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FOTO | Oslo, cronache dalla città nordica che d’estate non dorme mai

Birra a caro prezzo, panchine ovunque e soprattutto gentilezza, perfino da parte dei buttafuori: siamo stati a Oslo in giugno, e vi raccontiamo come si presenta la capitale della Norvegia quando è alle prese con il periodo più luminoso dell'anno

Pubblicato:23-06-2023 18:15
Ultimo aggiornamento:23-06-2023 21:45

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BOLOGNA – Questa è una guida per chi desidera fare una vacanza al caldo, sul mare e dove non si dorme (quasi) mai. Questo è il mio racconto di una settimana a giugno a… Oslo. Il primo fattore, il caldo che ha toccato punte di 30 gradi, è stato più o meno eccezionale, tanto che ne hanno parlato anche i media norvegesi. In una settimana non c’è stato un solo giorno di pioggia e, pur usando la crema solare, girando quasi sempre a piedi sono tornata…abbronzata.

Il mare, però, è un fattore oggettivo. Sia chiaro: in città, almeno in centro, non aspettatevi spiagge larghe e sabbiose. Ma ai cristianiani (gli abitanti di Oslo si chiamano così dall’antico nome della città, Kristiania, o ansolensi) bastano pochi metri per stendersi al sole e tuffarsi, e anche i parchi (tanti ed enormi, questi sì) sono sfruttati per la tintarella.

Il terzo fattore, la città che non dorme (quasi) mai, è il risultato di un mix di cose: in Norvegia la maggior parte dell’anno fa freddo, molto freddo. E c’è buio, tanto buio. Da maggio, ma soprattutto da giugno, il clima diventa mite e anche di notte c’è sempre luce, anche dopo il tramonto che comunque è verso le 22.30 di sera, quindi molto tardi. E i norvegesi, che sanno cosa li aspetta durante l’inverno, non vogliono perdere manco un minuto di questi ‘giorni infiniti’. Soprattutto durante il weekend.


C’è una guida divertentissima scritta da giovani ristoratori di Oslo in cui si spiega che durante la settimana la popolazione locale può sembrare timida e riservata. Ma nel fine settimana comincia la festa, e il consumo di alcol si impenna, tanto che per strada si può facilmente incontrare giovani che piangono o vomitano. Confermo di aver visto gente piangere o dire cose senza senso, per fortuna mi è stato risparmiato il peggio.

L’alcol merita una menzione a parte. Oslo, per noi italiani, è una città cara, decisamente cara. Nei locali una birra media non costa meno di 9 euro. Direte: ma ci sono i supermercati. E invece no. La maggior parte degli alimentari vende pseudobirre con una gradazione alcolica molto bassa, perché in Norvegia l’alcol è quasi tutto monopolio di Stato. Bisogna trovare un Vinmonopolet, che in realtà sono piuttosto diffusi, anche nei centri commerciali di ‘lusso’. E comunque anche qui una bottiglia di birra difficilmente costa meno di 4 euro.

Piccola digressione: in Norvegia non esiste l’euro, c’è la corona norvegese, ma non state a cambiare soldi: potete pagare tutto, ma davvero tutto, con la carta. Quasi sempre neanche vi chiedono se volete pagare cash: vi mettono davanti il pos e basta. Digressione nella digressione: pur non essendo obbligatoria, difficile non lasciare una mancia in un pub o in un ristorante. Quando vi presentano il pos per il pagamento dovete scegliere anche quanto lasciare di mancia (certo, potete anche non farlo, ma suvvia, vi sentireste come quando si fa la colletta per il regalo all’amico e voi non partecipate. Il minimo è il 5% del conto). Digressione nella digressione della digressione: se l’alcol è stracaro, l’acqua è invece gratis e potabile ovunque. Molti locali ve la fanno già trovare a tavola. Acqua naturale, sia chiaro: io, che ne sono patita, neanche nei supermercati sono riuscita a trovare acqua frizzante (specifico che in questa guida racconto cosa mi è capitato, non verità assolute, sicuramente qualcuno che è stato in Norvegia dirà che aveva la consegna dell’acqua frizzante direttamente a casa. Buon per lui. Io non l’ho trovata, anche perché non sono andata certo in Norvegia per bere acqua frizzante o gustare il migliore caffè del mondo. In ogni caso, se avete informazioni diverse da quelle che leggete in questo mio racconto, segnalatele pure).

Ma se l’alcol è caro, le sigarette lo sono ancora di più: più o meno 13 euro a pacchetto (io ovviamente le ho portate dall’Italia). E se è difficile trovare l’alcol nei supermercati a Oslo, è ancora più difficile trovare un tabaccaio. Il che non significa che i fumatori siano una rarità. Ma mi è capitato che qualcuno mi abbia chiesto una sigaretta chiedendomi più volte quanti soldi volessi perché non ci credeva che volevo regalargliela, o che in cambio volesse darmi il suo accendino. E i ragazzi che mi hanno chiesto da accendere e a cui ho detto che potevano tenersi il mio accendino, mi hanno ringraziato come se avessi loro regalato uno smartphone (fare la figura della generosa in un Paese in cui gli stipendi medi sono almeno il 30-35% più alti dei nostri non ha prezzo). In Norvegia è molto diffuso lo snus, tabacco umido per uso orale molto diffuso nei paesi scandinavi ma vietato nel resto d’Europa e diventato famoso dopo i festeggiamenti per la vittoria della Champions, dove sembra che Ederson ne abbia fatto uso. E tutti a criticare. Chissà cosa ne penserebbe George Best, famoso per aver detto: “Ho speso gran parte dei miei soldi per alcool, donne e macchine veloci, il resto l’ho sperperato”.

Chi va a Oslo, studia le basi. Quindi non mi sento di aggiungere niente a quello che tutte le guide raccontano sul Munchmuseet, sul municipio, sulla Fortezza di Akershus. Voglio invece dire qualcosa su Bygdoy, descritta come un’oasi sul mare. Vero, è un’oasi di lusso, dove c’è anche la residenza estiva dei reali. MA DOVE SONO I LOCALI? Noi ci siamo ritrovati per chilometri nel nulla assoluto e come se non bastasse proprio mentre eravamo nel nulla assoluto abbiamo sentito le sirene suonare e ci è arrivato un ALARM sul cellulare con oggetto PERICOLO IMMEDIATO. A me in norvegese, ciaone. Ho pensato a un attacco nucleare, alla fine del mondo, panico totale. In realtà era una semplice esercitazione della polizia e l’ALARM ti diceva di non preoccuparti, e che non dovevi fare niente di che. E ME LO CHIAMI PERICOLO IMMEDIATO? ME LO DEVI CHIAMARE: È TUTTO OK!!!

Altra digressione: i norvegesi parlano benissimo l’inglese, pure troppo. Come in tanti altri Paesi, i film o le serie stranieri non hanno il doppiaggio, ma i sottotitoli, e questo aiuta moltissimo a imparare un’altra lingua (lo so, ho detto una banalità, ma ci tenevo a dirla). Quindi o sapete benissimo l’inglese (o il norvegese) o sarà una vacanza complicata. Sì, vero. Hanno moltissima simpatia per gli italiani: ti chiedono per prima cosa del vino, poi delle varie città italiane, poi come si pronuncia Maneskin, poi della mafia… A noi hanno anche chiesto di Berlusconi, morto in quei giorni.

Noi eravamo in Aker Brygge, quartiere sul mare e molto trendy. Dove trovi uomini in giacca e cravatta o chi direttamente in costume si presenta fuori dai locali per ritirare quello che ha ordinato da asporto. Insomma, davvero tutto molto free.

Dicevo. Non parlerò di quello che potete trovare in tutte le guide. A parte un paio di eccezioni. La prima. Prindsen Hage. Un giardino con bar e chioschi che fanno da mangiare. Atmosfera unica, gente di ogni età, nessun dresscode. Relax totale. La seconda. Si scrive Bla, si pronuncia Blo, e significa Blu (che fatica). Altro bar all’aperto, sul fiume Akerselva, sempre ‘alternativo’ (ma i prezzi no, quelli non sono quasi mai ‘alternativi’). Una vera oasi. Avvertenza: se leggete che i locali fanno musica dal vivo, quasi sempre si tratta di un dj che mette dischi, non di una band.

Per chi come noi è appassionato di metal, Oslo è il lievito madre (scusa metal e scusate metallari, anche perché non ho mai capito davvero cosa sia il lievito madre, ma secondo me ci sta in questo caso). Allora due sono le tappe obbligatorie. La prima. Neseblod, già Helvete (Inferno in norvegese). Pochi metri quadrati stipati di cimeli e storia, nello stesso luogo fondato da uno dei pionieri del black metal, il chitarrista dei Mayhem Øystein, Euronymous. Col suo carisma, Euronymous ha catalizzato nell’Helvete la maggior parte dei gruppi metal norvegesi, addirittura convincendoli a passare dal death al black. Sul suo satanismo e sugli attacchi alle chiese istigati da lui ci sono diverse versioni su cui meglio sorvolare. Fu accoltellato a morte da un altro esponente del black metal norvegese, Burzum.

La seconda tappa. Il Rock in. Non ne potete più di vedere ragazze con le borse firmate e ragazzi con tagli di capelli perfetti e volete sentire vera musica? Ecco dove andare, anche perché è il posto in cui abbiamo trovato la birra (buona) meno cara (e si possono incrociare anche celebrità del metal, ma a noi non è successo). Personale più che cordiale. Ma lasciate perdere il Rock in se piercing, tatuaggi e borchie vi mettono a disagio.

Cosa mi ha colpito di Oslo? La bellezza di quasi ogni angolo, la capacità architettonica di tenere insieme, fianco a fianco, edifici moderni e antichi senza nessuna stonatura, proprio perché ogni palazzo è un capolavoro in sè. Difficilmente mi è capitato di pensare: mamma mia, che brutto ‘sto posto. Anche in periferia. E le finestre delle case sono quasi tutte come le vetrine dei negozi: le addobbano! Lampade, piante, statuette. Le finestre sembrano il biglietto da visita di un appartamento.

Cosa mi ha colpito di Oslo? Panchine ovunque, anche in versione chaise longue per prendere il sole. Ho avuto l’impressione che proprio perché il clima in Norvegia è quasi sempre rigido, la città faccia di tutto perché la gente possa godersi al massimo, all’aperto, la tregua mite.

Cosa mi ha colpito di Oslo? La gentilezza. Ho visto buttafuori trattare ubriachi molesti come lo zio beone alla cena di Natale, con tenerezza e premura. Ho visto passanti rimettere a posto una bici del servizio sharing caduta. Ho visto ragazzi chini sul senzatetto sbronzo per chiedergli se aveva bisogno di aiuto. Ho visto tanta, tantissima gente che ti sorride solo perché la incroci. Ho visto Oslo invasa da scozzesi col kilt arrivati per la partita di qualificazione per gli Europei. Ha vinto la Scozia e senza nessun tafferuglio gli scozzesi suonavano in centro orgogliosi con la cornamusa il loro inno.

Cosa mi ha colpito di Oslo? L’ironia. Saranno anche timidi e riservati, ma non rinunciano a farti una battuta. Adorabili.

Cosa mi ha colpito di Oslo? La diffusione enorme di auto elettriche. Il che non dipende solo dal fatto che i norvegesi abbiano un reddito elevato, e dunque possono permettersele. È frutto di una strategia portata avanti dalla Norvegia da anni e che prevede la loro completa detassazione. Questo nonostante il Paese si stia arricchendo con l’esportazione di fonti fossili: secondo il Post, dall’inizio della guerra in Ucraina è il primo fornitore di gas dell’Unione Europea, beneficiando enormemente dell’aumento dei prezzi.

Cosa mi ha colpito di Oslo? La Deichman Bjørvika, la biblioteca pubblica, così bella che invoglierebbe anche Lucignolo a studiare e leggere.

Cosa mi ha colpito di Oslo? L’orgoglio Pride. Praticamente bandiere arcobaleno ovunque, rainbow sulle panchine, sulle strade, sui palazzi, sui vestiti, sulle borse, sui calzettoni dei bimbi. Coppie omosessuali di ogni età, libere di baciarsi, tenersi per mano. Certo, l’anno scorso c’è stato l’attentato di London Pub, una sparatoria e due morti in un gay pub. Ma ciò non toglie l’incredibile atmosfera di pace e inclusività che si respira nella capitale norvegese.

Che cosa mi ha colpito di Oslo? I tanti neopapà in giro con i loro bimbi in carrozzina. Un caso? No. In Norvegia i papà possono beneficiare di quasi un anno di congedo con 46 settimane pagate al 100% o 56 settimane all’80%. Si tratta di 12 settimane per la mamma, 12 per il papà e il resto da dividere fra i due. E sapete cosa? A me questi papà sembravano davvero felici di poter stare coi loro figli.

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