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Strage di Amburgo, l’esperta: “Verso i Testimoni di Geova discorsi di odio anche dai media”

In provincia di Biella un cacciatore ha sparato in aria contro due di loro

Pubblicato:16-03-2023 17:36
Ultimo aggiornamento:17-04-2023 14:46
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ROMA –  Non è, o non solo, il gesto di uno psicopatico. Non è un fatto che accade d’improvviso senza una storia che lo abbia preparato. È questo il caso di quanto successo ad Amburgo giovedì 9 marzo 2023, in una sala del Regno, dove i Testimoni di Geova erano riuniti per pregare, e dove sono stati falciati da una raffica di colpi d’arma da fuoco. Hanno perso la vita 8 persone e 8 sono stati i feriti, tra i quali una mamma incinta di 7 mesi che ha perso il suo bambino. Il killer, che si è tolto la vita, è un ex della Congregazione.

Sul caso interviene l’esperta psicologa delle religioni Raffaella Di Marzio, in un’intervista che ora è disponibile anche con i sottotitoli in inglese per la diffusione a livello europeo:

ISTIGAZIONE ALL’ODIO

“C’è un odio religioso- ha denunciato Raffaella Di Marzio, direttrice del centro studi Lirec e psicologa delle religioni- e i discorsi di odio diventano istigazione all’odio e poi crimini. Vengono preparati nel tempo e in particolare verso questa minoranza – quella dei Testimoni di Geova – sia i media che gli ex membri diffondono molte notizie in gran parte false che istigano nel pubblico odio. Queste cose si devono prevenire con una condanna innanzitutto dei discorsi di odio. Li leggo anche su testate che non sono certo di poca importanza”, ha sottolineato l’esperta.


Per questo non vanno sminuiti nella loro pericolosità episodi come quello accaduto a Viverona, in provincia di Biella, a gennaio scorso, dove un uomo ha sparato in aria quando un sabato mattina due Testimoni di Geova sono andati a bussare alla sua porta, ha ricordato Di Marzio. “Il proselitismo è un diritto tanto è vero che per impedirlo, come ha fatto la Russia contro i Testimoni di Geova, hanno dovuto inventarsi leggi che vanno contro i diritti umani. Bussare alla porte non è illegale“.

Ancor più sconcertante, secondo Di Marzio, che un quotidiano nazionale abbia deciso di pubblicare la lettera di un amico dell’uomo che si diceva rammaricato per il ritiro del porto d’armi che non gli avrebbe consentito di andare a caccia. “È un po come dire che quelle due persone se l’erano andata a cercare”, ha aggiunto.

NO ALLA PAROLA ‘SETTA’ PERCHÈ È UNO STIGMA

Il centro studi Lirec è impegnato proprio a contrastare questo clima di odio sempre più diffuso verso le minoranze religiose e lavora sulla prevenzione con corsi, conferenze, ma anche segnalando alle redazioni giornalistiche o alle Istituzioni episodi di discriminazione. “Abbiamo bandito l’uso della parola setta perché è uno stigma, è deleterio e istiga all’odio” come del resto raccomandato da tutti gli organismi internazionali a partire dall’OSCE.

A diffondere odio sono spesso gli ex appartenenti alla Congregazione Testimoni di Geova. “Chi vuole uscire si dissocia liberamente e non hanno interesse a tenere forzatamente persone dentro”, ha spiegato Di Marzio. “Se uno viene dissociato perché ha compiuto peccati gravi, secondo le regole della congregazione si chiede che non abbia contatti con gli altri membri. Se vive in una famiglia dove ci sono Testimoni di Geova i rapporti non vengono modificati. Conosco persone che sono andate via e che hanno rapporti con la famiglia e se appunto quella famiglia non fosse d’accordo a non avere contatti non succederebbe nulla. Ma chi entra- ha concluso Di Marzio ricordando che il percorso per entrare è lungo e fatto di studio- conosce questa regola sin dall’inizio”.

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