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Tutti contro il premier israeliano ma Netanyahu vuole solo la guerra

L'editoriale del direttore Nico Perrone

Pubblicato:22-01-2024 19:17
Ultimo aggiornamento:22-01-2024 19:17

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ROMA – Uno stallo mortale. Mentre l’esercito di Israele continua la guerra ai terroristi di Hamas, con oltre 25 mila vittime civili e la distruzione quasi totale delle infrastrutture di Gaza, i familiari degli israeliani rapiti dai terroristi lo scorso 7 ottobre hanno fatto irruzione nella sede del Parlamento e piantato tende e sit in di protesta sotto casa del premier Benjamin Netanyahu. Premier che però non ascolta nessuno, nemmeno il presidente degli Stati Uniti che da tempo sta chiedendo di fermare le operazioni militari e di avviare un negoziato. E dopo 100 giorni dall’avvio della guerra non c’è alternativa, bisogna negoziare e tornare a discutere di come far convivere e cooperare due popoli che vivono nello stesso territorio. Da segnalare che la chiusura del premier israeliano a qualsiasi proposta politica sta scatenando un sentimento anti israeliano che, lo si sta già vedendo, rischia di trasformarsi e degenerare ivero e proprio antisemitismo. Non c’è bisogno di estremismo, non c’è bisogno di fondamentalismo. Altro non fanno che radicalizzare l’odio e inquinare le menti, allontanando qualsiasi ipotesi di pace. Basti pensare, come ha affermato Ali Waked, direttore della sezione araba del canale iNews24 della tv israeliana, “che mentre Hamas sta perdendo in popolarità a Gaza se si votasse oggi in Cisgiordania vincerebbe”. Questo dà il segno di quali danni può produrre il fondamentalismo nutrito da odio e guerra. Proprio per questo è quanto mai urgente fermare subito la guerra, e intraprendere un percorso di ricostruzione di fiducia tra le parti. Bene l’intervento dell’Unione europea che sta spingendo per arrivare subito a una “conferenza preparatoria di pace” organizzata insieme a Egitto, Giordania, Arabia Saudita e Lega degli Stati arabi, con gli Stati Uniti e le Nazioni Unite invitati a convocare l’incontro. E vanno subito respinte proposte come quella avanzata oggi, senza vergogna, da Israel Katz, ministro degli Esteri, di costruire un’isola artificiale davanti a Gaza dove mandarci a vivere tutti i palestinesi. Una proposta subito respinta e giudicata una provocazione dai rappresentanti palestinesi. Anche se gli israeliani non sono d’accordo con l’Unione europea ha detto l’Alto Rappresentante dell’Ue Josep Borrell, a margine del Consiglio Affari Esteri che si è tenuto a Bruxelles con i ministri degli Esteri di Israele, Egitto, Giordania, Arabia Saudita e Autorità Palestinese, oltre al segretario generale della Lega Araba “devono venire qui e discutere… ci sono già 25mila morti, il 70% dei quali donne e bambini. Se l’obiettivo è quello di distruggere Hamas non è questa la strada perché “stanno seminando odio per generazioni… abbiamo bene in mente che cosa ha fatto Hamas, e di certo lo condanniamo e respingiamo. Ma pace e stabilità non possono essere ottenute solo con mezzi militari”, ha sottolineato Borrell. Anche il nostro ministro degli Esteri, Antonio Tajani, è stato molto netto: Per garantire la pace e la stabilità “la soluzione a due Stati è l’unica possibile”, ha detto ai giornalisti dopo la riunione odierna del Consiglio europeo. “Israele deve connettersi con lo Stato palestinese e lo Stato palestinese deve connettersi con Israele” ha aggiunto il ministro. In questo contesto, secondo Tajani, è fondamentale “lavorare diplomaticamente”, soprattutto per garantire la protezione dei civili di Gaza. “I palestinesi”, ha detto il ministro italiano, “non sono tutti terroristi di Hamas”.

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