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Coronavirus, Onu: Il 70% degli operatori socio-sanitari è donna

"L’Onu sta lavorando con i partner per assicurarsi che il differenziale di impatto del Covid-19 a livello di genere sia preso in considerazione"

Pubblicato:24-03-2020 11:55
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 18:01
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ROMA – Le donne rappresentano il 70% degli operatori nell’assistenza sanitaria e sociale nel mondo e svolgono il triplo del lavoro di cura domestica non retribuito rispetto agli uomini. Questo “le espone al rischio più alto” e le sottopone “a uno stress considerevole” in un momento di crisi come quello provocato dalla diffusione del Covid-19 nel mondo. A denunciarlo la direttrice esecutiva dell’Ente delle Nazioni Unite per l’uguaglianza di genere e l’empowerment delle donne (UN Women), la sudafricana Phumzile Mlambo-Ngcuka. Secondo la dirigente delle Nazioni Unite, intervenuta sull’argomento con una nota, “la maggioranza delle donne è impiegata nell’economia informale, dove il concetto di assistenza sanitaria è assente o inadeguato, e dove gli ingressi a livello economico non sono sicuri”. Per Mlambo-Ngcuka, questo non è solo un problema di natura sanitaria ma sta “al cuore delle politiche di equità di genere”.

DONNE, DIRITTI E PANDEMIA: LE CRITICITÀ

Nel documento delle Nazioni Unite sono elencate numerose criticità rispetto alla tutela dei diritti delle donne in un contesto di pandemia, anche sulla scorta dell’esperienza di ebola e di zika, che negli ultimi anni hanno colpito Africa e Sudamerica. Tra le più urgenti c’è l’impossibilità per molte donne di accedere alle cure pre e post-natali a causa dello stress a cui sono sottoposti i sistemi sanitari. Un’altra dirigente di UN Women, Sarah E. Hendriks, sottolinea che l’organizzazione “sta lavorando con i partner per assicurarsi che il differenziale di impatto del Covid-19 a livello di genere sia preso in considerazione nell’elaborazione di strategie sul piano nazionale, regionale e globale”.

LE RACCOMANDAZIONI ONU

Il documento dell’organizzazione dell’Onu si conclude con una serie di raccomandazioni in questo senso, tra le quali l’incremento di aiuti alle donne in prima linea nei contesti sanitari, come orari flessibili per chi ha anche impegni di cura domestica, e un equipaggiamento adeguato per il periodo delle mestruazioni, ma anche l’aumento di figure femminili nei processi decisionali e l’impiego di esperti delle questioni di genere nei piani di gestione dell’emergenza.


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