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El Mundo condannato per aver definito Testimoni Geova una setta, ma non pubblica rettifica

Il Centro studi Lirec: "Sono tra i gruppi religiosi più bersagliati, recentemente vittima di atti di violenza gravissimi tra i quali quelli ad Amburgo in Italia e in Kerala"

Pubblicato:13-11-2023 14:30
Ultimo aggiornamento:13-11-2023 14:31
Autore:

giustizia
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ROMA – “Tra i gruppi religiosi più bersagliati c’è la Congregazione Cristiana dei Testimoni di Geova, una confessione religiosa che, purtroppo, è stata recentemente vittima di atti di violenza gravissimi tra i quali quelli ad Amburgo in Italia e in Kerala. Molto spesso le informazioni false diffuse dai media si fondano sulle notizie provenienti da gruppi antisette. Ed è proprio questo il caso del giornale El Mundo che ha perso una causa ed è stato condannato dal tribunale a pubblicare la rettifica chiesta dai Testimoni di Geova”. Lo fa sapere il Centro Studi Lirec che in una nota stampa ha ricostruito l’accaduto, riportando alcuni passaggi della sentenza di condanna a cui il quotidiano spagnolo si è appellato rifiutandosi di pubblicare le rettifiche espresse nel dispositivo del Tribunale.
“Il 22 novembre 2022- ricorda il Lirec- il giornale spagnolo El Mundo pubblicava un articolo riportando le dichiarazioni rese dall’ Associazione delle Vittime dei Testimoni di Geova riferite a testimonianze di ex membri dei testimoni di Geova. Queste dichiarazioni etichettavano la confessione dei testimoni di Geova come una setta o setta distruttiva che compie pratiche settarie che causano la morte sociale a coloro che la lasciano, che costringe i propri membri a non denunciare i reati, che aliena i suoi membri “incoraggiandoli al suicidio fisico e morale e che copre gli abusi sessuali perpetrati su minori. Il locale ente confessionale spagnolo si rivolgeva all’autorità giudiziaria lamentando la falsità del contenuto dell’articolo, che quanto riportato non era stato provato e documentato e che la testata giornalistica non aveva contattato l’ente per avere la conferma della veridicità di certe asserzioni. Nonostante l’ente avesse chiesto una rettifica delle inesattezze contenute nell’articolo, il giornale si era rifiutato di farlo”.
Il centro Studi Lirec a proposito della sentenza che ha condannato il giornale spagnolo rende noto questo passaggio: “La testata giornalistica che diffonde un articolo è responsabile del suo contenuto, a prescindere, non potendo esimersi da tale responsabilità sostenendo che si è semplicemente limitata a riportare quanto detto da altri. Sul punto la sentenza precisa che ammettere il contrario significherebbe legittimare qualsiasi tipo di pubblicazione basata su fatti indiscutibilmente falsi o non veritieri, semplicemente perché è una terza parte a sostenere questa visione errata dei fatti. La sentenza procede poi a un esame attento sia dell’esattezza delle dichiarazioni contenute nell’articolo che al loro carattere di offensività: viene escluso che l’appellativo setta che pratica azioni distruttive in danno alla persona (malattie mentali, incoraggiamento al suicidio) possa essere attribuito alla confessione dei testimoni di Geova“.

La sentenza aggiunge che “riguardo alla copertura di presunti casi di abusi sessuali sui minori, i racconti sono reputati imprecisi. Viene poi ritenuta erronea la generalizzazione secondo cui la responsabilità di certe condotte, commesse eventualmente dai singoli, sarebbe dell’ente. Inesatta e offensiva è dichiarata anche l’affermazione secondo cui vi sarebbe una coercizione sui membri a praticare meccanismi di morte sociale nei confronti di chi decide di lasciare la confessione. Infine, è dichiarata come infondata e dannosa per il prestigio dell’ente l’affermazione secondo cui gli anziani (i ministri di culto) sarebbero una classe di pedofili. Alla luce di queste valutazioni circa il carattere offensivo e dannoso per la reputazione dell’ente, il giudice ha ordinato al giornale di pubblicare la rettifica“.
Tra “gli obiettivi più importanti del nostro Centro Studi- termina la nota stampa- c’è è quello di diffondere rapporti basati sulle segnalazioni che riceviamo da numerose minoranze religiose e spirituali che evidenziano come l’esercizio della libertà di religione e di credo- questa la denuncia- può essere limitato o impedito dal degrado dell’informazione, che è all’origine di pregiudizi, stigmatizzazioni e panici morali“.


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