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Difesa, ecco come l’aeronautica trasferì il medico colpito dal virus Ebola

Quando 5 anni fa scoppia l'epidemia di ebola in Centro Africa "l'Aeronautica militare in quel periodo aveva un team di allerta a supporto dell'Organizzazione mondiale della sanità"

Pubblicato:23-11-2019 14:37
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 16:39
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ROMA – Il 25 novembre di cinque anni fa il Boeing KC-767 dell’Aeronautica Militare riportava a casa il medico Fabrizio Pulvirenti, mettendolo in salvo dalla condanna dell’ebola.

A bordo, operativo e addestrato, un team complesso e altamente qualificato di cui lo specialista di riferimento era Marco Lastilla, colonnello medico dell’Aeronautica militare e infettivologo che, intervistato dall’agenzia Dire, ha ricordato con queste parole quelle sei ore di volo verso FreeTown: “Siamo atterrati in Sierra Leone alle 20 del 24 novembre e il 25 siamo rientrati in Italia, alle 6, a Pratica di Mare. Quel giorno ha significato mettere in atto un lungo percorso di preparazione e addestramento. E’ stato uno dei momenti piu importanti della mia vita come medico militare e come uomo- ha detto- ma soprattutto il compimento di un percorso comune e l’esempio di una professionalità sanitaria che in Aeronautica militare e nelle Forze Armate ha competenze che non sono comuni; capacità e formazione specialistiche che sono uniche”.

Parliamo del “trasporto aereo in biocontenimento. L’Aeronautica militare- ha spiegato il colonnello- nel tempo si era dotata di un sistema di barelle isolate e adeguate per poter assistere pazienti altamente infettivi durante il volo, anche per tratte lunghe, con filtri capaci di bloccare la fuoriuscita di microparticelle” per scongiurare rischi di contagio.


“Un tempo- ha ricordato Lastilla- pazienti infettivi non potevano salire in aereo. Con l’ebola bisogna agire quanto prima, in seconda o terza giornata di malattia, per avere un riscontro positivo”. Proprio l’impossibilità di essere trasportati in volo ha condannato medici come “Carlo Urbani, morto di Sars in Thailandia nel 2003, o la dottoressa Maria Bonino, uccisa dalla febbre di Marburg nel 2005 in Angola”.

Quando 5 anni fa scoppia l’epidemia di ebola in Centro Africa “l’Aeronautica militare in quel periodo- ha spiegato il colonnello- aveva un team di allerta a supporto dell’Organizzazione mondiale della sanità e del sistema Paese. Erano numerosi gli operatori sanitari impiegati in quelle zone. L’allerta è arrivata dal ministero degli Esteri, attraverso Emergency e immediatamente grazie alla collaborazione di Aeronautica militare con il ministero della salute, coordinatore del trasporto e ricovero, si è attivata l’Unità dell’aeroporto di Pratica di mare che è reperibile e pronta in sole 8 ore dall’allerta. Così dopo esser stati avvisati nella notte, il volo è partito alle 13 del giorno seguente”.

In ogni momento “questo team- ha spiegato Lastilla- è in prontezza operativa e segue un addestramento continuo. A bordo non c’è solo l’infettivologo, ma anche l’anestesista rianimatore, il personale infermieristico, il materiale necessario alla decontaminazione, camere isolate in caso di atterraggio per avaria”.

L’unità in biocontenimento è parte di un sistema “in cui diverse amministrazioni concorrono: l’Aeronautica militare per il trasporto aereo nazionale e internazionale, poi ci sono le Forze armate e la Croce rossa e infine gli ospedali di riferimento sul territorio come l’Inmi Lazzaro Spallanzani a Roma e l’ospedale Luigi Sacco di Milano. Il sistema paese ha una capacità effettiva per le emergenze che possono presentarsi in maniera diffusa. Attualmente l’ebola è presente, ma controllata: secondo l’ultimo report dell’Oms in Congo si registrano 3.200 casi con un indice di letalità del 60%. Pensiamo- ha spiegato il medico aeronautico- che in Africa l’ebola ha una letalità tra il 50 e il 70%, mentre in Europa ha esito favorevole sotto il 20%, proprio perchè è determinante la tempestività delle cure. Fabrizio Pulvirenti è stato curato allo Spallanzani di Roma e le cure l’hanno salvato”.

Quel volo che ha portato in Italia Fabrizio Pulvirenti “è stato il primo passo- ha sottolineato Lastilla- per aprire un percorso. L’Aeronautica miliare prosegue e fa formazione sia per i civili che per altre Forze Armate in ambito nazionale e anche internazionale. L’unità di trasporto di Pratica si addestra di continuo e recentemente- ha aggiunto- Pratica di mare è stato decretato aeroporto sanitario proprio per la capacità di gestire pazienti in arrivo con patologie altamente infettive, come anche Catania Fontanarossa, Malpensa e Fiumicino”.

Gli spostamenti delle persone e il turismo possono contribuire a favorire il contagio e per questo il colonnello Marco Lastilla ha invitato chi si mette in viaggio a consultare sempre “i siti di riferimento linkati al ministero degli Esteri, dove sono ben indicate le limitazioni di spostamento per queste aree. I voli che arrivano da aeroporti di queste zone vengono segnalati per controllo e sorveglianza. All’arrivo, in caso di sospetti, si procede con l’isolamento contumaciale presso la propria abitazione, in base al tempo di contagio della malattia che, nel caso di ebola, è di 21 giorni. Chi si ammala di solito è chi accudisce il paziente, l’operatore sanitario, il familiare o chi segue le operazioni funerarie in cui si manipola il cadavere. Importanti elementi sono i questionari che vengono somministrati negli aeroporti e la temperatura”.

Dopo il medico, a giugno, il biocontenimento si attiva per l’infermiere sardo Stefano Marongiu. Quel volo da Pratica di mare a Freetown “è’ stato il culmine di un lungo percorso, ma anche un inizio” ha ribadito il colonnello Lastilla, ricordando le emozioni di quella lunga notte tra il 24 e il 25 novembre del 2014. Con quel Boeing che riportava in Italia il medico malato di ebola, tra “kit ed equipaggiamenti di prevenzione del contagio”, l’Aeronautica militare “metteva le ali a un traguardo sanitario fino ad allora impossibile”.

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