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Marisa Bellisario, la manager che anticipava il futuro

ROMA - 'Visionaria, amava pensare in grande e sapeva motivare le persone'. Sono le parole di un testimone diretto a

Pubblicato:13-06-2019 08:36
Ultimo aggiornamento:13-06-2019 08:36
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ROMA – ‘Visionaria, amava pensare in grande e sapeva motivare le persone’. Sono le parole di un testimone diretto a descrivere per DireDonne il carisma naturale di Marisa Bellisario, prima donna manager messa a dirigere l’Italtel, ai tempi una grande impresa di Stato. Lui e’ Dario Faggioni, ex Sip, che Bellisario assunse come Direttore delle Relazioni Esterne all’Italtel dove in quegli anni si stava consumando un progetto industriale di risanamento, senza precedenti nella storia dell’economia industriale italiana.

Ma facciamo un passo indietro. Marisa Bellisario nel 1979 è presidente della Olivetti Corporation of America, nel 1981 passa all’Italtel, un colosso pubblico in asfissia, un elefante che deve rimettersi in piedi. Tutti pensano che una donna ai vertici sia un modo per non cambiare granchè. Il pregiudizio ha gambe agili nelle stanze dei bottoni. All’epoca l’unico che le dà fiducia e che le sarà sempre al fianco è il ministro delle Partecipazioni statali Gianni De Michelis. Inizia una ristrutturazione che anche i sindacati comprendono: un unicum nella storia delle trattative imprese-parti sociali.

‘Quelli all’Italtel furono gli anni piu’ belli- ricorda Faggioni- benche’ finali del suo ciclo di lavoro, purtroppo brevissimo. Porto’ a compimento il grande progetto industriale. Non era una tecnica Marisa, era laureata in economia e le sue doti erano manageriali, ma gia’ allora, quando era impensabile l’idea di portare la rete in casa, lei aveva intuito in questa tecnologia delle telecomunicazioni il futuro dello sviluppo economico. Sapeva coinvolgere le persone, scegliere quelle giuste, ascoltarle, captare da loro, motivarle e tradurre il tutto in progetti industriali. Italtel era ai tempi solo una filiale stanca di un cervello che era in Germania. Lei riunì i tremila ingegneri demotivati e gli disse: ‘Rimbocchiamoci le maniche e sviluppiamo una centrale telefonica di nuova generazione, la migliore e a piu basso costo’. Ci riuscimmo e nacque UT che costò 250 miliardi di lire. Basta pensare che l’Alcatel francese costò 1000 miliardi e non funzionò mai’.


Marisa Bellisario in quella rivoluzione cambia 180 dirigenti su 300, avvia progetti innovativi che suscitano interesse anche negli Stati Uniti e dà il corso a quasi 1000 licenziamenti con riqualificazione delle maestranze e nuove risorse occupazionali e in tre anni riesce a riportare il bilancio dell’Italtel in attivo.

‘I licenziamenti furono necessari. La tecnologia del settore lo comportava- spiega ancora Dario Faggioni, ripensando a quella fase di passaggio tecnologico- Marisa riusci’ ad utilizzare strumenti come gli ammortizzatori sociali. Tutti capirono: Ottaviano del Turco, Giorgio Benvenuto. Immaginiamo che per una centrale diventare da elettromeccanica a elettronica voleva dire anche solo per spazi, passare da un palazzo a una stanza. Italtel faceva tutto, anche i telefoni’.

Nel 1984 Craxi, allora Presidente del Consiglio, la nomina Presidente della Commissione per le Telecomunicazioni. ‘La donna con i baffi, come veniva definita per il suo inedito di essere arrivata ai posti di comando, vide la sua carriera, nel momento di maggior successo, sprofondare in un ‘boicottaggio’ – come lo definisce nel corso della sua intervista Dario Faggioni- del suo grande progetto industriale: Telit’. Doveva essere il colosso italiano delle telecomunicazioni. L’idea di Marisa Bellisario e’ di fondere Italtel e Telettra, azienda Fiat del settore e ‘anche qualche parte della Siemens’. L’accordo salta perche’ la Fiat non vuole una donna come Amministratore Delegato.

‘Prodi e Romiti dissero no. Per lei fu una grande amarezza, l’accompagno’ fino alla morte’ dice Dario Faggioni, ricordando che pochi giorni prima di morire, nell’ultima telefonata Marisa Bellisario gli diede appuntamento a Roma: ‘Vai in ferie- gli disse- semmai giovedi ci vediamo al comitato di presidenza dell’ IRI’. Lei ci sperava sempre- ricorda Faggioni- poi proprio quel giovedi’, 4 agosto 1988, e’ morta’. Un veto su una donna che negli anni ’83/’84 aveva capito cosa sarebbe stata la fibra ottica. ‘Italtel sviluppo’ infatti la prima rete ottica nella Fiera di Milano e in quegli anni con Peppino Turani si discuteva del progetto ‘Gemito’: collegare in fibra ottica Genova, Milano e Torino. Aveva voluto nel suo staff Maurizio Decina, come capo della ricerca in Italtel, oggi guru italiano delle telecomunicazioni’. Sono le scelte avvenieristiche di una donna di straordinarie capacita’. Poteva stare al telefono con Mitterand, con Cossiga, Craxi e poi chiamare il marito per semplici affari domestici. E’ il ricordo dei tanti viaggi di lavoro che Dario Faggioni fece insieme alla top manager del momento. Fino a quell’ultima missione in Cina, dove andarono per inaugurare una fabbrica e dove Marisa Bellisario inizio’ a non stare bene. ‘Mi chiamo’ alle 2 di notte per dirmi che non stava bene. Le facemmo preparare, io e Silvio Sircana, allora mio collaboratore, un brodo caldo. Riparti’ subito per Francoforte’.

Sulla malattia, un tumore alle ossa, come su tutta la sua vita privata, Marisa Bellisario non fu solo ‘riservata, ma spigolosa’ come ricorda Faggioni. Cosa sapesse del suo male e dello stato di gravità non lo capirono i suoi collaboratori. ‘Sparì dall’ufficio in primavera, andammo avanti con conference call, mentre la sua voce si affievoliva sempre di più’.

Suo marito, Lionello Cantoni, aveva costruito una cortina di ferro intorno a Marisa, almeno, sembra, sulle metastasi e sulla gravità della malattia. Vigilava, come risulta da alcune sue lettere, affinché nessuno dicesse tutta la verità. Ma la riservatezza di Marisa Bellisario ha lasciato a questo epilogo prematuro della sua vita una dose di mistero. Scrive il marito in una lettera che Marisa non leggerà mai: ‘Sono orgoglioso della carriera di mia moglie, per me ci voleva una donna così. Marisa era ambiziosa, ma limpida, onestissima. E spendacciona, ma i soldi erano solo il simbolo di contare davvero. Voleva sempre essere la capa: il progetto Telit, la Superstet, sarebbero andati bene, ma solo se a comandare fosse stata lei. Puntava sempre al massimo. In casa invece la leonessa, l’ambizioso amministratore delegato dell’Italtel, cambiava completamente. Se Marisa Bellisario a Milano amava la vita sociale, nei fine settimana torinese diventava- come racconta il marito- pantofolaia. Qui era il nostro rifugio, preparava una cenetta calda, il venerdì sera, il sabato mattina se ne andava dall’ estetista. Era la sua mania: ha speso una fortuna in cosmetici e vestiti’.

Stesso mistero sui figli. ‘Non ha mai parlato di questo’, osserva Dario Faggioni. ‘A malapena parlava del marito. Non amava nemmeno complimenti personali. Vestiva solo Armani e rigorosamente colori non allegri’. Negli anni della sua ascesa le donne laureate passano dal 5 al 27%; le esortava, Marisa, a scegliere materie economiche e scientifiche per costruire sui mattoni e non solo sulla carta delle leggi la parità dei diritti, del potere, delle carriere. Non ebbe, perche’ mai avrebbe voluto, un funerale in chiesa. Pugno di ferro e tutte le vanità femminili in uno stesso volto angelico che, come ha ricordato Lella Golfo, presidente della Fondazione nata alla sua memoria, in una recente intervista alla Dire, dopo 31 anni dalla sua morte manca ancora ‘perche’ un’altra come lei non c’e”.

‘Era una craxiana, una socialista convinta, se intendiamo il socialismo come movimento democratico, libertario, attento agli aspetti sociali. Marisa sceglieva in autonomia di giudizio le persone, non accettava raccomandazioni. L’azienda era sacra per lei. Gianni De Michelis, suo grande sponsor, la pianse molto. Quando morì tutti rientrano dai luoghi di vacanza e tornarono sul posto di lavoro, senza che io li chiamassi- ricorda con emozione Dario Faggioni- tutti, dall’autista ai collaboratori. Questo era il carisma di Marisa’.

Oggi sarebbe una signora di 84 anni, avrebbe senza ombra di dubbio la stessa energia del comando dei suoi anni giovanili e chissa’ quale storia da raccontare dopo quel veto al suo progetto piu’ ambizioso che aveva la colpa, forse, di stare su due gambe di donna. Per giunta bellissime. ‘The legs’ la chiamavano Oltreoceano. Una schiva Marisa Bellisario che in soli 53 anni realizzo’ opere immense e che sconfitta all’improvviso, mori’ sulla scena come un’ eroina antica. ‘Anche se- conclude Dario Faggioni- sperava di salvarsi. A fine luglio mi chiese di prepararle il passaporto. A settembre voleva andare all’AT&T a New York’.

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