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Iran, l’attivista per i diritti Moghaddam: “Europa, fai pressioni”

Fondatore ong alla Dire: "Unica speranza contro abusi e pena morte"

Pubblicato:16-04-2019 16:52
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 14:22

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ROMA – “L’esperienza degli ultimi 40 anni ci dimostra che solo le forti pressioni della comunità internazionale possono aiutare a cambiare le scelte delle autorità in Iran in materia di pena di morte e diritti umani”. Così alla ‘Dire’ Mahmood Amiry Moghaddam, fondatore e portavoce di Iran Human Rights (Iranhr), un’organizzazione che si batte per i diritti umani nel Paese persiano. Moghaddam ha illustrato i dati del report annuale di Iranhr sulla pena di morte, tema su cui la Federazione italiana per i diritti umani (Fidu) ha organizzato una conferenza stampa al Senato.

“Abbiamo due esempi che ce lo dimostrano”, ha detto Moghaddam. “Primo, la sospensione della pena per lapidazione. Secondo, la riduzione del ricorso alla pena di morte per i reati collegati al traffico e consumo di droga”.


Risultati positivi a cui si è arrivati “grazie a una forte pressione in particolare dell’Unione Europea, che è risultata la principale leva grazie alla quale il governo di Teheran ha deciso di introdurre modifiche”. Per Moghaddam infatti il ruolo dell’Unione europea è fondamentale: “E’ il principale interlocutore dell’Iran sul piano politico ed economico” sottolinea. “Ecco perché è la nostra speranza”.

L’Iran, Paese che applica la Sharia, la legge islamica, sulla pratica delle esecuzioni segue la tendenza mondiale di riduzione, ma la situazione resta comunque grave: 273 le persone uccise sulla base di una condanna giudiziaria nel 2018. Se da un lato risulta la cifra più bassa degli ultimi 25 anni – nel 2015 si era toccato il record di 972 – per gli esperti non basta, dal momento che il boia interviene ancora per molti reati quali l’omosessualità, l’infedeltà coniugale o “la guerra contro Dio”, un reato simile all’apostasia. Preoccupa anche che le esecuzioni avvengano sulla pubblica piazza, spesso sotto gli occhi dei bambini, a mo’ di monito. Il fondatore di Iran Human Rights denuncia che “le 273 esecuzioni sono quelle che siamo riusciti a confermare, ma il numero potrebbe essere più alto”, perché non sempre le autorità rendono pubblici questi dati. Inoltre, “tra questi casi, sette hanno riguardato minori. L’Iran è l’unico Paese al mondo che condanna a morte gli under 18”.

Tuttavia la riduzione osservata, spiega Eleonora Mongelli di Fidu, è legata alla riforma della legge sugli stupefacenti del 2018, che ha ridotto i casi in cui scatta la pena capitale per chi compie questi reati. Prima – evidenzia Mongelli – si rischiava il boia anche per pochi grammi di droga. Però, torna a dire Moghaddam, chi è condannato a pagare con la vita per spaccio o consumo di droga “spesso proviene da contesti di forte povertà quindi ha meno mezzi per difendersi, sfuggendo anche alle campagne mediatiche”. L’attivista denuncia processi sommari e confessioni estorte con torture, soprattutto nel caso di esponenti della minoranza curda o di persone accusate di corruzione. “E’ un modo delle autorità – dice l’esperto – per dare un segnale di ‘buona volontà’ dopo le forti proteste contro la crisi economica” che sta colpendo l’Iran. E non è andata meglio per chi si è battuto per i diritti umani, secondo l’attivista: “Il 2018 è stato un anno orribile per gli attivisti, soprattutto avvocati, condannati anche a dieci anni di reclusione. Una repressione senza precedenti, ma non casuale: è effetto delle proteste a cui per la prima volta si sono aggiunti cittadini delle classi medio-basse, che tradizionalmente costituiscono la base del consenso per la Repubblica islamica”.

Secondo il fondatore di Iranhr, per uscire da questa situazione “è tempo che i rapporti economici tra l’Iran e l’Occidente migliorino, così da migliorare anche le condizioni di vita della popolazione”. Aggiunge Antonio Stango, presidente della Fidu: “L’Europa sta in vari modi cercando di aggirare le sanzioni economiche imposte dagli Usa per poter mantenere i propri interessi economici in Iran. Un’azione a cui, a mio avviso, devono anche accompagnarsi pressioni per migliorare i diritti umani e le libertà personali”.

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