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VIDEO | Farmaci biosimilari, convegno al Ministero su prospettive e opportunità

Nel 2018 hanno coperto circa il 17% dei consumi nazionali di farmaci biologici, con una crescita di circa il 13% rispetto all'anno precedente

Pubblicato:30-05-2019 13:51
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 15:20
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ROMA – Prospettive in chiaroscuro per il ruolo dei farmaci biosimilari nella sanità italiana. Nel 2018 questi prodotti hanno coperto circa il 17% dei consumi nazionali di farmaci biologici, con una crescita di circa il 13% rispetto all’anno precedente. Una tendenza che secondo un’elaborazione del Centro studi Italian biosimilar group su dati Iqvia, fa prevedere per il quinquennio 2017-2022 una riduzione della spesa farmaceutica in questo settore che potrebbe avvicinarsi al mezzo miliardo di euro con importanti e positive ricadute sul fronte della sostenibilità della spesa sanitaria e dell’impiego delle risorse nell’innovazione.
Intorno a questi dati e al ruolo terapeutico che i biosimilari possono giocare a favore dello stato di salute della sanità italiana, sottolineato anche dal position paper di Aifa e dal decalogo dell’agenzia per i cittadini e i pazienti, si sono confrontati esponenti della comunità scientifica, economisti, gestori della sanità regionale, associazioni di pazienti e rappresentanti delle istituzioni, nel corso di un convegno promosso dalla rivista di economia e politica sanitaria ‘Italian health policy brief’ tenutosi oggi a Roma all’Auditorium del ministero della Salute.
La tendenza all’espansione del mercato dei biosimilari, hanno spiegato durante il convegno, fa ben sperare sul ruolo positivo di calmieratore della spesa che questi prodotti possono avere con la conseguente emersione di nuove risorse economiche da riorientare verso l’innovazione nel campo dei farmaci biologici.
“Sicuramente i biosimilari rappresentano un’opportunità di cura per molte patologie garantendo anche risparmi per il servizio sanitario- ha sottolineato Maria Teresa Bressi del Coordinamento Nazionale associazioni malati cronici– sono risparmi che a nostro parere andrebbero reinvestiti nell’accesso per tutti i cittadini, anche per le terapie più innovative. Un aspetto questo che da anni sta mostrando sempre più crepe”.
Tuttavia, sono ancora molte le difformità tra le diverse regioni in materia di biosimilari: nel 2018 si è registrato ad esempio un utilizzo di questi farmaci del 50,21% in Piemonte e Valle d’Aosta, del 23,13% in Toscana, del 21,58% in Emilia Romagna, mentre nel Lazio ci si è fermati al 10,27%, in Puglia al 6,9 l% e in Umbria poco oltre il 5%.

“La penetrazione dei biosimilari ancora differenziata nelle diverse realtà regionali e locali per le ragioni primariamente culturali- ha dichiarato commentando questi dati Simona Creazzola, presidente della Società italiana di farmacia ospedaliera– sarebbe infatti utile e necessario produrre con maggiore efficacia e continuità un’informazione scientificamente qualificata diversamente approfondita e ben veicolata, affinché venga correttamente decodificata con diversi stakeholder”.
Nel workshop di Roma si è rilevato che i contenimenti di spesa realizzati fino ad oggi sono ancora modesti rispetto a quelli che saranno possibili con la prossima è sempre più consistente disponibilità dei biosimilari di nuova generazione. Questi offriranno determinanti opportunità terapeutiche Soprattutto nell’ambito delle malattie oncologiche e su base autoimmune, come in dermatologia, reumatologia e gastroenterologia. A fronte di uno scenario potenzialmente positivo, in Italia si profila all’orizzonte un ostacolo che potrebbe compromettere questo percorso e che riguarda le modalità di approvvigionamento dei biosimilari da parte delle diverse Regioni. Infatti oggi domina essenzialmente l’aspetto economico che determina l’acquisizione del solo biosimilare dal costo più basso, compromettendo la disponibilità di più molecole. Da qui possibili ricadute negative anche sul piano della continuità e dell’appropriatezza terapeutica. Si pone quindi con urgenza la necessità di affinare e rendere più omogenee gli strumenti di approvvigionamento delle Regioni, così da assicurare il permanere di una positiva competizione da parte del mondo dell’Industria che deve trovare nelle comunità del mercato le ragioni per continuare il proprio impegno.

Analizzando questo aspetto in una logica di economia sanitaria, Fabio Pammolli, ordinario di economia e management presso il Politecnico di Milano ha sottolineato che “una pluralità di scelta consente non solo il contenimento della spesa ma anche il mantenimento della libertà prescrittiva dal medico e la preferenza del paziente. Nel nostro caso- ha proseguito l’economista- le durate delle gare più lunghe ben definite garantiscono un’adozione maggiore, una garanzia di continuità al paziente è un migliore pianificazione per le imprese”.
Il messaggio che emerge da Roma è chiaro: l’importanza della penetrazione dei biosimilari è condivisa da tutti gli attori, sia in termini di contributo alla sostenibilità di sistema e di sostegno all’innovazione, che in termini di accesso alle cure su tutto il territorio regionale, ma occorre che l’omogeneità della loro diffusione vada di pari passo con una corretta cultura della cura, in cui il ‘valore economico’ non sia l’unico punto di riferimento per le scelte del territorio. I farmaci biologici hanno fatto la loro comparsa nel 1982 con l’insulina ricombinante. Da quell’anno l’armamentario dei medici si è progressivamente dotato di nuovi e più efficaci farmaci a base biotecnologica, utilizzati nel trattamento di numerose e gravi malattie, offrendo possibilità di cura che prima non erano neppure immaginabili. Nell’ultimo decennio a seguito della scadenza del brevetto dei farmaci biologici cosiddetti ‘originator’, sono apparsi sul mercato i farmaci biosimilari che oltre ad aver allargato l’offerta dei prodotti, hanno giocato un ruolo fondamentale nella riduzione della spesa farmaceutica e nel contribuire alla sua sostenibilità. Questo per una duplice ragione: per aver indotto i produttori degli originator a ridurre il prezzo dei loro farmaci e per aver stimolato una positiva concorrenza tra i produttori di biosimilari.

“Il biosimilare è un’opportunità sia economica e sia terapeutica, però va calibrata rispetto alla tipologia dei farmaci. Per alcuni farmaci ben venga la concorrenza alla pari con gli originali, su altri farmaci occorre valutare bene il contesto. Ad esempio, se non sono coinvolti i clinici o magari non lavorano insieme si rischia di orientarsi su prodotti esclusivi il cui prezzo è notevolmente superiore e quindi rischiamo di non avere il contributo positivo del biosimilare affinché si abbassi il prezzo. Un discorso in generale quindi non si può fare, si può dire semplicemente che il biosimilare è un’opportunità ma va sempre contestualizzata rispetto alla tipologia di farmaci”. Lo ha detto il direttore del dipartimento Assistenza farmaceutica Usl Umbria 2 e coordinatore Sifo-Fare, Fausto Bartolini, a margine del convegno ‘Biosimilari: prospettive per il futuro del Sistema sanitario nazionale’ in corso oggi a Roma al ministero della Salute.

“In ambito regionale sui biosimilari ci stiamo muovendo a macchia di leopardo. Come riconosciuto già da più Enti, anche oggi è emerso che i farmaci biosimilari possono rappresentare una fonte di sostenibilità, nel senso che si cerca di risparmiare risorse dove si può per investirle in altri campi. E le Regioni si muovono forse in modi un po’ differenti. Per quanto riguarda la Campania si è scelto il modello della concertazione, nel senso che sono stati fatti e sono attivi molti tavoli con la partecipazione dei farmacisti, degli enti regionali e dei clinici per fare in modo che vi sia un cambio di strategia e una condivisione totale sulla possibilità di usare i farmaci biosimilari, definendo con l’aiuto dei clinici quelli che sono i pazienti dove si può intervenire in questo senso. Più complicato l’aspetto dei pazienti in corso di terapia dove tutto dipende dall’ambito. Intendo dire che può risultare più facile intervenire in ambiti terapeutici quali l’oncologia, mentre quando si va su malattia ad andamento cronico come ad esempio la reumatologia, forse occorre un attimo di considerazione in più. La cosa importante è che le soluzioni che la regione Campania sta perseguendo tendono a fare in modo che venga garantito in prima battuta il paziente andando anche incontro a quelle che sono le aspettative della classe medica”. Lo ha detto Adriano Vercellone, consigliere Sifo, a margine del convegno ‘Biosimilari: prospettive per il futuro del Sistema sanitario nazionale’ in corso oggi a Roma al ministero della Salute.

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