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La Camera approva il decreto anti-rave: decisivo il ricorso alla ‘ghigliottina’

I voti favorevoli sono 183, 116 i contrari e un astenuto. Interrotta la lunga maratona delle dichiarazioni di voto, che avrebbe fatto scavallare la mezzanotte e decadere il provvedimento

Pubblicato:30-12-2022 15:29
Ultimo aggiornamento:30-12-2022 19:16
Autore:

meloni_piantedosi
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ROMA – La Camera dei deputati ha approvato il decreto anti-rave, che diventa quindi legge. 183 i voti favorevoli, 116 contrari e un astenuto. Decisivo, nell’ultimo giorno utile per l’approvazione, pena la decadenza del decreto (che era stato presentato nel Consiglio dei ministri del 31 ottobre), il ricorso alla cosiddetta ‘ghigliottina‘. L’unica arma a disposizione della maggioranza per fermare l’ostruzionismo delle opposizioni, che (Terzo Polo a parte) avevano iscritto a parlare la quasi totalità dei propri deputati. Ognuno dei quali ha a disposizione dieci minuti per il suo intervento, per un totale di oltre 21 ore. A cui andavano aggiunti i tempi a disposizione dei 38 parlamentari della maggioranza iscritti a parlare.

Si sarebbe certamente sforata la mezzanotte e il dl anti-rave sarebbe andato in fumo: nella Conferenza dei capigruppo convocata alle ore 14.30 si è deciso di interrompere la lunga maratona delle dichiarazioni di voto e di procedere con la ‘ghigliottina’. Si è dunque passati subito al voto, che ha permesso alla maggioranza di approvare definitivamente il discusso decreto. In Aula è andata in scena la protesta del Pd che per criticare il merito del decreto legge ha impugnato il testo della Costituzione.

Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha firmato al Quirinale la legge di conversione del decreto legge anti-rave party contenente anche le norme sui medici no vax, l’ergastolo ostativo e il rinvio della riforma Cartabia. Il decreto, con l’approvazione della Camera, ha avuto il via libera finale dal Parlamento.


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LE NORME DEL DECRETO ANTI-RAVE

Il testo del discusso decreto, modificato durante l’esame al Senato rispetto alla sua formulazione originaria, prevede che “chiunque organizza o promuove l’invasione arbitraria di terreni o edifici altrui pubblici o privati al fine di realizzare un raduno musicale o avente scopo di intrattenimento è punito con la reclusione da tre a sei anni e la multa da 1.000 a 10.000 euro quando dall’invasione deriva un concreto pericolo per la salute pubblica o per l’incolumità pubblica a causa dell’inosservanza delle norme in materia di sostanze stupefacenti ovvero in materia di sicurezza o di igiene degli spettacoli e delle manifestazioni pubbliche di intrattenimento anche in ragione del numero dei partecipanti ovvero dello stato dei luoghi”. È stato modificato anche il comma sulla confisca delle cose, che è diventato: “È sempre ordinata la confisca delle cose che servirono o furono destinate a commettere il reato, nonché delle cose che ne sono il prodotto o il profitto“.

Con il carcere fino a sei anni resta la possibilità di intercettazioni nel corso delle indagini per i presunti reati. Rispetto al testo originario uscito dal Consiglio dei ministri, la ‘stretta’ è limitata ai raduni musicali o a scopo di intrattenimento. Salve le altre manifestazioni o i sit-in di cittadini. Per le opposizioni rimane però il rischio di rientrare nella fattispecie anche per un falò in spiaggia con la chitarra o per qualunque altra manifestazione musicale dove dovesse girare qualche ‘spinello’.

Il dl anti-rave contiene anche la riforma dell’ergastolo ostativo, il rinvio dell’entrata in vigore della riforma Cartabia e il reintegro dei medici e dei sanitari no vax. Su quest’ultimo punto si è creata una spaccatura all’interno della maggioranza: in mattinata il capogruppo di Forza Italia a Montecitorio, Alessandro Cattaneo, ha spiegato che “il reintegro anticipato dei medici no vax è inserito in un decreto molto più ampio che affronta soprattutto questioni legate alla giustizia. Abbiamo detto chiaramente che quella norma poteva essere evitata, anche perché anticipa un termine che sarebbe comunque scaduto domani. Ma il voto di Forza Italia al provvedimento certamente non mancherà”. E il presidente della commissione Affari Costituzionali, Nazario Pagano, anch’egli di Forza Italia, non ha partecipato al voto finale: “Per profonda convinzione, e per storia personale, nella scorsa legislatura mi sono battuto per l’obbligo vaccinale per i sanitari e non condivido la norma dell’articolo 7 del decreto”.

COSA È LA ‘GHIGLIOTTINA’

La decisione di ricorrere alla ‘ghigliottina’ consente al presidente Lorenzo Fontana di interrompere immediatamente le dichiarazioni di voto e passare subito alla votazione finale. È la cosidetta ‘ghigliottina’, detta anche impropriamente ‘tagliola’. A differenza del regolamento di Palazzo Madama, dove ci sono precise disposizioni in merito (la ghigliottina viene applicata al trentesimo giorno dal deferimento al Senato o entro 60 giorni se trasmesso dalla Camera in base agli art. 78 Comma 5 e art. 55 Comma 5), a Montecitorio l’istituto discende da un’interpretazione della presidenza della XIII legislatura.

I PRECEDENTI DELLA ‘GHIGLIOTTINA’ ALLA CAMERA

Luciano Violante, presidente della Camera in quella legislatura, nel maggio del 2000 spiegava come non fosse “accettabile in nessun sistema politico democratico che sia una minoranza a deliberare e non una maggioranza”. L’interpretazione (che sia compito del presidente garantire il rispetto dei termini di legge per l’approvazione dei decreti) è stata poi riconfermata nelle legislature successive e mai applicata fino al 29 gennaio 2014, quando Laura Boldrini l’applicò al decreto Imu-Bankitalia tra le proteste del Movimento 5 Stelle che aveva messo in atto un durissimo ostruzionismo. Fino ad allora era bastata la sola evocazione della ghigliottina per scongiurarne il ricorso. Ora è toccato al leghista Fontana decidere di applicarla: è il secondo caso dopo quello Boldrini.

Visto che alla Conferenza dei capigruppo, dice in Aula il presidente della Camera Lorenzo Fontana, si è “constatato il numero degli interventi in dichiarazione di voto finale ancora da svolgere”, e si è “preso atto dell’impossibilità di giungere a un’indicazione condivisa di un orario congruo per giungere alla votazione finale del ddl di conversione del dl in scadenza oggi”, la presidenza “si trova costretta, nell’esercizio delle responsabilità che l’ordinamento le affida, a porre direttamente in votazione finale il ddl di conversione al fine di assicurare che la deliberazione dell’assemblea avvenga nei termini costituzionali senza concedere la parola ai deputati che hanno fatto richiesta per dichiarazione di voto finale o a qualsiasi altro titolo”.

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