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Black Post, un video (e 4 righe) per “dare voce a chi non ha voce”

I giornalisti della testata scrivono, leggono e riflettono. Sulla cittadinanza, il colore della pelle, i pregiudizi e i diritti

Pubblicato:19-05-2023 12:47
Ultimo aggiornamento:19-05-2023 15:19

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ROMA – “Non posso partecipare ai concorsi pubblici”. “I miei compagni di scuola andavano in gita all’estero, io dovevo restare a casa”. “La gente dà più importanza al mio colore della pelle”. “Faccio fatica a trovare una casa in affitto a causa dei pregiudizi”. Sono queste alcune delle tante difficoltà che circa due milioni di giovani senza cittadinanza incontrano nel nostro Paese. Si tratta di bambini e ragazzi nati o cresciuti in Italia, ma a cui la legge permette di ottenere la nazionalità italiana solo dopo il compimento dei 18 anni, o dopo 15 anni di residenza continuativa, rendendo l’ottenimento dei documenti difficoltoso nonché impedendo l’accesso a tanti diritti che hanno a che fare col mondo della scuola, dello sport e del lavoro. A lanciare l’appello affinché “si dia voce a chi non ha voce” è The Black Post, giornale online con base a Roma esclusivamente redatto da persone con origini migranti.

CINQUE GIORNALISTI E 14 MINUTI

La testata, in collaborazione con Bonfire, ha realizzato “4 Righe”, un video di 14 minuti che porta sullo schermo un esperimento: ha invitato cinque dei propri giornalisti a scrivere su un cartoncino che cos’è che quotidianamente lo fa sentire diverso. Ognuno di loro poi, ad esclusione del proprio, ne legge uno ad alta voce, aggiungendo commenti e suggerimenti.

DI SANGUE O DI CULTURA

“Ho studiato nelle scuole italiane all’estero dove, immerso nella cultura italiana, sono cresciuto imparando a sentirmi italiano” ha scritto uno di loro. “Una volta in Italia invece mi sono sentito diverso e questo ha compromesso anche la ricerca di una casa in affitto”. “Perché per pagare le tasse sono italiana, mentre da altre attività resto esclusa?” si domanda una delle redattrici, che osserva: “Questo è svilente e ti fa pensare che sarebbe meglio andartene”.


L’identità non è qualcosa che sta su carta. Ma quando poi arriviamo davanti a un funzionario, che la mette in discussione, ci fa scattare i dubbi e ci fa sentire estranei” dice una sua collega. “L’italianità non è una questione di sangue” sottolinea un altro cronista. “La cultura dovrebbe unire, per questo sarebbe importante approvare lo Ius culturae”. Un riferimento, questo, alla proposta di legge che propone di riformare la legge accordando la nazionalità a chi ha completato almeno uno dei tre cicli della scuola dell’obbligo.

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