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Ai domiciliari l’architetto Amirfeiz che restaurò il Colosseo: bancarotta fraudolenta

La Guardia di finanza ha arrestato Alex Amirfeiz, a cui sono stati sequestrati beni per 3,3 milioni di euro: gli inquirenti gli contestano la bancarotta fraudolenta nell'ambito del fallimento della sua azienda Aspera

Pubblicato:29-11-2023 12:16
Ultimo aggiornamento:29-11-2023 12:17
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colosseo architetto_Alex Amirfeiz
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ROMA – Arresti domiciliari per l’architetto e imprenditore genovese Alex Amirfeiz, nell’ambito del processo per il fallimento della sua azienda Aspera, che si era occupata anche del restauro del Colosseo. La Guardia di Finanza di Genova sta dando esecuzione a perquisizioni e misure cautelari e interdettive emesse dal Tribunale del capoluogo ligure nei confronti di nove persone. Oltre ad Amirfeiz, a cinque commercialisti è stato notificato il divieto di esercitare la professione, mentre per altri tre indagati è scattato il divieto di esercitare imprese e uffici direttivi. Otto indagati avevano un incarico nel consiglio di amministrazione di Aspera, mentre il nono era il revisore legate. I militari hanno sequestrato finanze e beni ad Amirfeiz per 3,3 milioni. Le accuse a vario titolo sono di bancarotta fraudolenta per distrazione e dissipazione, false comunicazioni sociali, bancarotta impropria da false comunicazioni sociali e auto-riciclaggio.

DEBITI PER 18 MILIONI

Le indagini si sono concentrate su diverse società facenti capo all’architetto tra cui, secondo gli inquirenti, negli anni ci sono stati passaggi di denaro non giustificati. Tra le operazioni finite sotto la lente dei baschi verdi e della Procura, la completa svalutazione di crediti maturati nel tempo e stralciati nell’ultimo bilancio prima del fallimento, pagamenti su conti transitori privi di giustificazione contabile, bonifici per finanziamenti infruttiferi e successiva rinuncia al credito maturato, indebita svalutazione di rimanenze. L’attività investigativa ha fatto emergere per Aspera un’esposizione debitoria, a partire dal 2014 e fino al fallimento del 2018, per circa 18 milioni e la prosecuzione dell’attività imprenditoriale, senza la convocazione dell’assemblea per l’adozione di provvedimenti urgenti che avrebbero fatto emergere la grave insolvenza.


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