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VIDEO | Coronavirus, Marra (Cgil): “L’Africa lotta per la sanità pubblica”

Il responsabile: “Dal Sudafrica al Senegal, i sindacati sono uniti nel chiedere lo stop alle privatizzazioni e alle cure solo per le elite”

Pubblicato:24-04-2020 18:29
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 18:12

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ROMA – Dal Sudafrica al Senegal, è in corso una battaglia parallela rispetto a quella contro il Covid-19: riguarda la centralità della sanità pubblica, in Paesi dove multinazionali private hanno eroso il diritto di tutti all’accesso alle cure. Con l’agenzia Dire ne parla Salvatore Marra, dell’area Politiche europee e internazionali della Cgil.

“La Confederazione sindacale africana è molto netta su questo punto” sottolinea l’esperto: “In Sudafrica il Congress of South African Trade Unions sta facendo una battaglia forte perché i servizi essenziali rimangano pubblici; e il problema riguarda anche la regione occidentale del continente, dove i processi di privatizzazione sono molto avanti”.


CIBO, CURE, INVESTIMENTI ED ELITES

Il diritto alle cure, insieme con la sostenibilità sociale dei lockdown e delle restrizioni per il contenimento della pandemia, è al centro di un articolo firmato da Marra in settimana. “Le disparità economiche dell’emergenza si sono fatte sentire ovunque” scrive l’esperto. “Ma nel continente più povero assumono connotazioni estreme: potersi confinare o no è un vero lusso”.

In primo piano l’appello delle sigle africane della Confederazione sindacale internazionale (Csi) in favore di uno “stato di emergenza” che garantisca non solo salute e sicurezza ma anche il diritto al cibo: in gioco ci sarebbe la sopravvivenza di milioni di persone che dipendono da lavori informali, spesso in strada, impossibili in regime di lockdown.

Le carenze dei sistemi sanitari stanno invece nei numeri. Stando ai dati della Csi, l’Africa ha appena il 3 per cento del personale medico mondiale. Ci sono poi appena 4,5 dottori ogni 100.000 abitanti (in Italia sono 376), mentre le unità di terapia intensiva in Kenya non superano le 150, in Senegal 50, in Etiopia 40 e in Niger appena sei. E c’è il nodo privatizzazioni.

Secondo Marra, “non si possono avere società che evolvono e progrediscono senza uno sviluppo materiale e immateriale dei servizi pubblici”. Servizi, questa la denuncia dei sindacati, “che anche in Africa hanno subito un saccheggio e una privatizzazione per l’interesse e la capacità delle multinazionali di insinuarsi in settori strategici”.

La protesta dei sindacati africani investirebbe anche i governi, accusati di reticenza. Ieri durante un vertice della Comunità degli Stati dell’Africa occidentale (Ecowas/Cedeao) è stato chiesto agli esecutivi nazionali di portare fino al 15 per cento la quota di bilancio da investire nella salute, in linea con quanto auspicato già nel 2014, al tempo dell’epidemia di ebola.

I rischi però restano elevati, secondo Marra: “Dare mano libera ai privati vuol dire che il pubblico diventa inesistente e che il diritto alla salute vale solo per le elites; e che le denunce arrivino solo da alcuni Paesi, come il Sudafrica o il Senegal, riflette il fatto che altrove le libertà sono negate sia sul piano sindacale che di espressione”.

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