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Long Covid, la neuroscienziata Arianna Di Stadio: con pealut si previene la neuroinfiammazione

"il vaccino non protegge dalla reinfezione": piu ci ammala più si cumula rischio di long covid. Anche la tosse può'essere una spia

Pubblicato:25-10-2023 10:19
Ultimo aggiornamento:25-10-2023 10:20
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ROMA – Ci si continua ad ammalare di Covid, tante le persone che si reinfettano più volte. “Aumentando il numero delle infezioni aumentiamo il rischio di long covid perchè la risposta immunitaria determina la persistenza dei sintomi, per un periodo di almeno 3 mesi”. E anche la famosa tosse che non passa può essere la spia di una neuroinfiammazione. Parte da qui la fotografia sul rischio di cui ha parlato alla Dire la neuroscienziata e docente all’Università di Catania, Arianna Di Stadio. Tante le persone, come ha sottolineato la ricercatrice, che dopo aver contratto il Covid lamentano perdita dell’olfatto e la cosiddetta ‘nebbia cognitiva’ (brain fog) con perdita della memoria a breve termine.


La neuroscienziata è chiara: questi sintomi non bisogna sottovalutarli, nè tenerseli. E possiamo agire anche con un “ombrello” di prevenzione: gli studi che la vedono coinvolta sono in corso e i risultati promettenti. “Abbiamo utilizzato una molecola che si chiama pealut – non è un medicinale ed è più di un integratore e dunque non dà effetti collaterali – che riduce l’infiammazione e stimola la risposta individuale. Si può utilizzare anche in prevenzione, così come la vitamina D” e anche nei casi in cui il covid non è acuto. Un’arma dunque c’è e per trovarla “si deve andare nei centri specializzati sul long covid”.
“Ci sono persone- ha spiegato Di Stadio- che hanno maggiore predisposizione al long covid (anche la tosse che si pensava fosse correllata alla persistenza del virus in realtà è neuroinfiammazione). Chi contrae il covid ha un 10-15% di rischio di sviluppare il long covid, il rischio è casuale e dipende da come le cellule reagiscono alla nuova infezione. Il virus è sempre lo stesso, ma le varianti riguardano le proteine di superficie in particolare la spike. Molti meno soggetti rispetto alla prima ondata hanno disturbi dell’olfatto, ma persiste invece la brain fog”.
I vaccini? “La proteina su cui era stato costruito il vaccino non c’è più, il vaccino non protegge dalla reinfezione”, ha risposto in merito al rischio di re-infettarsi, precisando che “i sintomi severi ci sono ormai solo nei fragili”. E per difendersi, ha concluso la neuroscienziata, restano le vecchie regole: lavarsi le mani e la distanza sociale.


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