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VIDEO | Cricelli (Simg): “Per la medicina territoriale non basta l’arte di arrangiarsi”

"Come medici stiamo facendo più dell'impossibile. Però adesso è tempo di cambiare sistema"

Pubblicato:26-11-2020 18:08
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 20:39

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ROMA – “È come se a un negozietto di campagna si fosse chiesto di avere un assortimento da grande distribuzione, da struttura ad alta intensità di cura. Questo è stato chiesto ai medici di famiglia”. A fare il paragone per spiegare le difficoltà della medicina territoriale è Claudio Cricelli, presidente della Società italiana di medicina generale e delle cure primarie, SIMG, che evidenzia le criticità del sistema subite dai medici di medicina generale ma anche la grande elasticità con cui gli stessi professionisti hanno reagito. L’arte di arrangiarsi, insomma, per superare la missione quasi impossibile di far funzionare la medicina sul territorio nel pieno della seconda ondata Covid, quando si sarebbe potuto agire e organizzare una gestione migliore.

Professor Cricelli, come sta funzionando la medicina territoriale?

“Il Covid per qualche momento ci ha fatto accantonare i problemi di una popolazione da assistere che è per lo più anziana, numerosa e di cui non dobbiamo dimenticarci, anche perché sono i più colpiti dal virus. Poi c’è un livello di tempesta assoluta, incontrollabile ed imprevedibile almeno agli esordi, che e’ stata la gestione dell’emergenza. In parallelo a tutto questo c’è stata la necessità di comunicare con i pazienti e di far capire loro come affrontare la situazione: le difficolta’ di avere le ricette, di parlare con il medico, di ricevere una visita. I nostri medici erano da soli, a volte con una infermiera. Siamo passati da dieci telefonate al giorno a centocinquanta al giorno, di pazienti che oltre le proprie patologie hanno avuto sindromi sospette Covid o, peggio, sono stati casi Covid; una condizione di solitudine e vulnerabilità che è stata lasciata alla nostra totale gestione. A questo si sono aggiunti i problemi sui ritardi del vaccino antinfluenzale, la necessita’ di eseguire i tamponi ed, in ultimo, quella che sarà l’individuazione e la selezione dei pazienti fragili ai quali fare per primi il vaccino anti-Covid. Immaginiamo che a un negozietto di campagna si chieda di avere un assortimento da grande distribuzione, da struttura ad alta intensità di cura. Questo ù stato chiesto ai medici di famiglia. Malgrado tutto questo i medici hanno mostrato flessibilità e hanno usato quello che in Italia, ahinoi, ha sempre funzionato: l’arte di arrangiarsi. Ci siamo arrangiati, fatto come potevamo, abbiamo spiegato ai cittadini come comunicare con il medico per ricevere la giusta assistenza. Come medici stiamo facendo piu’ dell’impossibile. Pero’ adesso e’ tempo di cambiare sistema”.


– Cosa e come dovrà essere gestita la fase pre-vaccino contro il Covid? Quale collaborazione deve esserci, e quale distribuzione alla popolazione?

“C’è un aneddoto che ricordo con piacere, risale ai tempi prima del Covid, quando scoprii alcuni dei miei pazienti che giocavano a carte nel mio studio. Chiesi loro perche’ qui e loro risposero che erano al caldo, si sentivano meglio in studio che al bar. Questo mi fa pensare, ancora una volta di più che i medici di famiglia sono dentro la comunità. Noi la comunità dei pazienti la viviamo e sappiamo tutto quello che serve per identificare i pazienti più fragili. Quando tra due settimane si parlerà solo di vaccino contro il Covid e si otterranno le autorizzazioni alla produzione, dovremmo fare anche noi un piano che mette in ordine le persone che accederanno in varie fasi della campagna vaccinale. E non sarà solo questo, dovremmo prevedere, per ogni dose di vaccino, di seguire il paziente, verificare se ha avuto disturbi, se ha sviluppato gli anticorpi con appositi test. Un numero di azioni, valutazioni ed analisi moltiplicato per ogni paziente vaccinato, per tutti coloro che restano in attesa del vaccino ma che potranno aver bisogno di essere seguiti per eventuali problemi transitori o patologie. Sarà uno sforzo organizzativo e gestionale che ricadra’ anche sui medici di famiglia, a cui non ci sottrarremo. Il minore dei problemi, paradossalmente, sono le risorse: abbiamo la capacità economica, ma mancano ancora dei pezzi importanti a sostegno”.

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