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Ex terrorista scarcerato, oggi vive in strada a Torino. L’appello: “Va aiutato, può far male”

La storia di Elmahdi Halili. giovane italo-marocchino, oggi senza fissa dimora e in forte disagio psicologico dopo la condanna per terrorismo

Pubblicato:05-02-2024 19:00
Ultimo aggiornamento:05-02-2024 19:00

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TORINO – Arrestato per due volte nel 2015 e nel 2018 con l’accusa di terrorismo e di legami con l’Isis, in carcere la sua salute mentale ha avuto un tracollo. Dopo aver scontato la sua pena, tra Torino e Sassari, è stato rimesso in libertà. Ma la sua espulsione dall’Italia, per intoppi burocratici, non è stata eseguita. E anche la sua famiglia lo ha abbandonato a se stesso. Così oggi vive in strada, a Torino, in condizioni di disagio sia materiale sia psicologico. E’ la storia di Elmahdi Halili, 29enne italo-marocchino, oggi riportata alla luce (dopo le notizie di cronaca degli anni scorsi) dall’imam di Torino, Gabriele Iungo, che si è preso a cuore il destino del giovane.

L’IMAM: “SERVE SUPPORTO IMMEDIATO”

Iungo si sta occupando infatti di assistere Halili “nei suoi bisogni essenziali. Per ovvie ragioni umanitarie- spiega- ma anche per monitorare la sua situazione ed evitare che emarginazione, disagio e influenze ideologiche lo possano spingere, tanto più in un periodo in cui le tensioni in Medio Oriente sono al loro apice, a compiere gesti violenti e irreparabili“. L’imam di Torino ne parla in un appello lanciato alle istituzioni, locali e nazionali, perchè al giovane venga fornito un “supporto assistenziale immediato”. Ma, allo stesso tempo, anche perchè venga colmato un “vuoto normativo” che oggi porta ad avere vicende come quelli di Halili, “per impedire il ripetersi di casi analoghi”. L’appello di Iungo viene rilanciato anche dal presidente dell’Ucoii, Yassine Lafram, che si appella in particolare al Ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, perchè si interessi “con celerità” della vicenda del giovane italo-marocchino.

UCOII: “PREVENIRE RADICALIZZAZIONE”

L’Unione delle comunità islamiche d’Italia, grazie a un protocollo siglato nel 2015 col Ministero della Giustizia, “garantisce il servizio di assistenza spirituale nelle carceri italiane, nell’ottica di prevenire episodi di radicalizzazione o di orientamento dei soggetti a rischio”. Quello dell’imam di Torino per Halili, dunque, “è un appello che condividiamo con senso di urgenza e responsabilità– afferma l’Ucoii- testimone di un impegno civico e religioso nato e proseguito in seno alle istituzioni, e che proprio alle istituzioni del nostro Paese si rivolge costruttivamente, con spirito di servizio e nell’ottica di un’alleanza civile volta alla tutela ed alla sicurezza della nostra società italiana”.


I TENTATIVI DI ASSISTENZA E IL CROLLO PSICOLOGICO

L’imam di Torino, che opera dal 2021 all’interno del carcere minorile Ferrante-Aporti di Torino, è entrato in contatto con Halili in carcere e, “nonostante l’assenza di protocolli adeguati- riferisce- ebbi l’opportunità di stabilire con lui un buon rapporto personale, introducendolo altresì a una graduale diversificazione dei suoi riferimenti ideologici. Fu così possibile porre le premesse di un positivo percorso di recupero sociale, poi bruscamente interrotto dal suo trasferimento (nel carcere di Sassari in regime di massima sicurezza, ndr) e dall’alterazione del suo equilibrio psicologico“. In Sardegna il giovane interruppe ogni comunicazione con l’imam, il quale provò a “preparare le condizioni socio-assistenziali in vista del suo rientro in società dopo la scarcerazione”, prendendo anche contatti con la famiglia. Ma, spiega Iungo, “l’assenza di un’adeguata cornice istituzionale, che potesse inquadrare e sostenere formalmente questo approccio di carattere preventivo, anche tramite il coinvolgimento trasversale di soggetti pubblici ed enti del terzo settore, rese vani tali tentativi”.

“ABBANDONATO A SE STESSO”

A fine di luglio del 2023, il giovane italo-marocchino è stato scarcerato. Gli è stata revocata la cittadinanza italiana ed è stato colpito da un decreto di espulsione, racconta ancora Iungo, ma dopo essere stato trasferito in un Cpr il suo allontanamento è stato “impraticabile per ragioni burocratiche”. Tornato quindi a casa, la famiglia lo ha allontanato dopo pochi giorni a causa anche dello stato di salute mentale. E così da allora vive da senza fissa dimora per le strade di Torino. L’imam spiega: “Nonostante la disponibilità dei soggetti pubblici, la mancanza di documenti in corso di validità ha ostacolato finora l’inserimento di Halili nei circuiti di assistenza sociale, e l’assenza di protocolli specifici per la gestione di queste circostanze sembra inibire un intervento istituzionale efficace”.

L’APPELLO DELL’IMAM E DELL’UCOII

Da qui nasce dunque l’appello di Iungo e dell’Ucoii. “E’ evidente che attenuare e porre rimedio alle condizioni di privazione in cui il giovane è relegato costituisce non soltanto un dovere umanitario, ma anche e soprattutto un’esigenza urgente legata alla tutela dell’ordine pubblico e della sicurezza dei nostri concittadini, affinché il ragazzo, disagiato e abbandonato a se stesso, non rappresenti un pericolo per sè e per gli altri”. Aiutarlo, tra l’altro, sarebbe “la dimostrazione che il nostro Paese, dopo aver sanzionato con severità, sa poi accompagnare con l’umanità che lo contraddistingue- sostiene Iungo- sarebbe la miglior risposta e l’antidoto più efficace alle propagande estremiste, tanto più in un’epoca di crescenti tensioni politiche e sociali“. In questo senso, l’imam di Torino chiede anche che “le comunità islamiche dei nostri territori possano ottenere un maggior riconoscimento e supporto nel loro ruolo naturale di operatori della prevenzione e del contrasto alla violenza e agli estremismi”.

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