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Gobbi (Irccs Negrar): “Dengue già in Italia, attenti a zanzara ‘Aegypti'”

Per fare chiarezza e fornire le giuste informazioni l'agenzia di stampa Dire ha raggiunto telefonicamente il Professor Federico Gobbi

Pubblicato:16-02-2024 11:31
Ultimo aggiornamento:16-02-2024 11:31

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ROMA – E’ allarme dengue? Cosa rischia davvero l’Italia? Cosa devono fare i viaggiatori che rientrano dai territori interessati dal virus e manifestano anche dopo qualche settimana i sintomi tipici della malattia? E ancora, quanti sanno che c’è un vaccino contro questo virus?

Per fare chiarezza e fornire le giuste informazioni l’agenzia di stampa Dire ha raggiunto telefonicamente il Professor Federico Gobbi, Direttore del Dipartimento di Malattie Infettive e Tropicali dell’IRCCS Sacro Cuore Don Calabria e professore associato all’Università di Brescia.

– Sono aumentati del 587% a Rio de Janeiro i casi di Dengue. Quale rischio si corre realmente nel nostro Paese e quali azioni, a prescindere dal controllo e sanificazione degli aeroporti, è possibile mettere in campo?


“Si tratta di una misura per rinforzare i controlli e per evitare l’introduzione nel nostro Paese di nuovi vettori- risponde Gobbi- Il rischio dengue in questa stagione è comunque molto basso. Il problema piuttosto si presenta quando arriva un viaggiatore con la dengue in primavera ed in estate quando in Italia è molto diffusa la zanzara tigre. In questo caso possiamo avere il rischio di epidemie autoctone e quindi è necessario tenere alta la sorveglianza. Va chiarito però che la zanzara tigre (Aedes albopictus) in Italia è già presente da decenni, pertanto bisogna monitorare che non arrivi l’Aedes aegypti, zanzara vettore anche della febbre gialla oltre che di dengue”.

– Quale raccomandazione si sente di rivolgere ai viaggiatori di ritorno dai paesi a ‘rischio’ e che hanno qualche sintomo?

“Questo è il punto più importante. Tutti quei viaggiatori- prosegue l’esperto- che hanno sintomi, anche solo una febbre, e sono di ritorno da un viaggio in Sudamerica, Africa, India o nel sud est Asiatico devono rivolgersi prontamente a un centro di medicina di viaggi e di malattie infettive per una pronta diagnosi. Questo serve sia a trattare il paziente ma anche, se siamo nella stagione in cui si è in presenza del vettore (tra maggio e ottobre), allertare le Asl per predisporre una disinfestazione della zanzara tigre nei pressi dell’abitazione del paziente con dengue proprio per evitare le infezioni autoctone che ci sono state nel Lazio e Lombardia nel 2023 e in Veneto già nel 2020. E poi quando un soggetto si presenta in estate con febbre di origine sconosciuta senza aver viaggiato in territori a rischio è bene che si tenga in considerazione la possibilità di caso autoctono di dengue o di West Nile”.

– Da novembre il suo Istituto dispone del vaccino contro il virus dengue, per chi è indicato? Chi si rivolge a voi e quali sono i numeri delle vostre vaccinazioni fini ad adesso?

“Fino ad ora abbiamo vaccinato circa 20 viaggiatori. Si tratta di un vaccino vivo-attenuato ed al momento non abbiamo registrato particolari effetti collaterali. Tale vaccino si somministra in due dosi: il cosiddetto ‘tempo zero’ e a 3 mesi la seconda dose. Il vaccino diminuisce la probabilità di avere una dengue sintomatica e riduce la gravità della malattia. Questo vaccino è rivolto principalmente a lavoratori o a viaggiatori che si recano spesso in aree a rischio. È un’arma in più contro tale malattia infettiva ma bisogna mettere in atto tutte le altre azioni di cui abbiamo parlato prima”.

– Ma quanto ne sanno le persone comuni e la stessa classe medica di queste patologie infettive?

“Maggiore informazione è auspicabile tanto per i viaggiatori quanto per il personale medico. È importante che i medici di medicina generale (mmg) o il personale del Pronto Soccorso siano ‘istruiti’ e che pensino, in caso di febbre di origine sconosciuta, che possano trovarsi davanti a una malattia trasmessa da vettori e quindi di affidare la persona a un centro di malattie infettive. Anche perché davanti ai cambiamenti climatici, le malattie trasmesse da vettore saranno sempre più frequenti” conclude il professor Gobbi.

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