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Il dramma di Maria: vittima delle frane, vive nella scuola dove lavora. Ma le suore stanno per chiudere l’Istituto

Succede a Bologna, all'Istituto Santa Giuliana. La chiusura dell'Istituto che fa da scuola e convitto sarebbe prevista il 31 agosto. Studentesse con la tenda in strada

Pubblicato:31-05-2023 17:52
Ultimo aggiornamento:31-05-2023 17:54

protesta istituto santa giuliana
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BOLOGNA – Tra le lavoratrici dell’Istituto Santa Giuliana di Bologna, che la Congregazione delle Suore Mantellate ha deciso di chiudere (a meno che non si trovi un acquirente) c’è anche Maria. Che vive un doppio problema: il rischio di perdere il posto sommato a quello di restare senza casa. Ma non perché sia alle prese con uno sfratto. Bensì perché abita a Monterenzio, sull’Appennino bolognese: uno dei luoghi di montagna più colpiti dalle frane dovute al maltempo. Un paese ‘spezzato’ dagli smottamenti di terreno, tanto che Maria non può tornare a casa. E così in questo momento ‘vive’ dove lavora, all’Istituto Santa Giuliana che, fa anche da convitto per studentesse. “Momentaneamente vivo qua- racconta Maria in un video diffuso oggi dai sindacati a seguito dello sciopero con presidio contro la chiusura dell’Istituto- non saprei del resto come fare per tornare a casa: io abito a Monterenzio, ma con l’alluvione è franato tutto”. Ma a Santa Giuliana, se chiude, non potrebbe restare. Con il paradosso nel paradosso: “Non riesco neanche a fare un trasloco se dovessi andare via di qua”, cioè dall’Istituto di via Mazzini. Perché appunto casa sua non è raggiungibile. La chiusura dell’Istituto che fa da scuola e convitto sarebbe prevista il 31 agosto. L’istituto dà alloggio a 60 studentesse, e impiega 25 insegnanti di scuola elementare e materna.

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STUDENTESSE DEL SANTA GIULIANA CON LA TENDA IN STRADA

Lavoratrici a braccia incrociate e studentesse in tenda sul marciapiede: ha ripreso tono così la vertenza legata all’Istituto Santa Giuliana di Bologna. Lo sciopero indetto per oggi ha visto una “adesione totale” ed è sfociato in un presidio di fronte ai cancelli dell’Istituto in via Mazzini 90, con i manifestanti che hanno anche ‘preso’ il centro della strada, sulle strisce pedonali, con le bandiere e lo striscione “Istituto Santa Giuliana – Nessuno se ne lavi le mani”.


C’erano anche le “studentesse sfrattate dal convitto, che hanno aperto sul marciapiede le tende divenute ormai simbolo della protesta contro la carenza di alloggi e il caro-affitti”, riferiscono i sindacati (Flc e Fp per la Cgil, Cisl scuola e Uiltucs-Uil). Come c’erano anche “i genitori dei bambini frequentanti la scuola, che in segno di solidarietà nei confronti del personale hanno sottoscritto una lettera aperta indirizzata al Cardinale Zuppi, chiedendo un suo interessamento per i posti di lavoro messi a rischio”. Perchè, ribadiscono i rappresentanti dei lavoratori, “non solamente vengono cancellati 25 posti di lavoro, ma vengono pregiudicati anche il diritto allo studio e all’abitare”.

Lo sciopero e la manifestazione di oggi però dimostrano “una volta di più l’unità e la determinazione di lavoratrici e lavoratori nel pretendere soluzioni urgenti e concrete alla crisi occupazionale provocata dalla decisione della Congregazione di vendere l’immobile, e manda alla città tutta un messaggio inequivocabile: la mobilitazione non si fermerà fino a quando queste risposte non arriveranno“, avvisano Cgil-Cisl-Uil di categoria. Lo sciopero di oggi era stato deciso dopo la “fumata nera” al tavolo di crisi convocato in Città metropolitana dei giorni scorsi. A Palazzo Malvezzi, avevano raccontato i sindacati di categoria di Cgil-Cisl-Uil, “è andato in onda un film già visto troppe volte: alle precise richieste e proposte avanzate dalle organizzazioni sindacali per garantire la continuità occupazionale, la Congregazione delle Suore Mantellate ha per l’ennesima volta replicato con risposte vaghe e generiche e vere e proprie omissioni rispetto al destino dell’immobile e del personale”. Ed era stato anche ricordato, che in occasione del precedente sciopero del 27 marzo, con presidio di fronte alla Curia, il vicario generale della Chiesa di Bologna, monsignor Giovanni Silvagni, manifestò “preoccupazione, vicinanza e impegno in vista di una soluzione”. Ma da allora si è mosso molto poco. Si era anche aperto uno spiraglio con una trattativa con un possibile acquirente.

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