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ROMA – Tempi duri anche per il pangolino. Sospettato di essere stato l’ospite intermediario all’origine della diffusione nell’uomo del Covid-19, resta il mammifero più braccato al mondo.
Il contrabbando delle sue scaglie continua infatti dall’Africa all’Asia, nonostante frontiere e porti siano ufficialmente chiusi a causa della pandemia. Una conferma tra tante un sequestro a Port Kelang, nello Stretto di Malacca, del quale si è saputo a inizio mese: oltre sei tonnellate di scaglie, per un valore di 18 milioni di dollari, destinate probabilmente a preparati di medicina tradizionale.
La caccia al pangolino continua a sud del Sahara, in almeno 14 Paesi, dove ogni anno sarebbero catturati tra i 500.000 e i 2 milioni e 700.000 esemplari.
Secondo la rivista Jeune Afrique, ad alimentare la domanda sono i Paesi dell’est dell’Asia, dalla Malesia al Vietnam alla Cina, dove il divieto di vendita di pangolini e altri animali selvatici introdotto in tempi di pandemia non riguarda usi medici e scientifici (purtroppo, denunciano le ong ambientaliste).
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