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Affidi di Minori in Emilia Romagna, lo psicologo: “Non in discussione il sistema lavoro”

Cirillo è formatore e supervisore in Italia, e in diversi Paesi europei, nel campo dell'affido familiare e della tutela dei minori e delle tossicodipendenze

Pubblicato:05-07-2019 15:37
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 15:33
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BOLOGNA – Ad accertare eventuali responsabilità saranno i giudici, ma il sistema sociale di tutela dei minori che lega magistratura, servizi sociali e psicoterapeuti non va messo in discussione. Sull’inchiesta “Angeli e Demoni” avviata dalla Procura di Reggio Emilia interviene- con un punto di vista equilibrato- lo psicoterapeuta Stefano Cirillo, tra i fondatori del Centro per il bambino maltrattato (Cbm) di Milano, codirettore della scuola di psicoterapia ‘Mara Selvini Palazzoli’ (fondata nel 1993 con sedi a Milano, Torino, Brescia e Mendrisio, in Svizzera) e pioniere del trattamento dei genitori maltrattanti inviati dal tribunale.

Cirillo è formatore e supervisore in Italia, e in diversi Paesi europei, nel campo dell’affido familiare e della tutela dei minori e delle tossicodipendenze, e si è dedicato recentemente alle terapie di uomini abusati nell’infanzia, dopo aver svolto per anni attività clinica e di ricerca sulle psicosi e sulle anoressie mentali.

Parlando alla Dire il professionista, che nella sua scuola pratica il modello terapeutico ‘sistemico familiare’, chiarisce in primo luogo la delicatezza del lavoro degli psicologi e degli assistenti dei servizi sociali pubblici per evitare che questo caso faccia di tutta l’erba un fascio.


“Ho lavorato tanto sul tema dell’abuso sessuale, ma ho avuto un ruolo soltanto terapeutico. Ho visto tanti uomini adulti che sono stati abusati nell’infanzia e tanti padri abusanti che sono stati condannati. All’inizio negavano di aver abusato del figlio o della figlia, poi pian piano lo hanno ammesso. È necessario, quindi, che ancor prima del lavoro svolto dal terapeuta, ci sia qualcuno che faccia i dovuti accertamenti perché il genitore maltrattante o abusante non lo riconosce e chiede aiuto”.

I servizi sono sotto l’occhio del ciclone “perché l’accusa- continua Cirillo- è che si siano inventati degli abusi, o li abbiano ingigantiti, e che comunque abbiano utilizzato delle tecniche di indagine che possono essere suggestive. È ovvio che non vanno fatte domande suggestive- chiarisce lo specialista- i falsi positivi sono una catastrofe, così come lo sono i falsi negativi. Le critiche che hanno ricevuto questi colleghi porteranno la polizia e la magistratura a fare chiarezza. Il colloquio è stato svolto con modalità scorrette ed è chiaro che può rappresentare un danno enorme per il bambino e la famiglia. Voglio, tuttavia, sottolineare che non è una materia semplice, ci sono parecchi studi che dimostrano che le false ritrattazioni sono più frequenti delle false denunce. Un bambino può aver rivelato un abuso, poi ritrattarlo anche se sia vero  e solo per paura di essere abbandonato. È una materia estremamente complessa e scivolosa e non è corretto fare di tutta l’erba un fascio e dire che le tecniche di conduzione del colloquio siano poco fondate scientificamente”.

Si tratta di un lavoro che “espone a dei falsi, che possono essere sia positivi che negativi ed è molto frequente che la gente sottovaluti la realtà di un maltrattamento, di una trascuratezza o di un abuso. È una cosa talmente tanto brutta che si rischi di banalizzarla e negarla, perché è molto difficile credere che la famiglia, che dovrebbe essere un luogo di cura, possa diventare un luogo di violenza”.

A tal proposito, ricordando la presentazione del suo libro ‘La famiglia maltrattante’ (scritto con Paola Di Blasio nel 1989), lo psicoterapeuta racconta un aneddoto: “Il tipografo che faceva gli inviti per la serata, in due luoghi totalmente indipendenti, ha scritto ben due volte sulla locandina ‘la famiglia maltrattata’”. Quindi, riprende Cirillo, “il rischio prevalente è quello del falso negativo, cioè che gli operatori pensino che non c’è niente, quando invece qualcosa c’è. È chiaro che esiste anche il rischio del falso positivo, cioè che gli operatori vedano un maltrattamento dove invece non c’è, tuttavia dobbiamo ricordare che è importantissimo che qualcuno abbia uno spirito libero e sia disponibile a credere che esista il maltrattamento o l’abuso”.

Il secondo pilastro è poi per Cirillo quello dei tribunali: “Nessun abusante o maltrattante arriva in terapia spontaneamente da solo. Negli anni 2000 non è come ai tempi della rupe Tarpea, da dove a Sparta venivano buttati giù i bambini malformati. Oggi la gente si vergogna di essere un abusante o un maltrattante. Non sono come Rousseau che nelle sue ‘Confessioni’ diceva di non vergognarsi di aver abbandonato tutti i figli che aveva avuto. Per essere una brava persona oggi bisogna essere anche un bravo genitore, altrimenti ci si sente un cittadino riprovevole. La gente, però, non chiede aiuto ed è possibile lavorarci solo se li manda il tribunale. L’alleanza tra la clinica e la magistratura è quindi necessaria. In tutti i Paesi d’Europa si interviene grazie all’invio coatto. Poi spetta all’operatore- sottolinea Cirillo- creare le condizioni perché le persone si fidino e si aprano”.

Mentre sul caso divampa lo scontro politico, il professionista non si sente di condannarlo in toto. “Alcune accuse che possono essere fatte dalla politica possono avere un senso”, dice Cirillo. “Le operazioni di assegnazione degli incarichi da parte dell’Ausl devono rispondere a dei criteri di trasparenza. Quindi se la politica dice che in alcune circostanze ci possono essere state collusioni di interesse, forse su questo hanno anche il diritto di dire la loro. Certo non sulle tematiche cliniche tecniche, giuridiche e sociali che non conoscono. Possono farlo in quelle amministrative “.

A livello personale, infine, lo psicoterapeuta osserva: “A me in questa vicenda è sembrata un po’ pretestuosa l’accusa che ci possa essere stato un mercato di bambini in affido. Se possiamo pensare che una persona per avere un bambino – nel caso in cui fallisca la fecondazione assistita e lo voglia assolutamente in adozione – è disposta a comprarlo, ci posso credere. Ma che uno voglia avere un bambino in affido per interesse, francamente mi riesce difficile poiché è un grandissimo impegno e una grandissima fatica. Inoltre il rimborso spese che la famiglia affidataria deve per legge ricevere non è certo principesco”.

Poi “se qualche volta possono essere state poco trasparenti le maniere in cui si reclutano le famiglie affidatarie, a me non scandalizza che un servizio sociale che ha cinque bambini che non vuole nessuno si rivolga alle persone di sua conoscenza”. Naturalmente però, conclude Cirillo, “queste persone devono entrare in una prassi di selezione controllata, trasparente e corretta”.

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