NEWS:

Riforma del processo civile, primi contrasti su violenza di genere e affido dei minori

Gli emendamenti presentati a prima firma dalla dem Valeria Valente non piacciono al centrodestra e in particolare al leghista Simone Pillon

Pubblicato:01-08-2021 12:41
Ultimo aggiornamento:01-08-2021 12:41

papà mamma figlio
FacebookLinkedInXEmailWhatsApp

ROMA – Mentre in questi giorni si dovrebbe chiudere la partita della riforma del processo penale alla Camera, in Senato va avanti quella relativa alla riforma del processo civile. Sul tavolo, soprattutto, le situazioni di violenza domestica nelle separazioni civili con affido, e le differenti impostazioni di centrosinistra e centrodestra. Da una parte gli emendamenti presentati in Commissione Giustizia dal Pd e che hanno avuto già l’appoggio anche di buona parte delle altre forze politiche presenti in Commissione Femminicidio (M5S, Italia Viva, LeU, Forza Italia, Alternativa C’è), dall’altra il centrodestra rappresentato da Lega e Fratelli d’Italia.

LEGGI ANCHE: La senatrice Valente: “Cambiare le norme nelle separazioni civili, no alla Pas e più tutele”

Gli emendamenti presentati a prima firma dalla dem Valeria Valente non piacciono al centrodestra. Nei punti voluti dalla senatrice dem, anche presidente della Commissione femminicidio, si vuole infatti limitare di molto il potere delle Consulenze tecniche d’ufficio (Ctu) e delle perizie, ma soprattutto si vuol far emergere la violenza in modo tale che venga ‘letta’ nel civile. Quando violenza c’è, sostengono i democratici, va fatta emergere anche attraverso procedimenti incidentali, dunque evitando di emettere sentenze sulla potestà genitoriale incentrate solo sulle Ctu. Tra gli emendamenti presentati si chiede poi di garantire che il diritto alla bigenitorialità non schiacci il ‘prevalente interesse’ del minore, si chiede di escludere la Pas dalle Ctu, e specialmente che i bambini siano ascoltati nelle cause di separazione, sia in caso di violenza che non.


Su questi punti si sta alzando la resistenza del centrodestra, in particolar modo di Simone Pillon. Il senatore leghista teme che la lotta alle forme di violenza in famiglia, ritenuta giusta, possa essere usata alla lunga come grimaldello per alterare il processo di separazione e divorzio. Secondo Pillon c’è il rischio che genitori “senza scrupolo possano privare il minore della bigenitorialità senza lo straccio di una prova”, semplicemente allegando ‘presunti’ atti di violenza e senza chiedere il necessario controllo del giudice.


Lega contraria anche all’altro emendamento presentato dal Pd, quello dell’interesse prevalente del minore ‘che non deve essere schiacciato dal diritto della bigenitorialità. Secondo la Lega, in questo modo, si manda in soffitta la ricerca di un bilanciamento tra bigenitorialità e preminente interesse del minore. Affermare che il primo aspetto non possa mai prevalere sul secondo, tuonano i leghisti, entra in conflitto con la sentenza 85 del 2013 della Corte Costituzionale, secondo cui tutti i diritti fondamentali sono integrati reciprocamente e non si può individuare quale prevalga sull’altro. Questo, secondo Pillon e la Lega, spingerebbe sempre più verso la disgregazione della famiglia.

Su questo aspetto però i dem non transigono e impugnano il parere della Commissione Affari costituzionali del Senato, che solo dieci giorni fa aveva raccomandato di rivedere la materia dell’affido condiviso prevedendone anche l’esclusione in presenza di violenza domestica e garantendo che la bigenitorialità non possa mai prevalere sul principio, sviluppato a livello sovranazionale, del preminente interesse del minore. Su tutti questi punti si punta ad una mediazione ma il Pd, forte dell’appoggio della quasi totalità dei membri della Commissione Femminicidio, conta di portare avanti la propria battaglia. Secondo i dem infatti, gli emendamenti presentati non sono paragonabili a quelli di Pillon, di fatto appoggiati solo da Fratelli d’Italia.

Le notizie del sito Dire sono utilizzabili e riproducibili, a condizione di citare espressamente la fonte Agenzia DIRE e l’indirizzo www.dire.it