NEWS:

L’appello di Amnesty per Julian Assange: “Ora o mai più, fermiamo l’estradizione”

Noury, portavoce dell'organizzazione non governativa: "Si decide a fine mese, questa è l'ultima opportunità"

Pubblicato:25-07-2023 13:15
Ultimo aggiornamento:25-07-2023 13:24

FacebookLinkedInXEmailWhatsApp

ROMA – E’ l'”ultima opportunità” per scongiurare l’estrazione negli Stati Uniti di Julian Assange, che rischia di essere condannato per aver rivelato e denunciato crimini di guerra americani mentre chi li ha commessi gode di totale impunità: il monito è di Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International in Italia.

UN MOMENTO DECISIVO

Secondo l’esponente dell’ong, intervistato dall’agenzia Dire, un momento decisivo per il co-fondatore del progetto non profit Wikileaks potrebbe arrivare già alla fine di questo mese. Si aspetta un pronunciamento della magistratura britannica a seguito di un nuovo ricorso degli avvocati di Assange presso l’Alta corte del Regno Unito. A giugno il giudice Jonathan Swift aveva respinto una prima volta le otto motivazioni presentate per bloccare l’ordinanza di estradizione, firmata lo scorso anno dall’allora ministro dell’Interno Priti Patel.

IMPUNITA’ PER CRIMINI DI GUERRA

“Si avvicina con ogni probabilità alla fine di luglio l’ultima opportunità per Assange e puntualmente sulla sua figura si riversano dubbi, incertezze e accuse infondate” sottolinea Noury. “E’ bene, allora, fare un po’ di chiarezza: il co-fondatore di Wikileaks rischia di essere l’unica persona condannata per avere aver denunciato fatti di enorme interesse pubblico, come crimini di guerra commessi dalle forze statunitensi e alleate in vari teatri di guerra, mentre coloro che hanno commesso quei crimini hanno avuto impunità piena e completa“.


NELLA “GUANTANAMO BRITANNICA”

Cittadino australiano, 52 anni, attivista informatico e caporedattore, Assange resta detenuto nel carcere di Belmarsh, noto anche come “Guantanamo britannica”. Il suo arresto è seguito nel 2019 a sette anni di vita da rifugiato nella sede dell’ambasciata dell’Ecuador a Londra. Negli Stati Uniti il co-fondatore di Wikileaks è accusato di più reati sulla base dell’Espionage Act del 1917, che sanziona le ingerenze nelle relazioni internazionali e commerciali americane oltre che le attività di spionaggio: in caso di condanna Assange rischia fino a 175 anni di reclusione.

L’APPELLO DEI 119

Nei giorni scorsi, contro il via libera all’estradizione si sono tenute iniziative e mobilitazioni in più Paesi. Tra queste l’appello in Italia di un gruppo di 119 giuristi, docenti universitari e scrittori, convinti che i crimini per i quali Assange è perseguito dagli Stati Uniti siano “inesistenti” e che anzi, come denunciato dall’esperto dell’Onu Nils Melzer, dal 2016 al 2022 il co-fondatore di Wikileaks è stato sottoposto a “una lunga e durissima tortura”.

TUTTI I RISCHI DELLA SICUREZZA NAZIONALE

Noury riprende: “Il fatto che Assange abbia rivelato informazioni di interesse pubblico, anche relative a crimini di guerra, non lo rende meramente un hacker o una spia; il tema della minaccia alla sicurezza nazionale è molto scivoloso ed è usato da governi di ogni colore per mettere al bando giornalisti indipendenti, voci critiche e oppositori”. Secondo il portavoce di Amnesty, “Assange non deve essere estradato ma al contrario scarcerato subito, e le accuse nei suoi confronti devono essere annullate”. Noury continua: “Un suo processo negli Stati Uniti costituirebbe un precedente pericoloso perché ogni Paese si troverebbe legittimato a chiedere a governi amici l’estradizione di qualcuno che ha rivelato in pubblico notizie di interesse generale che riguardino magari crimini, corruzione o altro”.

REPRESSIONE CONTRO I GIORNALISTI

Il contesto sarebbe segnato, a livello internazionale, da un intensificarsi di dinamiche repressive. “Nel mondo ci si sta già muovendo per tappare la bocca ai giornalisti indipendenti” denuncia Noury, “ed bastata solo la minaccia degli Stati Uniti perché altri governi minacciassero a loro volta”.
Un ultimo appello muove anche da articoli apparsi sulla stampa italiana in settimana. Noury contesta in particolare la tesi secondo la quale il co-fondatore di Wikileaks sarebbe “un cospiratore” e “un sabotatore” che ha messo a rischio la sicurezza pubblica. “Bisogna ribadire”, sottolinea il portavoce di Amnesty, “che Assange ha svolto un lavoro importante di messa a conoscenza dell’opinione pubblica di fatti gravissimi”.

Le notizie del sito Dire sono utilizzabili e riproducibili, a condizione di citare espressamente la fonte Agenzia DIRE e l’indirizzo www.dire.it