contenuto in una risoluzione, proposta dalla 5 stelle Silvia Piccinini, col sostegno del Pd e del resto della maggioranza di centrosinistra.

“Come l’emergenza coronavirus ha confermato- sottolinea Piccinini- anche in Emilia-Romagna i servizi sanitari in zone montane e aree periferiche presentano oggettive criticità nella copertura del personale, per evidenti ragioni connesse tra le altre cose alle difficoltà di spostamento, all’assenza di collegamenti di trasporto pubblico nelle ore serali e notturne o nei giorni festivi. Criticità che producono un costante impoverimento dei servizi e di conseguenza l’impossibilità da parte dei cittadini di poterne usufruire come meriterebbero”. Per questo, afferma la 5 stelle, si chiede alla Giunta Bonaccini di “invertire questa tendenza e di farlo in modo concreto”, prevedendo appunto incentivi economici per gli operatori sanitari in montagna. “Misure che sul fronte sanitario devono essere affiancate anche dalla riapertura dei punti nascita“, ammonisce Piccinini. 


Anche la dem Palma Costi rimarca le “preoccupanti carenze degli operatori della sanità” nelle aree montane e periferiche dell’Emilia-Romagna. “Non solo personale dipendente, ma anche medici di base– spiega Costi- una situazione da ricondurre sia alle condizioni oggettive di disagio dovute alle distanze, sia al maggior rischio nella professione dovute alle condizioni non competitive con le aree più densamente popolate e maggiormente servite”. Questo rischia di “creare problemi nell’erogazione dei servizi sanitari nelle aree montane e periferiche- conferma l’ex assessore- creando problemi nella erogazione dei servizi ai cittadini e contribuendo a rendere meno appetibili questi territori”. Anche secondo Costi, quindi, “è necessario un impegno della Giunta per sostenere la scelta di operatori sanitari verso le aree montane e più periferiche e a valutare, nelle more dei contratti di lavoro, anche decentrati, misure di incentivazione economica per il personale sanitario che decida di operare nelle stesse aree”.

La risoluzione alla fine è stata votata anche dal centrodestra, anche se Giancarlo Tagliaferri (Fdi) e Michele Facci (Lega) non lesinano critiche alla Giunta Bonaccini per le politiche messe in campo in questi anni per la montagna e la sanità nei territori più disagiati, giudicate insufficienti. E persino Igor Taruffi, capogruppo di Emilia-Romagna Coraggiosa, pur a favore dell’atto, rimarca come il problema dell’Appennino sia legato alla difficoltà dei collegamenti, invocando una svolta anche sulle infrastrutture.

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