VENETO – Hanno sfruttato il ‘bonus ristrutturazione’ e il ‘bonus facciate’ per realizzare “un programma criminoso” finalizzato a trarre profitti da attività illecite nel settore degli aiuti di Stato. Con questa accusa, l’autorità giudiziaria veronese ha emesso un avviso di garanzia nei confronti di otto persone, a vario titolo coinvolte nell’associazione a delinquere e nel reimpiego dei capitali di provenienza illecita in attività economiche, e ha disposto sequestri su fondi e beni per un valore complessivo stimato di oltre 20 milioni di euro.
L’articolato meccanismo di fronde scoperto dai finanzieri del nucleo di polizia economico-finanziaria di Verona si basa sulla cessione del credito di imposta relativo ai bonus ‘ristrutturazione’ e ‘facciate’, che consentono detrazioni al 50% e al 90% delle spese documentate per ristrutturazioni edilizie e interventi finalizzati al recupero o restauro della facciata esterna di edifici esistenti.
Sfruttando queste misure gli otto soggetti individuati dalle Fiamme Gialle, tutti con redditi dichiarati modesti o nulli, avrebbero creato illecitamente i presupposti per la comunicazione all’Agenzia delle Entrate di crediti d’imposta di fatto inesistenti per importi che superano i 15 milioni di euro.
In sostanza i soggetti dichiaravano di aver eseguito lavori edili su immobili che in larga parte non erano nemmeno nella loro effettiva disponibilità, tramite una ditta individuale con sede in provincia di Verona, formalmente attiva in campo edilizio ma di fatto non operativa. Inutile dire che i lavori non venivano in realtà mai eseguiti, ma i relativi crediti di imposta venivano richiesti.
Una quota parte di quasi sette milioni è stata monetizzata con una cessione a soggetti terzi che, previo compenso del 30% sul valore dei crediti ceduti, hanno versato alla ditta individuale formalmente incaricata dei lavori ben 4,8 milioni. Gli indagati hanno poi provveduto a trasferire e a reimpiegare i proventi del reato in attività economiche e imprenditoriali apparentemente lecite.
Oltre ai sequestri per oltre 20 milioni l’autorità giudiziaria ha congelato il credito di quasi sette milioni che la ditta individuale veronese aveva già ceduto ad una società romana che lo avrebbe utilizzato come credito di imposta nei confronti dello Stato e lo avrebbe così monetizzato.
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