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Barbareschi: “Vogliono farmi chiudere il Teatro Eliseo”

"Nessun tavolo per trattative. Devo licenziare"

Pubblicato:12-02-2020 13:34
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 16:59

luca barbareschi
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ROMA – “In cinque anni al Teatro Eliseo ci sono state 650mila presenze. Qui lavorano 60 persone, ma compreso l’indotto arriviamo a 320. Eppure c’è tanta ostilità nei confronti di questo luogo e nei miei confronti, che sono l’unico direttore di teatro non di nomina politica. Hanno bocciato l’emendamento perché vogliono farmi chiudere”. Lo ha detto il direttore artistico del Teatro Eliseo di Roma, Luca Barbareschi, nel corso di una conferenza stampa convocata il giorno dopo la decisione delle commissioni congiunte Affari costituzionali e Bilancio, che hanno bocciato gli emendamenti al decreto Milleproroghe con cui sarebbero stati stanziati al Teatro Eliseo 12 milioni di euro per il triennio 2020-2022.

“Senza quei soldi non possiamo andare avanti- ha spiegato Barbareschi- Io moralmente non chiuderò fino ad aprile, perché rispetto i lavoratori e il pubblico e preferisco perdere 400mila euro al mese. Ma intanto dovrò mandare le lettere di licenziamento, già oggi o domani”. Il viceministro dell’Economia, Antonio Misiani, ha fatto sapere che sarà aperto un tavolo per le trattative. “Non mi ha chiamato nessuno, anzi io telefono alle persone ma si fanno negare- ha replicato Barbareschi- Non esiste alcun tavolo. Anzi, quando ti dicono che vogliono aprire un tavolo significa che non vogliono farti fare le cose”.

Barbareschi ha poi attaccato il ministro dei Beni e delle Attività culturali, Dario Franceschini: “È venuto qui a farsi le foto con i lavoratori e a dire che il teatro non avrebbe mai chiuso, poi è sparito. Per non parlare di Raggi e Bergamo, completamente assenti. Per il Comune di Roma il Teatro Eliseo non esiste”. E ancora: “La prima volta sono riuscito ad avere 4 milioni di euro perché andai dall’ex ministro Padoan, gli spiegai la questione, e abbiamo fatto una legge. Ma è stato un cerotto. I soldi arrivati non sono serviti per comprare il teatro perché l’ho pagato di tasca mia, ma per fare andare avanti le stagioni. Ma c’è ancora chi trama contro di me e contro l’Eliseo. Anche ai miei colleghi non interessa: Martone, Rubini, c’è della pavidità. Mi addolorano la pavidità e la latitanza. Se poi però tutte le compagnie vengono a lavorare da noi, dove è il senso di comunità di questa città? La morte di un teatro è un genocidio culturale”.


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