Dall’esperienza del progetto ‘Ritirati ma non troppo’, dedicato al sostegno online alle famiglie con ragazzi hikikomori, promosso dall’IdO con il supporto della Fondazione Mite, è nato lo spunto per sviluppare il videogioco ‘Nostalgici anonimi’. “Si tratta di una visual novel, disponibile gratuitamente su Steam, che parte dall’analisi delle narrazioni più comuni e vicine agli hikikomori per capire meglio il linguaggio con cui comunicano”. Lo spiega Jacopo Mascolini, game director e writer del videogioco. Gli fa eco Magda Di Renzo, responsabile del servizio Terapie dell’IdO, che su ‘Nostalgici anonimi’ precisa: “Nasce proprio con l’intento di trovare un modo in cui consentire a questi ragazzi di esprimersi”.
“Nel ritorno alla socialità – di queste ultime settimane – sto notando da parte delle persone un disagio maggiore rispetto a quanto successo dopo il primo lockdown. Paradossalmente, se da una parte è vero che c’è voglia di libertà, dall’altra poi in molti non si lasciano andare così tranquillamente all’idea di ricominciare a frequentare palestre o piscine, per esempio. Questo è quello che si avverte al di là di ciò che si potrebbe pensare vedendo bar e ristoranti aperti”. A dirlo è lo psichiatra Carlo Valitutti, riflettendo sull’allentamento delle restrizioni nell’Italia in ‘zona bianca’.
“Solo il 30% delle persone a cui viene fatto un tso viene visto nei 14 giorni successivi alla dimissione di un ricovero. Non c’è continuità della cura, probabilmente per problemi di dotazione e organizzazione nei vari territori”. A dirlo è Fabrizio Starace, presidente Siep, riflettendo sulla condizione della salute mentale in Italia. “Le disuguaglianze territoriali nel nostro Paese sono marcatissime e addirittura intollerabili, specie quando si considera che l’assistenza psichiatrica non è come un intervento chirurgico di cui una persona può fruire spostandosi da una regione all’altra e andando in un centro di eccellenza”, sottolinea Starace.
“Quando parliamo di incongruenza di genere non parliamo di una malattia mentale, né di una patologia. L’elemento da prendere in carico è la sofferenza generata dalla condizione vissuta e anche dal vivere in un ambiente transfobico”. A dirlo è Jiska Ristori, psicoterapeuta del servizio di incongruenza e disforia di genere dell’Ospedale Careggi di Firenze.
Scoprire l’impatto che l’utilizzo delle mascherine ha avuto sulla relazione tra psicoterapeuta e paziente e sul processo analitico. È l’obiettivo con cui l’Associazione italiana di psicologia analitica (Aipa) ha avviato una ricerca, rivolta sia a psicoanalisti e psicoterapeuti a orientamento dinamico che ai loro pazienti, intitolata ‘Eyes without a face’. Per ciascun gruppo è stato approntato un questionario, disponibile online, da compilare in forma totalmente anonima. Compilando il questionario, i partecipanti risponderanno, tra le altre, a domande relative ai loro sentimenti rispetto all’indossare la mascherina durante la terapia e a cosa provano al pensiero di tornare a fare le sedute di psicoterapia a volto scoperto.
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