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Coronavirus, Costa: “Nessun rischio nelle acque depurate, ma un terzo dell’Italia non è a norma”

Il ministro dell'Ambiente chiarisce come, in caso di corretta depurazione, il virus non sopravviva. Ma un terzo degli agglomerati urbani in Italia non sono a norma

Pubblicato:24-06-2020 13:37
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 18:33

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ROMA – “La fase finale di disinfezione” delle acque reflue trattate correttamente consente “di ottimizzare le condizioni di rimozione integrale dei virus prima che le acque depurate siano rilasciate nell’ambiente”. Cio’ detto, rischi di diffusione del coronavirus “vanno individuati nelle circostanze di mancanza o inefficienza dei servizi di depurazione che potrebbero comportare la diffusione di SARS-CoV-2 nell’ambiente”. Insomma, il rischio di contagio legato a “acque superficiali usate per la balneazione o per fini irrigui” e “approvvigionamenti idrici autonomi” può derivare da “emissioni e scarichi illeciti di reflui da abitazioni e nuclei urbani”. Il ministro dell’Ambiente Sergio Costa lo dice nel corso della sua audizione alla Commissione di inchiesta sulle attivita’ illecite connesse al ciclo dei rifiuti e su illeciti ambientali ad esse correlati, la ‘Ecomafie’.

Cio’ detto, Costa sottolinea che e’ “ancora piu’ urgente, a questo punto, risolvere la questione” della mancata depurazione delle acque reflue urbane “non solo per l’infrazione comunitaria ma per un motivo in piu’, che non e’ ambientale ma di natura sanitaria”.

L’Istituto superiore di sanita’, al quale ha chiesto un report, “ha segnalato alcune sintetiche conclusioni di specifici rapporti redatti in merito all’analisi di rischio”, spiega Sergio Costa, ministro dell’Ambiente, “le correnti pratiche di depurazione sono generalmente efficaci nell’inattivazione del virus, dati i tempi di ritenzione che caratterizzano i trattamenti, uniti a condizioni ambientali che pregiudicano la vitalita’ dei virus che sono luce solare, livelli di pH elevati, attivita’ biologica, come gia’ segnalai” nel caso dei rifiuti.


Infatti, “la fase finale di disinfezione consente di ottimizzare le condizioni di rimozione integrale dei virus prima che le acque depurate siano rilasciate nell’ambiente”, prosegue il ministro, aggiungendo che “disposizioni specifiche sono state elaborate anche per la gestione dei fanghi di depurazione nell’ambito della fase emergenziale di pandemia”.

L’analisi di rischio di esposizione a SARS-CoV-2 attraverso l’acqua e i servizi igienici indica che “sussistono, allo stato attuale, elevati livelli di protezione della salute”, sottolinea Costa. Tuttavia, “analogamente a quanto si osserva per la contaminazione dovuta ad altri agenti chimici e patogeni, gli eventi pericolosi critici correlati alla possibile diffusione dell’infezione COVID-19 attraverso l’esposizione a matrici idriche”, come acque reflue, acque superficiali usate per la balneazione o per fini irrigui, approvvigionamenti idrici autonomi, “vanno individuati nelle circostanze di mancanza o inefficienza dei servizi di depurazione che potrebbero comportare la diffusione di SARS-CoV-2 nell’ambiente”, spiega il ministro.

“Le autorita’ di sorveglianza dovranno quindi incentrare ogni attenzione sulla possibile esistenza di emissioni e scarichi illeciti di reflui da abitazioni e nuclei urbani“, avverte Sergio Costa, ministro dell’Ambiente.

Con specifico riferimento alla eventuale presenza del virus COVID-19 nelle acque reflue, l’ISS “ha eseguito una approfondita ed estensiva analisi di rischio in relazione ad Acqua e Servizi igienico sanitari, inclusa depurazione e gestione dei fanghi, e COVID-19, come pure per utilizzi umani delle acque, incluse acque potabili, balneazione, ispetto a potenziali esposizione a SARS-COV-2”, precisa infine il ministro.

COSTA: IN INFRAZIONE DEPURAZIONE 1/3 AGGLOMERATI URBANI

Un terzo degli agglomerati urbani italiani, “oltre 900”, il 30% dei “3.114 agglomerati con carico generato a partire da 2.000 abitanti equivalenti” e’ in infrazione comunitaria per il mancato rispetto della direttiva sulle acque reflue. Il ministro dell’Ambiente Sergio Costa lo dice nel corso della sua audizione alla Commissione di inchiesta sulle attivita’ illecite connesse al ciclo dei rifiuti e su illeciti ambientali ad esse correlati, la ‘Ecomafie’.

Le criticita’ dei sistemi di raccolta e trattamento delle acque reflue, “ancora presenti sul territorio nazionale hanno determinato, a partire dal 2004, l’avvio, da parte della Commissione europea, di quattro procedure di infrazione” per il mancato rispetto della direttiva 91/271/CEE sulle acque reflue, spiega Costa.

La direttiva stabilisce le modalita’ di raccolta, trattamento e scarico delle acque reflue generate da agglomerati urbani e da alcuni settori industriali, e “prevede che tutti gli agglomerati con carico generato a partire da 2.000 abitanti equivalenti siano provvisti di rete fognaria e di impianti depurativi, secondo specifiche modalita’ e tempi di adeguamento in funzione del carico generato e dell’area di scarico”, ad esempio se si trovi in area sensibile o meno, segnala il ministro dell’Ambiente.

I tempi di adeguamento risultano ormai ampiamente superati, tenuto conto che l’ultima scadenza era fissata al 31 dicembre 2005″, sottolinea Costa. Secondo l’ultimo Report trasmesso alla Commissione europea nel 2018, “l’Italia ha 3.114 agglomerati con carico generato a partire da 2.000 abitanti equivalenti, per complessivi 77.150.067 abitanti equivalenti”, prosegue il ministro.

Le criticita’ dei sistemi di raccolta e trattamento delle acque reflue “ad oggi interessano, complessivamente, oltre 900 agglomerati relativi ad un carico generato di poco piu’ di 29 milioni di abitanti equivalenti“. Rapportato con il valore sopra citato di 3.114, “questo significa che poco piu’ del 30% degli agglomerati e’ oggetto di contenzioso comunitario”, precisa Costa. Gli abitanti equivalenti, tiene a sottolineare “non equivalgono ai residenti”.

La Regione maggiormente interessata, “per numero di agglomerati e di abitanti equivalenti, e’ la Sicilia“, con “251 agglomerati per quasi 7 milioni di abitanti equivalenti”, spiega il ministro dell’Ambiente Sergio Costa, seguita per numero di agglomerati, dalla Calabria con “188 agglomerati per poco piu’ di 3 milioni di abitanti equivalenti”. Ci sono poi la Lombardia con “130 agglomerati per oltre 5 milioni di abitanti equivalenti”, aggiunge il ministro, e la Campania con “117 agglomerati per quasi 5 milioni di abitanti equivalenti”.

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