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È morto Nick Bollettieri, il coach delle stelle che impose il rovescio a due mani

Il popolarissimo maestro statunitense, figlio di immigrati italiani, aveva 91 anni e stava male da tempo. Tra i suoi allievi Becker, Agassi, le sorelle Williams e Maria Sharapova

Pubblicato:05-12-2022 11:20
Ultimo aggiornamento:05-12-2022 12:29

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ROMA – Nick Bollettieri è morto. Il popolarissimo maestro di tennis che con la sua accademia ha lanciato alcuni tra i più grandi campioni degli ultimi trenta anni del tennis mondiale aveva 91 anni. Aveva allenato tra gli altri Andre Agassi, Boris Becker, Serena Williams, Monica Seles e Maria Sharapova. La sua morte è stata confermata anche sui social da Tommy Haas. Le sue condizioni erano già da tempo critiche.

CHI ERA NICK BOLLETTIERI

Figlio di immigrati italiani negli Stati Uniti, Nick Bollettieri nacque nel 1931 a Pelham, Stato di New York. È stato il pioniere dei grandi coach del tennis, senza mai essere un giocatore d’élite. Prima di aprire la sua leggendaria accademia – la Nick Bollettieri Tennis Academy (NBTA) a Bradenton, in Florida, tutt’ora attiva come IMG Academy – Bollettieri aveva lavorato in varie strutture, cominciando la sua carriera anche come direttore delle attività di tennis al Dorado Beach Hotel di Portorico nei primi anni ’70, struttura di proprietà dei Rockefeller.

I 12 NUMERI UNO ALLENATI DA BOLLETTIERI

Nel 1978 il boom Bollettieri, con la fondazione della sua accademia, una struttura che si sviluppa su più di 600 ettari e che oggi conta più di 50 campi da tennis, in veloce e terra battuta. In Florida sono passati alcuni dei più forti giocatori di sempre, con ben 12 numeri uno al mondo: Jim Courier, Andre Agassi, Boris Becker, Pete Sampras, Marcelo Rios, le sorelle Williams, Maria Sharapova, Jennifer Capriati, Monica Seles, Martina Hingis e Jelena Jankovic. Molti anche gli italiani che si allenarono da lui: da Raffaella Reggi a Sara Errani.


NICK BOLLETTIERI, IL PRIMO E IL PIÙ GRANDE DEI COACH-GURU

La pelle consumata da sole, ripiegata a fisarmonica sotto la canotta bianca. E gli occhiali da sole da “coach”, che prima di lui non erano da “coach” ma dopo sì. Tutto, dopo Nick Bollettieri, è diventato “da coach”. La foto del marine del tennis è quella, con i cartelli dei suoi campioni affissi alla rete della sua Accademia in Florida. Lui col racchettone Prince nero, l’impugnatura continental del giocatore antico e mai davvero bravo, e i muscoli d’un ottantennne che s’alzava tutti i giorni alle 4 del mattino per svegliarsi con 150 addominali.

Prendeva 900 dollari per un’ora di palleggi e non aveva mai giocato un solo torneo di tennis in vita sua. Perché era un guru, il primo di tantissimi – troppi – guru. Il più grande allenatore della storia del tennis, un po’ filosofo. L’abbinamento sintattico che oggi rende ricchi e unici i suoi eredi, per l’epoca era una rivoluzione. “Never give up” è stato il suo motto prima che finisse tatuato su milioni di polpacci di gente che avrebbe mollato mille volte a vita.

QUELLA PROMESSA AL PADRE

“Diventerò il coach di tennis numero uno del mondo!”, disse al padre. “Nick, ma tu non giochi a tennis…”. “Vero, ma imparerò”. Imparò. Ma soprattutto insegnò. E dunque: laurea, servizio militare e poi, nel 1954 corsi di legge alla University of Miami. Dura pochissimo, perché inizia a a lavorare come aiuto-allenatore alla Wayland academy tennis camp. Per molto, moltissimo tempo guardò e non toccò. E ripensò la preparazione del tennista moderno. Fu il primo a teorizzare la qualità al posto della quantità. Il “poco ma buono”. “Agassi si allenava due ore al giorno, eppure…“, raccontò.

LA MITICA ACCADEMIA A BRADENTON

Nel 1978, lo sanno tutti, apre la sua accademia a Bradenton, in Florida. L’idea del college fu una rottura: “I ragazzi vivranno dentro l’accademia”. Studio e allenamenti. E una dannazione: tutti avrebbero dovuto amare il tennis. L’amore alla base di tutto. Fa un po’ ridere che uno dei suoi prodotti migliori, Agassi, avrebbe vinto tutto odiandolo, quel gioco maledetto. Per amare il gioco, devi vivere con il gioco, ripeteva. Quindi all-in: tennis dalla mattina alla sera, anche di notte se serve. “All’Accademia avete l’opportunità di diventare dei professionisti. Se ci riuscite non vi chiederò soldi, ma permetterò ad altri di fare la vostra stessa esperienza”. Le borse di studio, per allevare vincenti. Nasce il power tennis come industria del successo.

COME BOLLETTIERI HA CAMBIATO IL TENNIS

Bollettieri non ha solo cambiato la gestione degli atleti, ha modificato il gioco stesso a livello tecnico. Intuirà la direzione muscolare che avrebbe preso il tennis, la potenza, la fisicità, il martellamento degli scambi da fondo. “Il tennis nei prossimi 50 anni sarà sempre più basato sulla velocita e la potenza”. Invertendo anche inconsapevolmente causa ed effetto: sarà così, ma anche per merito suo. Bollettieri “impone” il rovescio a due mani. Lo fa diventare uno standard. “È vero, tanti giocatori hanno un rovescio a una mano bellissimo. Ma alla fine chi vince i grandi tornei? Tutti i rovesci a due mani. Perché? Perché col rovescio a una mano devi essere sempre perfettamente bilanciato, sempre posizionato perfettamente. Altrimenti non ti perdona“. O più che altro avrebbe perdonato solo gli alieni: Sampras, Becker, Edberg, Federer.

IL PRIMO MENTAL COACH DELLA STORIA

Inventerà una nuova tipologia di allenamenti per aumentare la resistenza, anche quella mentale. È il primo “mental coach” della storia, senza manco saperlo. Avanti di dieci anni. Bollettieri produrrà numeri uno in serie, una batteria di campioni: Agassi, Becker, Rios, Courier e Sampras, Serena e Venus Williams, Sharapova, Seles e Jankovic, Capriati e Hingis fra le donne.

IL RAPPORTO CON LA FAMIGLIA WILLIAMS

In particolare raccontava spesso del rapporto con Richard Williams, tanto padre di tante sorelle: “Quando venne da me, gli chiesi: ‘Richard, cosa vuoi che faccia con le tue figlie?’. Lui mi rispose: ‘Se lo sapessi, non te le avrei mai portate. Io sono qui solo per fare colazione'”. Con le Williams era metodo Bolliettieri in purezza: “Le nostre sessioni di allenamento non erano semplici allenamenti, l’atmosfera era molto simile alle finali di uno Slam“.

QUANDO BOLLETTIERI ‘SALVÒ’ AGASSI

L’altro capitolo iconico della sua carriera ha a che fare con un altro padre un po’ oscuro, Mike Agassi: “Erano le tre di notte quando Mike Agassi mi chiamò: ‘Mister Bollettieri, mio figlio non continuerà ad allenarsi con la federazione americana. L’ho vista in tv al programma 60 Minutes: mi può aiutare?’. Gli offrii il 50% di sconto sulla retta; poi palleggiai due minuti con Andre e gli dissi che non avrebbe pagato un centesimo. Mi vien da sorridere quando ha dichiarato che Andre è rimasto solo un paio di mesi nella mia accademia, quando invece ci ha vissuto nove anni. E anche quando dice che sua figlia Tami non ha mai giocato e invece le regalai una borsa di studio”.

Nick Bollettieri era un brand: l’incarnazione del sogno americano. Ha sfornato slogan, ha calamitato visibilità: “Ciò che entra alla Bollettieri Academy, è della Bollettieri Academy”. Era un marchio a fuoco sulle vite degli altri. Il campione sarebbe stato un suo campione. A questo servivano le borse di studio: erano investimenti. Sarà anche molto generoso, e questo eccessivo evergetismo lo avrebbe portato vicino alla bancarotta prima che nel 1987 la International Management Group rilevasse l’accademia lasciandogli il compito di dirigerla.

LE OTTO MOGLI E IL SEGRETO DELLA FELICITÀ

Bollettieri ha sparpagliato vita ovunque. Un godereccio. Le otto mogli – otto – dicono che parlare con lui è un esperienza da provare almeno una volta nella vita: “Quando ti parla, anche se per pochi secondi, ti dà l’impressione che in quel momento tu sia la persona più importante che ci sia al mondo“. Invece era lui, più o meno. E non si negava a nessuno. Era un mito per prossimità. Alla 34esima di ST W, a Bradenton, Florida, bastava bussare al civico numero 34210, e si aprivano le porte.

Un giornalista una volta chiese all’84enne Bollettieri il segreto della sua durevole felicità. Lui dettò una ricetta: “Non tocco alcol. Mangio un po’ di tutto, anche carne e pesce, ma sto attento al pane e alla pasta. Anche se il mio cibo preferito restano peanut butter e jelly (burro di arachidi e gelatine). E poi gioco a golf e faccio surf. Ma alla fine il segreto è un altro… L’atteggiamento. Ci sono persone che si alzano al mattino e pensano potrei fare questo, potrei andare là, poi dicono ma no, chi me lo fa fare, e tornano a casa a dormire. Io a 84 anni mi alzo ogni mattina con un atteggiamento positivo, pieno di voglia di vivere e di vedere e di fare. Un’attitudine positiva rende possibile l’impossibile. A volte basta sorridere, basta mandare impulsi positivi al proprio cervello; è tutto diventa più semplice. E tutto diventa più bello”.

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