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Sifo: “I farmaci biosimilari possono aiutare a ridurre i costi del Ssn”

Al XLII Congresso Nazionale della Società Italiana di Farmacia Ospedaliera, Paolo Abrate sottolinea l'importanza di coinvolgere i pazienti e produrre evidenze cliniche nei trattamenti con farmaci biosimilari

Pubblicato:16-10-2021 17:16
Ultimo aggiornamento:16-10-2021 17:17
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ROMA – I meccanismi di concorrenza innescati dalla scadenza del brevetto e dalla disponibilità dei medicinali biosimilari permettono di migliorare il rapporto costo/beneficio della terapia (agendo sul numeratore del rapporto) e costituiscono quindi una importante opportunità di riduzione dei costi (‘cost-saving’) per il Servizio sanitario nazionale. È stato questo, in sintesi, il tema trattato nel corso della sessione dal titolo ‘Dieci anni di biosimilari in Italia: prospettive future’, che si è svolta in occasione del XLII Congresso Nazionale Sifo (Società Italiana di Farmacia Ospedaliera e dei Servizi Farmaceutici delle Aziende Sanitarie), in programma a Roma fino a domani. A prendere parte alla sessione anche l’esperto internazionale di farmaci biologici Arnold G. Vulto, professore onorario all’Erasmus University di Rotterdam.


“Il titolo della sessione ci ricorda come siano passati ormai dieci anni dalla prima ondata di biosimilari in Italia (tra cui l’eritropoietina e il filgrastim) – ha spiegato Paolo Abrate, membro del Consiglio Direttivo Sifo – Da allora è stata percorsa una lunga strada da parte di tutti gli stakeholder. Nel tempo è stato importante accumulare evidenze, migliorare le procedure di acquisto, condividere le strategie, cercare il massimo coinvolgimento dei pazienti nelle scelte e fornire una comunicazione chiara con l’obiettivo di garantire cure sicure, efficaci e sostenibili”.


E proprio nell’ambito degli acquisti, hanno fatto notare i farmacisti ospedalieri Sifo, si è assistito ad alcuni esempi di come la ricerca e l’applicazione tempestiva di procedure di acquisto innovative permetta di massimizzare i risparmi generati dall’aumentare della concorrenza del mercato, riducendo notevolmente i costi per giorno di terapia. “In quest’ottica – ha proseguito Abrate – abbiamo inoltre potuto apprezzare come la riduzione del costo delle terapie abbia consentito, non solo nel panorama europeo ma anche in quello nazionale, di aumentare la platea dei trattamenti, contribuendo così a una gestione più efficiente delle terapie”.



Ancora molti temi restano tuttavia aperti. “Tra questi – ha sottolineato ancora l’esponente Sifo – vale la pena ricordare come gli attuali trend prescrittivi a livello nazionale evidenzino una disomogeneità su scala nazionale che si traduce, in alcune aree del Paese, in una latenza nei tempi di shift, limitando così i vantaggi offerti dal minor costo di terapia generato dalla concorrenza”. L’intercambiabilità, già prevista da Aifa (Agenzia Italiana del Farmaco) nel suo secondo position-paper, si intreccia quindi “inevitabilmente con la necessità di gestire switch multipli e con la possibilità di accumulare evidenze sul tema, oggi ancora piuttosto limitate anche in letteratura”. Proprio in quest’ottica il farmacista ospedaliero può “produrre evidenze cliniche in merito ai pazienti e alla loro aderenza al trattamento, in particolare in seguito agli switch”, ha concluso Paolo Abrate.

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