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Africa, Coulibaly (Rete coltivatori): “Basta fake news, non ci serve il grano ucraino”

Ibrahima Coulibaly, coltivatore, allevatore e attivista originario del Mali, interviene a Coopera 2022: "L'Africa non morirà di fame semplicemente perché non fonda la propria alimentazione sul consumo e l'importazione di grano, né dall'Ucraina né dalla Russia"

Pubblicato:26-06-2022 12:45
Ultimo aggiornamento:26-06-2022 12:45

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ROMA – Sull’Africa pesano scelte politiche dannose, prese altrove, e ora pure notizie false, come quelle su una crisi alimentare dovuta al conflitto in Ucraina: a denunciarlo è Ibrahima Coulibaly, presidente della rete dei coltivatori Réseau des Organisations Paysannes et des Producteurs des pays Agricoles de l’Afruique de l’Ouest (Roppa). Riflessioni, le sue, affidate a un’intervista con l’agenzia Dire a margine di Coopera 2022, la conferenza italiana della cooperazione allo sviluppo che lo ha visto tra i relatori.

“Quella del continente è una situazione paradossale“, sottolinea Coulibaly, coltivatore, allevatore e attivista originario del Mali, della regione di Koulikoro. “L’Africa è molto ricca anche dal punto di vista dell’agricoltura per via delle terre e dei tanti giovani di valore, ma c’è stato un indebolimento del settore primario a causa di cattive politiche adottate dopo le indipendenze nazionali e anche di pressioni esterne in favore della liberalizzazione e dell’apertura delle frontiere, volute sin dagli anni Ottanta del secolo scorso dal Fondo monetario internazionale”. Secondo Coulibaly, “ora tante famiglie hanno difficoltà persino a nutrirsi“, con conseguenze dirette anche sulla sicurezza e la pace sociale.

C’è allora un appunto, che ha a che fare con il rapporto tra globale e locale. “Al di fuori delle città, l’Africa ha abitudini alimentari basate sulle produzioni del posto, che hanno peraltro proprietà nutrizionali eccellenti”, spiega Coulibaly. La sua tesi è che i governi subsahariani abbiano mancato negli investimenti necessari al settore. Allo stesso tempo peserebbero però condizionamenti internazionali, politici e in qualche misura anche mediatici. “Penso a quanto è stato detto e scritto dopo l’aggravarsi del conflitto in Ucraina, nel febbraio scorso” chiarisce Coulibaly. “Se i Paesi della sponda sud del Mediterraneo dipendono in modo significativo dal grano per la dieta nazionale, questo non è affatto vero per la regione subsahariana: l’Africa non morirà di fame semplicemente perché non fonda la propria alimentazione sul consumo e l’importazione di grano, né dall’Ucraina né dalla Russia“.


Secondo il presidente della Réseau, “ci sono aumenti dei prezzi dovuti ai rincari di carburante e di alcune materie prime, ma i mercati locali continuano a essere approvvigionati”. Il messaggio chiave allora, affidato all’intervento dal palco di Coopera, è che aiutare vuol dire stare al fianco rispettando le autonomie, le culture e le colture. “L’agricoltura africana si basa sul diritto alla terra, all’acqua, alle sementi e ai mercati locali, che oggi purtroppo sono invasi dai prodotti di importazione” denuncia Coulibaly. “Non garantire questi diritti può significare spingere i giovani verso la violenza o l’estremismo, con il rischio di un inasprimento dei conflitti, in Mali, nel Sahel e in altre regioni dell’Africa”.

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