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La sfida Bannon-Calenda: sovranismo vs europeismo

I due si sfidano in piazza Santi Apostoli, nella sala di Comin and Partners, azienda specializzata in strategia e comunicazione

Pubblicato:26-03-2019 07:28
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 14:16

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ROMA – Un incontro fiacco, qualche scintilla ma poco spettacolo. Un paio di affondi, ma niente più. L’incontro-scontro tra Steve Bannon e Carlo Calenda finisce con un noioso scambio di vedute, un match che l’ex ministro dello Sviluppo economico vince ai punti, con tre punti su sette conquistati.

I due si sfidano in piazza Santi Apostoli, nella sala di Comin and Partners, azienda specializzata in strategia e comunicazione. In un angolo c’è Steve Bannon, 65 anni da Norfolk, Virginia. Nell’altro Carlo Calenda, 45 anni, di Roma. Il primo è in total black, come veste praticamente sempre. Alle spalle ha una guardia del corpo che lo segue passo passo. Il secondo in divisa calendiana: giacca blu, camicia a righe, cravatta blu e rossa. All’inizio si abbracciano a favore di fotografi. Si assomigliano pure. Bannon ha il ciuffo grigio da divo hollywoodiano, Calenda un taglio più semplice, ma ancora un po’ nero. Bannon scherza, gli sussurra qualcosa, Calenda è spiazzato, reagisce con un sorriso di circostanza. Intorno il pubblico si accalca ancora intorno ai vassoi col prosecco e le mandorle salate. Sono le 19, zona aperitivo, il dibatitto è un pretesto.

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Il primo round è sulla Cina: i due non sono molto distanti

Sulla condannna al regime di Xi Jinping vanno d’accordo. Ognuno parla nella sua lingua, ci sono i traduttori. Quando sta per suonare il gong, però, Calenda abbandona l’italiano e ribatte in inglese. Una mossa che gli vale il punto.

Nel second round si parla di Europa, dazi e politica estera

Lucia Annunziata, arbitro del match, fa una domanda. Calenda se la prende, la apostrofa “scorretta”. Lei si arrabbia, ribatte. Calenda si inacidisce. A Bannon basta ridere e osservare per conquistare il punto. Uno pari. Si parla sempre di Europa. Bannon non si schioda dai suoi colpi forti: il partito di Davos, le banche cattive, il popolo. “Devi decidere cosa vuoi”, gli grida tutto d’un tratto Calenda. Applausi e round al peso massimo di Roma nord. Calenda però amministra male il vantaggio. Nel quinto round si parla del malefico “partito di Davos”. L’ex ministro: “A te non te piace il partito di Davos? Manco a me piace Davos”. Annunziata s’intromette: “Voglio correre in soccorso di Steve Bannon, su molte cose sono in accordo con lui. La descrizione di Davos è assolutamente corretta, fa schifo”. Calenda s’infuria: “Partecipi al dibattito o moderi?”. E lei: “Mica sono qui per portare il microfono…”. Il punto andrebbe a lei.

Il quinto round è il più fiacco

I due sfidanti si parlano sopra, si dibatte su Bruxelles e chi ha causato la crisi economica. Si parlano sopra, il prosecco è finito, la gente se ne va.

Sesto round: previsioni sul voto europeo

Salvini, Ungheria, populisti. Bannon cincischia, resta molto vago. “Sorry- lo colpisce Calenda- you have to study a little bit more”. È il terzo punto. Nel settimo round si parla di papa Francesco. Anche qui Bannon resta sull’impreciso, sul complottismo un tanto al chilo. Lui è cattolico dichiarato, Calenda è “battezzato ma ateo, somiglio più al diavolo”, ammette.

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