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Decreto Salvini, Lotta (Vis): “Incoerente e si usano male fondi europei”

Il presidente: "Solo entrando in relazione si vincono le paure"

Pubblicato:26-10-2018 15:56
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 13:43

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ROMA – Il decreto Sicurezza e immigrazione presenterebbe vari punti di incoerenza, a partire dall’allungamento dei tempi della detenzione, in parte “finanziati” da un fondo europeo dedicato all’integrazione. Poi c’è la riduzione delle tutele umanitarie, che aumenta gli irregolari, e non ultimo il fatto di mescolare in uno stesso dispositivo di legge immigrazione e protezione umanitaria con contrasto al terrorismo e alla criminalità mafiosa. Queste le critiche mosse da Nico Lotta, presidente del Vis, Volontariato internazionale per lo sviluppo. Come molti altri rappresentanti dal mondo del Terzo settore, Lotta dà voce alle proprie perplessità, a 30 giorni dalla conversione del decreto in legge. L’intervista con l’agenzia ‘Dire’ comincia dal “punto debole” della riduzione delle tutele umanitarie, che lasciano nell’irregolarità molte più persone rispetto al meccanismo precedente.

Per spiegare il punto Lotta cita la ricerca del professore di Economia Paolo Pinotti, della Fondazione De Benedetti: “Dimostra che i livelli di crimini commessi dai migranti regolari sono in linea con quelli degli italiani. Se consideriamo i migranti irregolari invece i tassi di criminalità raddoppiano. Quindi, un decreto che aumenta il numero degli irregolari per logica aumenterà anche l’insicurezza nel Paese”. In che modo? “Un individuo privo dei documenti avrà meno possibilità di trovare un lavoro o corsi formativi, diventando preda di quelle organizzazioni criminali o dei caporali che hanno bisogno di manodopera a basso prezzo”.


Oltre alle tutele legali, secondo il presidente del Vis, le politiche sui migranti devono tener conto dell’integrazione, “unica garanzia di successo” per creare convivenza e crescita “tanto per la società ospitante quanto per il migrante stesso”. “Questo decreto invece va nella direzione opposta, perché disintegra. Pensiamo all’attacco al modello Sprar (Sistema di protezione richiedenti asilo e rifugiati), dove i richiedenti asilo non saranno più ammessi. Eppure è l’unica esperienza di integrazione che ha funzionato nei Comuni”.

Altro elemento di disintegrazione è “l’aumento dei tempi di detenzione nei Centri di permanenza per il rimpatrio. Più si dilatano – osserva Lotta – più si aumentano anche le possibilità che il migrante finisca nelle reti criminali. Il paradosso – osserva il presidente del Vis – è che all’interno del decreto, per coprire parte dei costi di questa maggiore detenzione si fa riferimento al fondo europeo Fami, da un milione e mezzo di euro”. Il Fami è il fondo Asilo, migrazione e integrazione, ideato, ricorda Lotta, “per garantire l’integrazione all’interno degli Stati membri e per favorire rimpatri che rispettino i diritti umani”. Ora , secondo il presidente del Vis, “il nostro governo lo utilizza per finanziare di fatto la detenzione”.

Ma cosa si può fare per incoraggiare l’integrazione? “Ragioniamo con le persone” risponde Lotta. “In Italia cresce la paura per lo straniero. La paura non si giudica, ci si lavora su. Noi proponiamo il confronto attraverso strumenti didattici per le scuole o corsi di formazione per professionisti”. L’obiettivo è “offrire una chiave positiva: la migrazione, se ben gestita, può essere un fattore di sviluppo per il migrante, per il Paese da cui proviene, nonché per il paese che lo accoglie”.

Lotta ricorda tra le altre cose il concorso per un centinaio di scuole medie e superiori in tutta Italia, ‘Io non discrimino… io cerco di discernere’, realizzato in collaborazione col Miur. Si tratta di un’iniziativa più ampia, finanziata dall’Aics, l’Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo. “I ragazzi si sono cimentati in brevi spot video sul tema, con risultati interessanti” sottolinea Lotta. E le reazioni? “Sempre stimolanti. Una volta in una classe, un ragazzo ci ha contestato che i migranti ‘ci rubano il lavoro’, ‘non sono come noi’. Così gli ho chiesto: allora come vivi il rapporto col compagno straniero che è nella tua classe? E lui mi ha risposto: ‘Che c’entra, quello è Albert’. E’ un esempio valido anche per gli adulti: nel momento in cui si entra in relazione con l’altro, ci si guarda negli occhi, quella minaccia diventa una persona in carne ed ossa: un amico, un compagno, un vicino. Solo così si costruisce integrazione”.

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