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ROMA – Per prevenire nuovi e più gravi conflitti è essenziale recepire gli apporti delle organizzazioni della società civile, università e think tank compresi: così Bernardo Venturi, direttore dell’organizzazione non-profit Agenzia per il peacebuilding (Ap), dopo il vertice in Moldavia della Comunità politica europea.
L’appuntamento, organizzato in questa fase con cadenza semestrale, si è tenuto giovedì scorso nel Castello di Mimi, a Bulboaca, a poche decine di chilometri dalla regione separatista della Transnistria e dal confine con l’Ucraina. A partecipare capi di Stato e di governo di oltre 40 Paesi del continente, con l’esclusione di Russia e Bielorussia. Sul tavolo sia le prospettive del conflitto in corso in Ucraina, con nuove dichiarazioni del presidente Volodymyr Zelensky su una possibile adesione di Kiev all’Alleanza atlantica, sia i rischi politici e sociali per la vicina Moldavia.
Secondo Venturi, docente dell’Università di Bologna, associate fellow presso l’Istituto affari internazionali (Iai) e autore di studi sui conflitti elaborati in atenei o centri specializzati, anche nella ex repubblica sovietica con capitale Chisinau, “la Comunità politica europea è un formato interessante perché tiene insieme quasi tutti i Paesi del continente e quindi permette una visione più ampia dell’Ue, con l’obiettivo di prevenire nuove crisi e guerre in Europa”.
In un’intervista con l’agenzia Dire, il direttore evidenzia però anche criticità. “A Bulboaca purtroppo non c’è stato un coinvolgimento della società civile, di think tank o di università” sottolinea Venturi. “Di solito in questi vertici c’è un meeting a latere che permette una partecipazione più ampia, un aspetto importante per permettere un supporto nella prevenzione delle crisi”.
Secondo il direttore dell’Agenzia per il peacebuilding, a ogni modo, dal Castello di Mimi sono giunti anche segnali incoraggianti. “Durante questo vertice”, dice Venturi, “così come a Praga sei mesi fa abbiamo visto come l’Azerbaigian e l’Armenia si sono parlati e si sono incontrati per discutere del Nagorno-Karabakh, una terra contesa che negli ultimi mesi ha visto purtroppo ampi scontri armati”.
Un’ultima riflessione ancora sulla Moldavia. “E’ un piccolo Paese, spesso dipinto come il più povero d’Europa e una terra solo di emigrazione” osserva Venturi. “Il vertice ha segnato invece una sorta di riscatto, peraltro tenendosi a metà strada tra la capitale Chisinau e Tiraspol, la ‘capitale’ della zona separatista: si spera che questo tipo di incontri possa in futuro aiutare a risolvere la crisi interna”.
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