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Chiara Organtini

Volevo l’America. E fare ricerca universitaria. L’ho avuta, la prima, quando ancora ero all’università e poi a Bologna per un dottorato, inanellando una serie di missioni di ricerca, la seconda, negli archivi federali, splendenti e mai polverosi, di zio Sam. Poi ho scoperto, mentre indagavo tra le carte del dipartimento di Stato americano e quelle della biblioteca presidenziale di Lyndon b. Johnson, che fare ricerca assomiglia un po’ al giornalismo, quello d’inchiesta però. Così ho iniziato a scrivere, prima per alcuni quotidiani e poi al settimanale L’Espresso, dove dal ‘wannabe reporter’ sono passata a consumare le suole e a prendere le sberle che servono per imparare a fare (non si finisce mai) le inchieste. Dopodiché, anni di montagne russe tra il giornalismo e la comunicazione, in prestito alla comunicazione politica ed istituzionale: non ho mai mollato del tutto l’interesse per gli esteri e il giornalismo politico, per poi planare all’agenzia Dire ad occuparmi dell’insospettabile sanità. C’era la pandemia, si può obiettare, ma la verità è che se ti piace fare questo mestiere, in tutte le sue declinazioni, ti ritrovi a seguire più fronti, ad imparare sempre, a non essere mai cinico. Si cambia, quindi, e menomale. Adesso però, oltre a mantenere il presente, per il futuro: ‘wannabe podcaster’.
c.organtini@agenziadire.com