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VIDEO | Acqua, Hera-Confservizi: “Ripubblicizzare? È passo indietro”

Le multiutility dell'Emilia-Romagna bocciano così la proposta di legge Daga in discussione in Parlamento, che prevede appunto un ritorno alla gestione diretta dell'acqua da parte degli enti locali

Pubblicato:25-03-2019 18:20
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 14:16

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BOLOGNA – Ripubblicizzare il servizio idrico “ci farebbe fare un salto indietro di 30 anni, a danno dei cittadini”. Le multiutility dell’Emilia-Romagna bocciano così la proposta di legge Daga in discussione in Parlamento, che prevede appunto un ritorno alla gestione diretta dell’acqua da parte degli enti locali, revocando le attuali concessioni e riportando la regolazione delle tariffe in capo al ministero dell’Ambiente, con il finanziamento degli investimenti affidato alla fiscalità generale.

“Sarebbe per noi un passo indietro- afferma Luigi Castagna, presidente di Confservizi Emilia-Romagna, oggi a Bologna al convegno organizzato in Regione proprio sulla gestione del servizio idrico- perchè non partiamo con le vecchie municipalizzate. Dal loro superamento, con la costruzione di aziende industriali, sono stati fatti enormi passi avanti nell’efficientamento del servizio, proprio perchè è stato possibile investire di più, razionalizzare e agire con una cultura industriale. Il ritorno ad aziende completamente pubbliche rischia di appesantire la gestione, non garantire gli investimenti e quindi rendere il sistema più fragile”.




Secondo uno studio condotto da Laboratorio Ref ricerche, per la sola Emilia-Romagna la ripubblicizzazione dell’acqua avrebbe un costo una tantum di 2,4 miliardi di euro, tra indennizzi ai privati e debito finanziario consolidato nei bilanci dei Comuni. A questa cifra andrebbe aggiunto un costo annuo di 800 milioni di euro, per il finanziamento degli investimenti e l’erogazione di 50 litri di acqua gratis a tutti, come previsto dal pdl Daga.

Questa proposta di legge ci fa tornare indietro di 30 anni– ribadisce Franco Fogacci, direttore acqua del Gruppo Hera- non danneggia tanto i gestori ma i cittadini, che non avranno alcun beneficio da questa legge. Anzi, ci sarà sicuramente un blocco degli investimenti e un’incapacità di poter gestire le sfide del futuro come i cambiamenti climatici e il miglioramento del servizio nel suo complesso”.

Per Donato Berardi, direttore di Laboratorio Ref ricerche, che ha condotto lo studio, il progetto di legge svela una “mancata conoscenza del funzionamento del sistema”. Inoltre, la fiscalità generale “è un modo opaco e poco trasparente per finanziare un servizio”, per lo più “esposto al ciclo elettorale. Ma il servizio idrico non può vivere alla giornata”.


BONACCINI FRENA RITORNO AL PUBBLICO: LEGGE COSÌ NON VA

Anche il presidente della Conferenza delle Regioni e governatore dell’Emilia-Romagna, Stefano Bonaccini, stoppa la proposta di legge sulla ripubblicizzazione dell’acqu: “Così com’è non va. Come Regioni abbiamo già inviato parere negativo alla riforma- sottolinea Bonaccini- se torniamo indietro al piccolo mondo antico, rischiamo di non avere risorse in futuro per gli investimenti“.

Oltretutto, secondo il presidente non è escluso che “ci sia anche qualche profilo di incostituzionalità”. Secondo Bonaccini, dunque, “questa proposta di legge così com’è, non va bene”. E mette in guardia: “Se venisse approvata oggi, il sistema andrebbe in paralisi. Serve tempo per fare le nuove aziende di gestione, le attuali imprese dovrebbero comunque continuare a garantire il servizio nel periodo di transizione, c’è il rischio di contenzioso e nel frattempo si bloccherebbero gli investimenti”. Bonaccini, che ricorda come sui servizi pubblici l’intesa con le Regioni sia “necessaria”, invita dunque il Governo e la maggioranza a “sedersi al tavolo per migliorare l’intero sistema”.

Bonaccini ammette: “E’ vero che in alcune realtà il sistema non funziona. Ma così rischiamo di buttare via il bambino con l’acqua sporca”. E porta l’esempio dell’Emilia-Romagna.

“Perchè dovrei rinunciare a un sistema che fa meglio rispetto al resto del Paese?- si chiede il governatore- negli anni in questa regione sono stati fatti investimenti ingenti, ad esempio sui depuratori, e oggi l’Emilia-Romagna è l’unica che su questo non ha infrazioni europee”. E aggiunge: “Se ogni volta che c’è un cambio di Governo si deve rimettere mano alla normativa, finiamo per buttare via anche le cose buone che sono state fatte”.

Sull’acqua, dunque, “vedo un dibattito molto ideologico. L’acqua è già pubblica, non mettiamoci a litigare su questo perchè non c’è il merito. Semmai verifichiamo se la legge del 1997 è stata applicata e se c’è bisogno di ritoccarla“. Va detto che la ripubblicizzazione del servizio idrico, per Bonaccini, rappresenta anche un problema aperto all’interno della sua stessa maggioranza. Perchè in Emilia-Romagna la sinistra, alleata del Pd alla guida della Regione, ha presentato insieme ai 5 stelle e con il supporto dei comitati per l’acqua una proposta di legge regionale che di fatto spalanca le porte al ritorno alla gestione diretta dell’acqua da parte dei Comuni, con incentivi e risorse ad hoc per gli enti locali che decidono di fare il passo.

RITORNO AL PUBBLICO, ANCI EMILIA-R. CRITICA: REBUS FONDI

La proposta di legge Daga sulla ripubblicizzazione dell’acqua “è più che altro un’enunciazione di principio”, non certo “la soluzione del problema”. Anche perchè “non si spiega dove si troveranno le risorse”. A dirlo è Stefano Mazzetti, sindaco di Sasso Marconi e delegato Ambiente di Anci Emilia-Romagna, oggi a Bologna per il convegno organizzato da Confservizi.

Sulla proposta di legge che riporta l’acqua nelle mani dei Comuni, dunque, “Anci Emilia-Romagna esprime perplessità– spiega Mazzetti- la legge ha un problema di fondo: sul principio siamo tutti d’accordo, ma non si spiega dove si troveranno le risorse per fare questa operazione. Quando si fa un provvedimento, si deve approfondire nel merito”.

Anche a livello nazionale, sottolinea il rappresentante dell’Anci Emilia-Romagna, “abbiamo detto che ci sono dei temi che vanno rivisti, perchè messa così è un’enunciazione di un principio più che la risoluzione di un problema”.


ANCI-UTILITY EMILIA-R.: PIÙ RISORSE PER ALLARME CLIMA

La gestione del servizio idrico in Emilia-Romagna oggi è “una delle migliori del Paese”. Ma i cambiamenti climatici impongono nuovi e maggiori investimenti, per garantire un’acqua di buona qualità (e quantità) anche in futuro. A dirlo sono i Comuni dell’Emilia-Romagna ma anche le stesse aziende di multiservizi, oggi a Bologna per un convegno organizzato da Confservizi Emilia-Romagna.

Per il biennio 2018-2019 sono stati programmati interventi per 465 milioni di euro sul servizio idrico in regione, pari a 52 euro per abitante all’anno, in aumento del 26% rispetto al biennio precedente. Le risorse sono destinate a ridurre le perdite (100 milioni), che in Emilia-Romagna sono al 29,8% (meno della media nazionale), a far fronte a future crisi idriche (34 milioni), a migliorare la qualità dell’acqua potabile (17,6 milioni), il sistema fognario (41 milioni) e la qualità delle acque depurate (40 milioni).

“I risultati sono positivi- afferma il presidente di Confservizi, Luigi Castagna- la regolazione ha dato stabilità al settore e ha permesso alle aziende di poter investire e recuperare, tramite la tariffa, gli investimenti realizzati. Questo ha assicurato una maggiore funzionalità del servizio in tutta la regione. La qualità del servizio idrico in Emilia-Romagna è buona, una delle migliori del Paese”.

Il sistema, però, “oggi deve fare i conti con i cambiamenti climatici- avverte Castagna- occorre agire in tre direzioni: ridurre le perdite, educare i cittadini a un consumo responsabile, aumentare le riserve strategiche di acqua per far fronte a eventuali crisi idriche”. Della stessa idea è anche Franco Fogacci, direttore acqua del Gruppo Hera.

“Il servizio idrico in Emilia-Romagna può essere considerato un punto di eccellenza nel panorama nazionale- afferma Fogacci- a causa della siccità del 2017 non c’è stata alcuna interruzione del servizio”. I cambiamenti climatici, condivide, “sono la sfida più importante, che richiede competenze, infrastrutture ma soprattutto tanta pianificazione e voglia di investire”. Anche per Stefano Mazzetti, sindaco di Sasso Marconi e delegato Ambiente dell’Anci Emilia-Romagna, quello regionale “è un modello che funziona nei numeri, nel merito e nella qualità. E’ da copiare per tutta l’Italia e gli investimenti fatti in questi anni non possono che soddisfare i Comuni”. Ora però serve uno scatto in avanti. “Credo che il piano di investimento per il futuro debba tener conto anche di un piano di adattamento ai cambiamenti climatici– sollecita Mazzetti- chi fa il sindaco sa bene che ogni anno la famosa ordinanza sul consumo di acqua in estate viene anticipata sempre di qualche settimana. Questo vuol dire qualcosa”.

Secondo il delegato Anci, “bisogna intervenire per ridurre le perdite della rete e per realizzare nuovi bacini che nei periodi di siccità sono molto importanti, non solo per l’acqua potabile ma anche per le aziende. Un aspetto che spesso viene sottovalutato”. Come rileva anche lo studio condotto da Ref ricerche, “dal 2012 si è osservato un vero cambiamento di paradigma- spiega il direttore Donato Berardi- gli investimenti pro capite sono passati da circa 20 a quasi 60 euro nella programmazione 2018-2019. C’è quindi uno sforzo dei gestori per soddisfare i fabbisogni del futuro”. E aggiunge: “Portando gli investimenti in Italia ai livelli dei nostri partner europei, ovvero raggiungendo gli 80 euro pro capite, si potrebbero creare 50.000 nuovi posti di lavoro e un sostegno permanente al Pil di circa tre decimi di punto percentuale”.

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